L’identità liquida del gender

All’inizio ci fu la parola “sesso” ad indicare gli attributi fisici maschili e quelli femminili. Poi nacque il termine “gender” (“genere”) a designare invece l’orientamento sessuale, cioè la possibilità, al di là dell’essere geneticamente maschio o femmina, di riconoscersi davvero maschio o femmina.
Quindi l’identità sessuale è già data perché è una realtà biologica e corrisponde solo a due sessi, maschio e femmina. Invece l’identità di genere – così si sostiene – è frutto della libera scelta della persona e riguarda gli aspetti psicologici, relazionali e cognitivi.
Il “transgenderismo”
L’ideologia di gender dunque afferma che ci può essere una frattura tra il piano fisico-sessuale da quello psicologico, lasciato all’arbitrio del singolo. Ma se la scelta dell’orientamento sessuale è frutto della “libertà” della persona, infinite saranno le opzioni sessuali, cioè i “generi”.
Si va dai canonici cinque proposti da Anna Fausto-Sterling (The Five Sexes, 1993): eterosessuale, omosessuale maschio (gay), omosessuale femmina (lesbica), bisessuale e transessuale; agli undici se si aggiungono l’Incerto (“Unsure”), colui che ha sperimentato un po’ tutte le varianti di cui sopra ma non si ritrova in nessuna o si trova a suo agio in tutte; il Curioso (“Curious”), quello che si sta domandando che orientamento scegliere; l’Intersessuale (“Intersex”), persona affetta da pseudoermafroditismo o mosaicismo; il travestito, soggetto che a differenza del transessuale non modifica il proprio corpo per assomigliare fisicamente ad un maschio o a una femmina ma semplicemente veste abiti femminili (meno spesso maschili); l’asessuato (“asexual”), che si sente assolutamente neutro sessualmente, privo di qualsivoglia pulsione; il pansessuale (“pansexual”) colui che non si fa mancare nulla in quanto ad esperienze sessuali.
Tutto questo catalogo delle bizzarrie sessuali prende un nome: transgender. La possibilità di transitare da un genere/orientamento sessuale a un altro. L’identità sessuale diventa liquida, anzi annacquata nell’ideologia.
Una ripetizione del mito dell’“uomo nuovo”
Ma quali sono i cardini del pensiero transgender? Il primo lo possiamo rinvenire nella mancanza di realismo. Il dato biologico viene ignorato e quindi non rispettato. Ad esso viene sovrapposto una propria costruzione identitaria che risulta menzognera perché non aderente e non conseguente alla realtà genetica della persona.
Nella teoria del gender riverberano gli effetti del razionalismo illuminista, il quale ha la superbia di costruire un mondo nuovo – studiato a tavolino – e imporlo a forza al mondo vecchio, cioè quello consegnato a noi dal Creatore. Trattasi di una rivoluzione antropologica che vede l’ordine naturale come un nemico da abbattere.
Un movimento relativista e violento
Il razionalismo va a braccetto con tre compagni di viaggio tutti abbastanza antipatici.
Il primo è un frainteso principio di autodeterminazione: la mia libertà deve essere assoluta, non imprigionata da nessun limite anche fisico. È il delirio di onnipotenza dell’uomo post-moderno che crede che tutto ciò che pensa debba anche realizzarsi.
Il secondo è il relativismo, o soggettivismo: non esiste una verità oggettiva sull’uomo (maschio e femmina), ma questi è come un foglio bianco su cui poter scrivere ciò che piace (gay, lesbica, bisessuale, etc.).
Il terzo è l’atteggiamento di violenta intransigenza e di discriminazione contro chi non si allinea al pensiero gender. Se il reale si ribella occorre dichiaragli guerra.
Questo testo di Tommaso Scandroglio è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it