Veti, odio e intolleranza contro la fede ed i suoi valori

Hanno contro già numerose sentenze di tribunali amministrativi e Consiglio di Stato, eppure non pochi prefetti, in Francia, continuano a dimostrarsi particolarmente zelanti nel proibire, guarda caso, solo ed esclusivamente processioni e manifestazioni a carattere religioso. Accomodanti e bendisposti verso le iniziative di natura civile, questi rappresentanti territoriali del governo si rivelano improvvisamente rigidi ed intolleranti verso quelle di matrice confessionale.
Come ha fatto il prefetto di Yvelines, cancellando d’imperio un evento religioso in agenda per lo scorso 13 giugno. Un veto costato caro, però. Il Consiglio di Stato ha dato ragione agli organizzatori, che hanno subito presentato ricorso: quell’appuntamento non si sarebbe dovuto ostacolare, per cui è stato loro riconosciuto un risarcimento di ben 3 mila euro.
Un criterio, che dovrebbe servire da esempio ovunque, questo. Anche in Argentina, per evitare che si ripeta quanto accaduto nel corso di una recente marcia, indetta a San Luis da sigle femministe: ufficialmente contro i cosiddetti “femminicidi”, la manifestazione si è trasformata ben presto in un attacco d’odio contro la fede cattolica e contro la Chiesa, con scritte allo spray verde anticlericali e filoabortiste sulle mura della cappella del collegio «Don Bosco», a Felucho, e su quelle dell’ospedale Rivadavia, che nel febbraio scorso si è dichiarato obiettore di coscienza contro l’aborto. Un episodio purtroppo tutt’altro che isolato, questo, in un crescendo di tensione urbana, fomentata da gruppi, espressione del femminismo più aggressivo e più violento.
Se anche nei loro confronti si cominciasse ad assumere, con carattere d’urgenza, legittimi ed anzi auspicabili provvedimenti sanzionatori, come avviene in Francia, forse ciò potrebbe costituire un freno, quanto meno, al dilagare di atti criminali, che, con la parvenza dei migliori pretesti, commettono le peggiori colpe.