Soprannaturalità dell’atto morale (la grazia)

Dopo aver considerato, nei podcast precedenti, le forze morali naturali e le possibilità dell’uomo, la sua coscienza, la sua forza di decisione personale, cioè la libertà della volontà e il complesso delle forze psico-fisiche morali, bisogna che consideriamo ora le capacità e forze morali soprannaturali, che sono in relazione con le forze naturali e le perfezionano (la grazia suppone la natura, e non la distrugge, ma la perfeziona), e sono necessarie perché il cristiano realizzi la imitazione del Cristo.
Sarebbe perciò falso intendere le seguenti considerazioni come un’appendice alla dottrina della concezione naturale morale dell’uomo. Come già è stato detto, le verità soprannaturali si fondano logicamente e ontologicamente sulle naturali per perfezionarle nella piena verità morale che Cristo ci ha manifestato.
Le riflessioni della Teologia Morale si muovono cioè come in circoli concentrici, sempre più ampi. Al loro centro sta sempre l’uomo servo di Dio, che per natura è fatto a immagine di Dio, che per la partecipazione della grazia di Cristo è figlio di Dio nello Spirito Santo, ed ora in forza della libertà ricevuta per la grazia e della coscienza morale soprannaturale onora Dio mediante la personale conformazione al Cristo e l’attiva partecipazione alla sua missione, la restaurazione del Regno di Dio nella Chiesa e nel mondo.
Nelle considerazioni precedenti era già chiaro come limitate sono le possibilità morali naturali dell’uomo di fronte alla complessità della sua natura, alle possibilità di errore del suo intelletto e alla limitatezza e ai possibili intralci della sua libera volontà.
Quanto più dalla considerazione teorica della natura morale dell’uomo si scende all’uomo concreto della esperienza storica, tanto più si riconosce la sua fragilità morale e la sua insufficienza, il suo contrasto nella lotta tra lo spirito e la carne, fra i desideri istintivi e la volontà autonoma con il dovere morale. Anche se questa esperienza non giustifica la negazione di ogni bene morale e di ogni cosa nobile nella vita dell’uomo e dell’umanità, anche se non c’è nessun motivo per una concezione pienamente pessimistica dell’uomo non c’è però neanche motivo per la concezione esageratamente ottimistica nella scienza e nella vita che nei nuovi tempi si vorrebbe introdurre come reazione alla concezione dei Riformatori.
Per compiere il bene, per adempiere il nostro dovere morale abbiamo bisogno dell’aiuto della grazia divina.
Il soccorso interno di Dio in generale
Anche nell’ordine naturale, per le indebolite forze dell’anima, l’uomo ha bisogno dell’intervento e del soccorso divino per il bene. Dio, come prima causa, regge ogni essere e ogni vita. Egli, come motore generale, pone in atto le potenze dell’anima. Neanche la volontà è sottratta a questo influsso. Essa pur nella sua libertà è dipendente da Dio come dal motore universale e dal bene universale.
Il concorso generale di Dio diviene particolare impulso specifico e coefficiente di forza dell’atto morale buono. In esso la volontà si eleva a una più alta perfezione. È il bene morale che rende l’uomo migliore, cioè più perfetto.
Da dove dovrebbe derivare questo aumento di perfezione se non da Dio, fonte di ogni esistenza? Questa è l’idea fondamentale dell’etica di S. Agostino. Secondo lui è Dio l’ultima sorgente di forza di ogni bene morale, così come ne è il più alto fine e significato.
Che questa vitale connessione con Dio non sopprima la libertà e la vitalità dell’azione umana, ma piuttosto la sostenga e la favorisca, è proprio ciò che affermano i presupposti della concezione teistica.
La grazia di Dio, come rimedio della natura decaduta (Grazia medicinale)
L’aiuto naturale fin qui considerato non lo chiamiamo Grazia in senso proprio. C’è invece la Grazia santificante, il favore, il dono libero che Dio concede al peccatore con l’intenzione di restituirgli le piene forze della moralità naturale: è la Grazia propriamente detta (soprannaturale almeno quanto al modo).
Anche allo stato naturale il peccato è un colpevole allontanamento da Dio, che offende gravemente Dio, e separa interiormente l’anima da Lui, e perciò produce disordine e debolezza. Cancellare questa colpa, risollevarsi per vivere ed operare secondo Dio è per la creatura in se stessa impossibile. Ciò invece può verificarsi mediante la misericordiosa Grazia di Dio.
