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Trani. I miracoli

Tesori d'Italia06 Giugno 2020
Testo dell'audio

A parlarcene, è la tradizione orale: per ben inquadrare la vicenda che narra, sono pertanto stati indispensabili studi approfonditi, come quelli condotti da due eminenti ricercatori, Spaccucci e Curci. Il primo a narrarne nei minimi particolari fu però il venerabile fra’ Bartolomeo da Saluthio dell’Ordine francescano nell’opera “L’innamorato di Gesù Cristo”, edita nel 1611. Ma il più antico documento che descrive il Miracolo eucaristico è la “Visita ad Limina” dell’arcivescovo fra’ Diego Alvarez nella prima metà del 1600, testo conservato presso l’Archivio Segreto del Vaticano.

Questi i fatti: una donna ebrea, residente nel rione Casale, attuale via Ebrea, s’impossessò di una Sacra Particola, grazie alla complicità di una donna cristiana, che, dopo essersi comunicata durante la sacra funzione del Giovedi Santo presso la chiesa di Sant’Andrea dei Padri Basiliani, si tolse la Particola velocemente dalla bocca, l’avvolse in un fazzoletto e gliela consegnò. Questa la buttò poi in una padella d’olio bollente e miracolosamente divenne carne sanguinolenta. In breve tempo, il sangue, fuoriuscendo dalla padella, inondò tutta la casa, compreso il cortile.

Le sante reliquie si trovano nella chiesa del SS. Salvatore, fatta erigere nel 1706 dall’allora arcivescovo Pietro de Torres laddove sorgeva la casa della donna sacrilega: sono custodite in un’urna d’argento, sormontata da una cupola che regge la Croce e da quattro angeli. Al centro v’è un tubicino, in cui, sopra un pezzettino di bambagia, sono depositati i due frammenti eucaristici di volume diverso. Chiunque li osservi rimane stupefatto di fronte ad un altro miracolo, quello della conservazione degli stessi: Gesù testimonia la Sua volontà a mantenerli incorrotti.

L’abate cistercense Ferdinando Ughelli (1670), nella sua conosciutissima ed enciclopedica opera “Italia Sacra”, in una nota al settimo volume, scrisse: «A Trani si venera una sacra Ostia, fritta per disprezzo alla nostra fede, nella quale, svelato il pane azzimo, apparve la vera Carne e il vero Sangue di Cristo, che cadde fino a terra».

Non meno scalpore suscitò tuttavia il secondo miracolo. I turchi, sbarcati sulla costa tranese nella prima metà dell’anno Mille, saccheggiarono la città e la chiesa di Santa Maria di Colonna con annesso convento, che poi diedero alle fiamme. Uno dei soldati rubò dall’altare maggiore un crocifisso di legno alto 90 centimetri come trofeo.

Raggiunta l’imbarcazione, la nave per il forte vento non si mosse. Allora il capo dei turchi, in preda alla furia, colpì con la scimitarra il crocifisso sul naso e alle gambe. Vedendo che prese a sanguinare, spaventato, se ne liberò, gettandolo in mare. Là dove venne rinvenuto, fu costruita poi una cappellina. Il crocifisso venne ricoperto da un sottile strato di gesso. La ferita è impressionante, perché sembra prodotta non su di un viso di legno, ma su un viso umano, tanto è aperto lo squarcio.

Anche per questo evento soprannaturale, ci si affida alla tradizione orale. Tuttavia la Relazione del Commissario al Duca di Bari testimonia l’assalto turco ed il relativo sacrilegio, di cui si parla nel volume di padre Bonaventura da Fasano dell’Ordine francescano. La sua testimonianza è preziosa, poiché, essendo stati i turchi ad oltraggiare il crocifisso, si può asserire con certezza che l’anno in cui si è verificato l’episodio corrisponda al 1480, data in cui è storicamente provata l’invasione musulmana in Italia per la prima volta, quando vennero massacrati gli 800 cristiani ad Otranto.

Pure di questo oltraggio al crocifisso da parte dei turchi, l’abate cistercense Ferdinando Ughelli fa memoria nella sua opera Italia Sacra, evidenziando ancora di più il miracoloso prodigio della fuoriuscita del sangue dalla ferita sul naso, usando il sostantivo «cruor», cioè proprio quel sangue che sgorga da una ferita e non quello che circola nei vasi, che invece si traduce con «sanguis». E il noto scrittore Orazio Palumbo nel libro Bozzetti storici, citando la chiesa di Santa Maria di Colonna, a proposito degli assalti e del crocifisso, scrisse: «Questi rubatori di mare, scomunicati tre volte l’anno dalla bocca del Pontefice, scendevano sulle spiagge, assalivano i luoghi per rubare, saccheggiare ed uccidere: chiese, capanne, case erano contaminate da stupri e rapine». Questa croce costituisce sempre il più bel libro di catechesi. Per tutti.

 

Questo testo di Cinzia Notaro è tratto da Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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