Su Radici Cristiane di giugno, S. Pio V ed il Sacro Cuore

C’è un modello, valido anche ai nostri giorni: è san Pio V. Ad affermarlo è il direttore della rivista Radici Cristiane, il Prof. Roberto de Mattei, nell’editoriale del numero di giugno, in distribuzione agli abbonati: «Il nome di san Pio V, come quello di Lepanto – si legge – oggi è una bandiera. Noi non vogliamo “resettare” il mondo per costruire una nuova società, che esiste solo tra le nuvole, né vivere nella confusione, come vorrebbero i “profeti del caos”, che si affacciano all’orizzonte. Siamo cattolici militanti, che si alimentano alle radici cristiane della società e che oppongono ai sogni deformi dei rivoluzionari di ogni tempo la Tradizione integra e ininterrotta della Chiesa, incarnata da Pio V, e il modello politico e sociale di civiltà cristiana, che egli strenuamente difese».
In Attualità il dottor Thomas Ward, presidente della Jahlf-John Paul II Academy for Human Life and the Family, parla di vaccini ed etica: è lecito o no usare vaccini anti-Covid, per il cui sviluppo siano state impiegate linee cellulari fetali? A suo giudizio, sarebbe moralmente incoerente rifiutare il vaccino e poi accettare il ricorso quotidiano a molti farmaci, pure ottenuti da cellule di feti abortiti. Meglio sarebbe far pressioni sulle case produttrici, affinché immettano sul mercato prodotti realmente etici, nonché lanciare una reale controrivoluzione culturale cristiana, che promuova la vita.
Il Prof. Renato Cristin parla dell’inganno dell’alterità: «Se il caos è il segno del nostro tempo – scrive – l’identità ne è la vittima eccellente. L’attacco all’identità ha una lunga genesi e una potente propulsione, che perdura tutt’oggi. L’altro è diventato il personaggio centrale dello scenario contemporaneo come fulcro di un’operazione ideologica, che mira a sostituire l’identità con l’alterità. I rivoltosi del ’68 volevano abbattere il sistema, smontando però per prima cosa i suoi reticoli individuali, i pilastri della civiltà occidentale: la tradizione e l’autorità».
Il Dossier si occupa della devozione al Sacro Cuore di Gesù, da secoli nel cuore delle genti. Spesso fondate in riparazione allo spirito rivoluzionario ed ai furori napoleonici dell’epoca, molte sono le strutture sorte sin dal primo Ottocento, dedicate proprio al Sacro Cuore di Gesù, dalle numerose Congregazioni, maschili e femminili, con relative Confraternite laicali, soprattutto in Austria, alla celebre basilica di Montmartre, in Francia.
In Tirolo sempre il Sacro Cuore, grazie all’abate Sebastian Stöckl e ad Andreas Hofer, divenne addirittura l’emblema della resistenza cattolica non solo contro francesi e bavaresi, bensì anche contro le pretese dell’ebbrezza illuministica ed antireligiosa del tempo, nonché contro le tossine del giansenismo dentro le sacre mura.
La devozione del Tirolo verso il Sacro Cuore e le gesta di Andreas Hofer ancora oggi vengono ricordate non solo con una mostra e con il progetto 1809, i luoghi della memoria, ma anche con tradizioni, che da un paio di secoli si rinnovano ogni anno, quale quella dei «Fuochi del Sacro Cuore di Gesù» o «Herz-Jesu-Feuer».
Anche il card. Raymond Leo Burke richiama l’attenzione dei lettori sul medesimo argomento: «Benediciamo e intronizziamo l’immagine del Sacratissimo Cuore di Gesù nelle nostre case, nelle nostre scuole, nei nostri posti di lavoro – scrive – ciò ci conduce alle fonti di un nuovo entusiasmo e di una nuova energia necessari per insegnare e vivere la nostra fede cattolica, che trasforma la nostra vita ed il nostro mondo».
Di «Napoleone rivoluzionario» parla, invece, nella sezione Storia, il prof. Massimo de Leonardis: «Il suo impero fu un castello di carte, che crollò a Waterloo: quella di Napoleone fu una gloria folgorante ma effimera. Si guadagnò l’epiteto di “gran ladro d’Europa” per i saccheggi, le ruberie, i furti di opere d’arte. Riuscì a far indignare tutte le corti europee per la sua crudeltà. Imprigionò due Pontefici. Il Bonaparte non pose fine alla Rivoluzione, ma la estese a tutta Europa. Eppure, convertito, chiese di morire col conforto dei Sacramenti».
Tesori d’Europa “conduce” i lettori nella terra dei Feaci, cantata da Omero nell’Odissea, ove Ulisse trovò ristoro al termine del suo lungo viaggio ovvero nell’antica Kórkyra, oggi nota come Corfù. Nei secoli ha conosciuto varie denominazioni. Ferita dalla seconda guerra mondiale, è tornata all’antico splendore ed è tornata a rappresentare una desiderata meta turistica. Molti santi qui vissero ed operarono, dedicando la propria vita a Cristo ed incarnando il Vangelo. Tra questi, Giasone e Sosipatro, Spiridione, Arsenio ed anche suor Maria Arcangela Biondini, i cui ammonimenti erano tenuti in conto da sovrani, uomini di governo e sacerdoti.
Nella sezione Arte e Letture, Sara Magister parla del pittore Bernardo Cavallino, definito «il Poussino dei napoletani» per la sua arte ispirata a quella del francese Poussin ed al realismo del Caravaggio: svolse la sua intera carriera a Napoli e valorizzò la fusione di stili anche nella singolare opera Apparizione di Gesù a sant’Antonio da Padova, di cui si parla in questo numero di Radici Cristiane.
Cristina Siccardi ripercorre per i lettori la straordinaria mostra, che Torino ha dedicato all’architetto Filippo Juvarra, il cui stile fu dominato da temi aulici: disegni di giganteschi palazzi e ville principesche, colonne e archi trionfali, anfiteatri e monumenti equestri. Tutto ciò, nel desiderio di porsi al servizio delle corti d’Europa. Chiamato da Vittorio Amedeo II di Savoia, potrà coronare la sua aspirazione di misurarsi con le ambizioni edilizie di un re.
Domenico Lalli prende spunto da una curiosità: secondo san Bernardo di Chiaravalle, «è veramente un cavaliere senza macchia e senza paura colui che difende la propria anima con l’armatura della Fede». Qualcuno, però, tra il XII ed il XIII secolo ha immaginato di rinchiudere l’essenza di tale massima in un elemosiniere portatile, raffigurante il volto di un antico crociato con elmo.
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