Anche dopo che il peccato è stato abbandonato, restano nelle forze dell’anima ferite e fiacchezze, come effetti che rendono difficile il bene e danno occasione a nuovi peccati. Queste conseguenze del peccato sussistono anche dopo la Redenzione, nella vita cristiana. La possibilità della tentazione deve rendere umili gli uomini e spingerli a chiedere a Dio la Grazia come medicina e forza salutare.
Chiamiamo necessità morale la necessità della Grazia per l’adempimento della legge morale naturale, così come diciamo moralmente necessaria per l’umanità decaduta la rivelazione di Dio, dal momento che essa serve a mantenere con purezza la religione naturale.
Dicendo “morale” si vuol significare che la necessità non è assoluta, risultante dall’essenza della cosa, valevole per ogni caso, ma piuttosto una necessità che si pone, data l’umana debolezza, rispetto alla durata e alla università della legge.
La Grazia come elevazione soprannaturale e illuminazione dell’anima
Secondo la dottrina biblica e cattolica il fine dell’uomo, cui egli deve proporzionalmente il suo dovere morale, è strettamente soprannaturale, cioè supera le esigenze naturali e le possibilità della creatura; supera anche la naturale intelligenza della ragione e le forze della volontà prese in sé.
L’ordine soprannaturale insomma si fonda nel libero decreto dell’amore e della bontà di Dio. Esso, nel complesso, costituisce la Grazia in senso proprio, come dono indebito, aggiunto.
Il suo perno è il fine soprannaturale, cioè la vocazione alla visione diretta e dell’amore beatifico di Dio nel cielo.
Stabilito questo fine, si pone l’assoluta necessità di una soprannaturale rivelazione e storia della salvezza, per illuminare gli uomini sul fine della loro vita, e insieme l’assoluta necessità di un’interiore Grazia soprannaturale per rendere capaci gli uomini di azioni proporzionate al fine.
Questa Grazia (Grazia elevante) partecipa alla natura umana una elevazione entitativa e una comunione di vita con Dio. Partecipa alle facoltà spirituali, all’intelletto e alla volontà, forze soprannaturali, mistiche. La nuova vita dell’anima è chiamata nella S. Scrittura una nuova nascita secondo Dio; partecipazione della natura divina.
Una simile elevazione è possibile poiché l’anima umana è fatta a immagine di Dio e quindi capace di ogni verità e bene divino. Per lo stesso motivo l’uomo, una volta illuminato sul suo più alto destino, riconosce anche con le forze della ragione il dovere di accogliere con gratitudine la sua vocazione soprannaturale e di tendere al fine cristiano della vita. Risulta da ciò che la vocazione della Grazia non è qualcosa contro la natura dell’uomo o qualcosa soltanto esteriore. La Grazia piuttosto coopera con la natura per una intima vitale unità dell’essere e della vita, sicché entrambi vivano non l’una sopra e l’altra sotto, né una successivamente all’altra, ma intimamente inserite l’una nell’altra. Come l’operare segue l’essere, è sviluppo dell’essere, così anche il puro agire morale naturale deve essere considerato nella nuova moralità soprannaturale.
Il pieno significato della parola “Grazia” indica la Grazia abituale o santificante. Per essa l’essenza spirituale morale dell’uomo vien legata alla più durevole comunione di vita e di amore con Dio.
Alla sua preparazione e orientazione serve la Grazia attuale o efficace, che come illustrazione e impulso transitorio eleva il pensiero e la volontà dell’uomo e lo conduce alla giustificazione. Anche per la partecipazione della Grazia santificante è necessaria la Grazia attuale.
- Tommaso afferma a proposito che il concorso generale di Dio nell’uomo in Grazia deve assumere una forma soprannaturale proporzionata alla sua natura divina.
Nello stesso tempo la Grazia attuale svolge anche un altro compito, vincere cioè la naturale debolezza e le tentazioni al male che persistono anche dopo la giustificazione.
Alla luce della vocazione soprannaturale, il male morale si manifesta assai più stridente come pauroso contrasto al bene, come ribellione e immensa ingratitudine verso Dio, oltre che nella sua realtà di corruzione dell’anima.
L’annullamento dell’amicizia con Dio, l’intima rovina e miseria dell’anima originata dal peccato porta, secondo il dogma cristiano, alla chiarissima definizione: il peccato in pieno senso è il peccato mortale, vera perdita della vita divina dell’anima.