XI Domenica dopo Pentecoste

AD 2021
Guardando verso il Cielo, sospirò
Il dettaglio che san Marco registra in questo passo del Vangelo è unico, credo, tra tutti i miracoli di Nostro Signore. Da nessun’altra parte troviamo che Gesù, quando sta per fare un miracolo, geme; o, come dicono alcune traduzioni, sospira. L’Evangelista non ci dice il motivo di questo sospiro o gemito; ma lo Spirito Santo non avrebbe ispirato a san Marco di registrarlo, se non avesse voluto che lo conoscessimo e vi riflettessimo. Allora, proviamo a farlo.
Mi vengono in mente tre ragioni per cui Nostro Signore può aver sospirato nel guarire questo sordomuto, e nessuna esclude le altre. Il primo motivo è il più semplice. Non è possibile che Gesù fosse stanco e che l’atto di compiere un miracolo fosse fisicamente impegnativo? Da un altro brano evangelico, sembra di comprendere che Cristo, nell’effettuare una guarigione miracolosa, sperimentasse abitualmente un potere che passava da Sé al guarito. Così, quando l’emoroissa Gli andò dietro e toccò il Suo mantello, san Marco ci dice che Gesù conobbe dentro di Sé la potenza che era uscita da Lui. Questo è un argomento misterioso, sul quale possiamo solo speculare; ma sappiamo che Gesù Si trovava spesso di fronte a grandi folle di persone tutte alla ricerca di qualche tipo di guarigione. Ed è possibile che ogni miracolo che operasse Gli sia costato qualcosa, a livello fisico. Se è così, ce lo avrebbe comunicato, come segno della realtà della Sua natura umana, con il sospiro o il gemito che ha dato in questa occasione unica. Forse voleva anche insegnare agli Apostoli che il loro ministero e i loro miracoli sarebbero stati parimenti impegnativi. Onora il Signore con i tuoi beni, come dice una delle antifone della Messa.
Questa è la prima spiegazione che propongo per questo versetto del Vangelo. Ma ce ne sono altre, forse più profonde. San Marco non ci dice semplicemente che Gesù sospirò, ma che lo fece guardando verso il Cielo. Quando i Vangeli ci parlano di Nostro Signore che guarda al Cielo, ci dicono che guardava al Suo Padre celeste. La mente umana di Cristo era sempre rivolta al Padre Suo; ma usando talvolta questo gesto di guardare in alto, vuole mostrarci questa relazione filiale perpetua che esisteva nella Sua Anima. Ma perché anche sospirare mentre stava per imitare il Padre nel guarire le orecchie e la lingua malate di questo povero uomo? Non era un momento per esprimere gioia, piuttosto che difficoltà o dolore?
È vero che Gesù stava per imitare l’opera del Padre Suo; tuttavia, fino ad ora, quest’uomo era stato in qualche modo protetto dal suo stesso handicap. Era stato protetto da molti peccati che devastano la creazione di Dio. Le sue orecchie erano sorde, o “chiuse”: quindi non potevano sentire nessuna delle bestemmie, o maledizioni, o bugie, o lusinghe con cui gli esseri umani spesso disonorano la loro lingua. La sua lingua era legata: quindi, non poteva commettere nessuno di quei peccati di parola con cui i suoi simili spesso offendevano il loro Creatore. Gesù sapeva che, concedendo i doni del Padre Suo a quest’uomo, gli avrebbe dato anche, in un certo senso, il potere di offendere il Padre Suo e di accorgersi di come gli altri Lo offendano. Non è verosimile che un simile pensiero abbia toccato profondamente il Cuore filiale di Cristo, e Gli abbia suscitato quel sospiro o gemito di cui parla san Marco?
Questo mi ricorda qualcos’altro. Se qualcuno di voi ha visto amministrare il sacramento dell’estrema unzione nella sua forma tradizionale, saprà che il sacerdote unge ciascuno dei cinque sensi e chiede a Dio di liberare il malato dalle conseguenze dei peccati da lui commessi per mezzo di essi. Così, unge gli occhi, dicendo: Per questa santa unzione e per la Sua amorosissima misericordia, Nostro Signore perdoni tutto ciò che hai fatto di male per mezzo della vista. Poi gli orecchi, dicendo: Nostro Signore perdoni tutto ciò che hai fatto di male per mezzo dell’udito. E le labbra: Possa Egli perdonare qualunque cosa tu abbia fatto di male nel parlare o nel gustare. E così via, per tutti i sensi. I sensi del corpo sono un dono di Dio. Ma ognuno di noi è libero di usarli o per fare il bene o per fare il male. Perciò, prima di presentarci al nostro Creatore, la Chiesa, come una madre amorevole, chiede che siamo perdonati per tutti i modi, grandi o piccoli, con cui possiamo averne abusato.
Dunque, due possibili ragioni per cui Cristo sospira o geme nel guarire il sordomuto sono: primo, perché fare miracoli, sia per Nostro Signore o almeno per i Suoi Apostoli, poteva essere semplicemente faticoso; in secondo luogo, perché prevedeva i peccati ai quali l’uomo sarebbe stato ora esposto per la prima volta, come pure le benedizioni che avrebbe ricevuto. Ma penso che ci sia anche una terza e ultima ragione. Questo miracolo, oltre ad essere un fatto realmente accaduto, è anche il simbolo di qualcosa di molto più grande, cioè la redenzione del mondo. Perché dico questo?
Quest’uomo anonimo sordomuto rappresenta l’intero genere umano. A causa della caduta dei nostri progenitori, noi siamo tutti – dal punto di vista spirituale – sordomuti dalla nascita. Quando veniamo al mondo, non abbiamo la capacità di comprendere la parola di Dio. Certo, qualunque essere umano può ascoltare una lettura del Vangelo o di san Paolo, ma se non ha il dono della fede soprannaturale, non potrà apprezzarne il valore. Allo stesso modo, se faccio udire una bella musica, ad esempio, di Beethoven o Mozart, a un cane o a un gatto, l’animale sentirà i suoni, ma non potrà apprezzarne la bellezza. L’animale è sordo alla melodia e all’armonia, e a tutto ciò che fa la bellezza della grande musica. Questo è ciò che è un uomo, per natura, rispetto alla parola di Dio. Le nostre orecchie hanno bisogno di essere aperte da Cristo.
È lo stesso per la nostra lingua. Notate come san Marco descrive il discorso dell’uomo dopo che è stato guarito. La sua lingua si sciolse e parlava bene. Chiunque può parlare di Dio, secondo la propria immaginazione. Ma parlare bene di Dio, confessare la vera fede, ciò non viene naturale all’uomo. Dobbiamo ricevere questo potere, come un dono.
E questo, penso, è il motivo per cui il nostro Salvatore alzò gli occhi al Cielo e gemette quando conferì il potere di ascoltare e di parlare a quest’uomo. Prefigurava la Sua Passione. È morendo che ci avrebbe meritata la grazia di ricevere e confessare la vera fede. Come dice san Paolo, noi non ci apparteniamo, ma siamo stati comprati a gran prezzo. E ne trae la conclusione: glorificate e portate Dio, nel vostro corpo.