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Storia di Acqui Terme, città romana e moderna

Tesori d'Italia11 Luglio 2020
Testo dell'audio

Acqui Terme ha l’orgoglio di una piccola capitale, che onora, valorizza e difende una bimillenaria storia e un grande passato. Lo si vede dalla sua architettura, dai suoi giardini, dai suoi monumenti, dalle sue chiese, dai suoi ampi portici umbertini, dalla sua dorsale alberata di Corso Bagni, che ricorda i boulevard parigini, dal suo solido, ma sobrio e composto centro storico, restaurato con pazienza, amore e attenzione, ma che non disdegna mostrarsi con un pizzico di grandeur, come d’altronde i suoi abitanti.

La fondazione della città va fatta risalire a cavallo del I secolo a.C., con l’insediamento in loco dei Liguri Statielli, sconfitti dai Romani nel 172 a.C. Diventata Municipium Romanum, con la realizzazione della via Aemilia Scauri nel 109 a.C, Aquae Statiellae (Acqui) si trova al centro dell’importantissima strada consolare tra Derthona (Tortona) e il mare di Vada Sabatia (Savona).

Plinio il Vecchio cita le acque calde, che faranno la fortuna di questa città, nei 37 libri della sua Naturalis Historia del 77 d.C , considerandole tra le migliori dell’Impero Romano insieme a quelle di Aix-en-Provence in Francia e Pozzuoli in Campania. Sarà la fama degli stabilimenti termali e la crescente importanza commerciale e agricola (pare che Cleopatra apprezzasse particolarmente il vino dolce Brachetto d’Acqui, fattole amare da Cesare), nonché la sua posizione strategica di importante nodo viario, ad arricchire Aquae Statiellae di acquedotti, piscine di acqua calda, insieme a sontuosi edifici, teatri ed anfiteatri.

Celebre in tutta la romanità l’antico acquedotto del II secolo d.C., che portava l’acqua dell’Erro, presso Cartosio, fino ad Acqui con un percorso di circa 13 chilometri e di cui ancora oggi si conservano metafisiche e monumentali arcate nei pressi del fiume Bormida, tra le più fotografate della zona.

Dell’eccellenza di Acqui, delle sue terme e del suo territorio sono in molti a parlare fin dall’antichità: Strabone, Seneca, Tacito, lo storico longobardo Paolo Diacono, Liutprando da Cremona. Nel V secolo si ha la costituzione della diocesi di Acqui, con il vescovo san Maggiorino, che sarà sepolto nella Basilica di San Pietro, costruita probabilmente all’epoca del vescovo Ditario, poi ingrandita con due absidi e due navate in epoca longobarda: l’abside centrale può datarsi all’epoca di Liutprando (712-744). Il Duomo di Acqui, uno dei primi esempi del romanico in Italia, verrà consacrato nel 1067 dal vescovo conte san Guido. Ha pianta a croce latina, con tre navate. Molto estesa e suggestiva la cripta colonnata, sovrastata dal presbiterio e dal transetto.

Da visitare anche la zona absidale del 1012 e da osservare con attenzione il portale principale, scolpito in pietra nel 1481 dal luganese Giovanni Pilacorte. Il campanile gotico è del 1479, mentre del 1614 è il maestoso pronao che domina uno spazio rinascimentale di grande suggestione, a cui si accede dalla scalinata della Schiavia.

Sulla destra, imponente il quattrocentesco Palazzo Vescovile terminato nel 1592, in pietra e mattoni, sulla sinistra il Seminario Maggiore, progettato a metà 700 da Bernardo Vittone e il Seminario Minore. Un capolavoro da non perdere è incastonato nell’aula capitolare dei Canonici del Duomo, raggiungibile dopo la sacrestia dei Cappellani, piena di preziosi armadi settecenteschi. È un trittico gotico-fiammingo, massima opera dello spagnolo Bartolomè Bermejo, detto Rubeus, commissionato intorno al 1480 da Francesco della Chiesa, commerciante acquese residente a Barcellona. La tavola centrale raffigura la Vergine seduta su una sega, simbolo del santuario catalano di Montserrat.

Oltre ai vescovi conti su Acqui hanno governato a partire dal 1298 i marchesi Aleramici del Monferrato, mentre il castello marchionale che domina la parte alta della città diviene dimora dei Paleologhi, a partire dal 1305, che lo ricostruiranno in maniera radicale nella seconda metà del XV secolo. Oggi, dopo un restauro conservativo completatosi all’alba del Duemila, il Castello dei Paleologhi ospita il rinnovato allestimento del Museo Archeologico di Acqui, con diverse sale che spaziano dalla Preistoria, all’Età Romana, al Tardo Antico e al Medioevo.

Dopo la cacciata della dinastia bizantina dei Paleologhi da Costantinopoli, Acqui passa nel 1536, in seguito a vicende matrimoniali, ai Gonzaga di Mantova, che nel 600 saranno gli artefici del progetto degli stabilimenti termali oltre il fiume Bormida. Sfruttando l’acqua calda di quelle sorgenti, sgorganti a circa 50° gradi, l’architetto Giovanni Battista Scapitta completerà nel 1687 i grandiosi stabilimenti delle Antiche Terme, che nel Settecento diverranno modello degli edifici termali di mezza Europa.

Nel 1708 Acqui passa ai Savoia che, con l’eccezione della parentesi napoleonica, governeranno il Piemonte e in seguito l’Italia fino al 1946 e che con Carlo Felice nel 1826 e in seguito con Carlo Alberto amplieranno e modernizzeranno in maniera significativa le “Antiche Terme” e gli stabilimenti d’oltre Bormida, destinando aree speciali sia alle Terme Militari che agli indigenti.

Grazie all’imponente ponte sul fiume Bormida, inaugurato da Carlo Alberto nel 1849, l’espansione di Acqui verso la zona Bagni e le Antiche Terme avrà uno sviluppo molto rilevante, completato soprattutto in epoca fascista, con la costruzione di impianti sportivi, alberghi di lusso, la realizzazione di giardini, aree verdi, del Casinò Municipale-Kursaal Teatro, che per un certo periodo sarà una delle poche case da gioco d’Italia e la fondazione del centro studi sulla fangoterapia, nato nel 1930.

 

Questo testo di Carlo Alberto Sburlati è tratto da Radici Cristiane. Visita radicicristiane.it

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