Umiltà, Fiducia e Desiderio

Il Kyrie è l’unica sequenza del rito della messa che è stata composta e mantenuta in lingua greca. Il motivo principale dovrebbe essere che questa invocazione popolare ebbe origine, nel Medio Oriente, già in tempi antichi e di lì passò nella Chiesa occidentale dove, per il suo frequente uso, fu conosciuta e apprezzata ovunque: perciò non si volle tradurre in latino una così venerabile preghiera.
Va osservato che, oltre al Kyrie in greco, si hanno nelle preghiere della Messa latina anche termini ebraici (Amen, Alleluia, Sabaoth, Hosanna), cosicché sono unite, nella celebrazione del Sacrificio incruento, tutte e tre le lingue con cui, allora, era composto il glorioso cartiglio della Croce che annunciava al mondo il Regno, il dominio della Grazia e la maestà di Gesù Cristo (Giov. 19,19-20). Come segno del nostro affanno, il Kyrie non manca mai nella celebrazione della Messa, dove occupa il momento più appropriato.
Da una parte si aggiunge naturalmente all’Introito e, dall’altra, opera l’adeguata preparazione alla Colletta e al Gloria. L’Introito esprime di volta in volta – ora esultante di gioia, ora con lamento e dolore o con parole umili e imploranti – quei pensieri e quei sentimenti che devono colmare l’anima durante la celebrazione del Sacrificio; cioè, esso introduce alla celebrazione della particolare festa o del giorno.
Pensando a questa celebrazione, veniamo sopraffatti dal sentimento della nostra indegnità, debolezza e indigenza, tanto che il nostro cuore viene mosso spontaneamente a ripetere spesso l’implorazione del Kyrie, poiché è solo la misericordia di Dio a renderci capaci di celebrare degnamente e in maniera fruttuosa i sacri misteri e le sante ricorrenze. La celebrazione particolare, che ha inizio con l’Introito, ci spinge a presentare subito al Signore i nostri singoli desideri e preghiere: a questo punto il Kyrie dispone e prepara l’anima ad un migliore atteggiamento di preghiera e a ricevere le divine grazie.
Umiltà, fiducia e desiderio sono la chiave per accedere alla fonte inesauribile delle ricchezze della divina misericordia: perciò, è proprio nella ripetuta esclamazione del Kyrie che si rivela l’umile ammissione della propria miseria, ma anche la forte speranza nella misericordia divina e lo struggente desiderio del divino aiuto. Perciò esso dispone l’anima a suppliche che sgorgano dal sentimento della propria indigenza, la quale si appoggia sull’infinita misericordia di Dio. Riflettendo sulla nostra miseria, dobbiamo pensare a ciò che abbiamo da chiedere; e meditando sulla misericordia divina, dobbiamo implorare con forte desiderio. Su queste due ali – la miseria dell’uomo e la misericordia del divino Redentore – la preghiera s’innalza verso il Cielo.
Perciò dobbiamo recitare il Kyrie con umiltà e fiducia: con questo sentimento nell’anima, “accostiamoci dunque con fiducia al trono delle grazie, affinché si possa ottenere misericordia e trovar grazia in un aiuto opportuno” (Ebr. 4,16). “Bella è la misericordia al tempo dell’afflizione, come nubi apportatrici di pioggia in tempo di siccità” (Sir. 35,26).
Il Kyrie, poi, armonizza bene il passaggio al Gloria, che spesso lo segue, poiché, al pensiero della benevolenza e delle grazie del Signore infinitamente misericordioso, esso incita a benedire, pieni di gioiosa riconoscenza, il Suo santo Nome. “Il Kyrie eleison, questa supplica della misericordia che s’incontra in ogni liturgia dell’Oriente e dell’Occidente, sembra esservi stato introdotto per dare all’esplosione di gioia e lode – che poi segue con il Gloria in excelsis – un effetto ancora maggiore: è una mortificazione della nostra umiltà, affinché possiamo gustare ancor meglio il nostro trionfo” (Wisemann).