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Signori, in carrozza!

Arte e Cultura27 Maggio 2021
Testo dell'audio

Dall’analisi delle abitudini di re, pontefici ed aristocratici, per quanto riguarda il tema del trasporto durante cerimonie ed ingressi trionfali, è possibile stilare una teoria di usi e costumi, determinante per una più approfondita conoscenza della storia europea che ci appartiene. Nel novembre del 1671 una sfarzosa carrozza, riccamente addobbata, sfilò per le strade di Genova fino al palazzo di Giovanni Andrea III Doria (1653-1737): «un carro (…) fatto a cartelami dorati con diverse figure scolpite con tanta diligenza e atto così naturale che paiono persone dorate, le colonne sono abbracciate da putti che tengono in mano ghirlande di fiori così distinti e fatti al naturale che non v’è cosa da correggere».

Tanta magnificenza era dedicata al trionfale arrivo a Genova da Roma della principessa Anna Pamphilj (1652-1728), pronipote di Innocenzo X, per il matrimonio che avrebbe unito i casati dei Doria di Genova con la famiglia dei principi romani, originari di Gubbio. Da tale unione derivò la costituzione dei preziosi fondi, che compongono l’attuale archivio Doria Pamphilj nell’omonimo palazzo romano.

Gli emblemi araldici delle due famiglie, dunque, adornavano il reale cocchio della principessa: aquile e colombe con rami d’ulivo si alternavano nella ricca decorazione progettata dallo scultore Filippo Parodi (1630-1702), originario di Genova, ma formatosi nella Città eterna come allievo del celebre Bernini. La tendenza barocca di creare movimento nella creazione artistica, producendo un continuo senso di meraviglia e di sorpresa nel riguardante, trovò una precipua applicazione nell’ornato della carrozza di gala. Un trionfo di ori e marmi scolpiti considerato dai contemporanei una carrozza di «foggia non prima usata», ossia una novità assoluta, rappresentava il culmine di una tradizione sviluppatasi attraverso tutto il Seicento, tradizione che vide aumentare gradualmente l’importanza del veicolo nel contesto di ogni solenne ingresso.

Il grande precedente dell’ingresso trionfale con carrozza può essere individuato nel sontuoso cocchio, utilizzato nel 1271 da Gregorio X, che, durante il viaggio per Lione, fece una sosta a Milano, accedendo alla città su una “reda” (che richiamava le antiche rhedae romane, le carrozze leggere da viaggio), riccamente rivestita di seta rossa e adornata di gemme e metalli preziosi, da cui il pontefice benediceva la folla accorsa.

Se nel corso dei secoli la berlina acquisì un ruolo gradualmente maggiore nell’ambito delle parate, lo si deve al suo specifico significato all’interno della civiltà delle corti quale attributo diretto di un personaggio e per estensione di una intera casata. L’uso della carrozza, pur utilizzato nelle maggiori corti europee, fu tuttavia limitato durante il XVI secolo da forti resistenze: nel 1563 il Parlamento di Parigi vietò il transito dei mezzi nelle strade urbane e il re di Francia Enrico IV (1553-1610) possedeva solo una berlina per i suoi spostamenti.

Soltanto la corte pontificia sembra tardare nell’accogliere tali veicoli nel cerimoniale e ciò lo si deve alla volontà di papa Pio IV (1560-1565), il quale nel concistoro del 27 novembre 1564 aveva ammonito i cardinali di non avvalersi dei cocchi, ritenuti simbolo di eccessivi e inopportuni «mollezza» e «fasto»; i cardinali di Santa Romana Chiesa avrebbero dovuto continuare a cavalcare «con ecclesiastica maestà». E così fu per qualche decennio, fino a che con l’inizio del secolo successivo, e in particolare a Roma con il lusso incontrollato permesso dalla famiglia di papa Urbano VIII Barberini (1623-1644), le carrozze non assursero definitivamente a simbolo di sfarzo e distinzione della potenza del clero. Addirittura con la riforma del cerimoniale del 1625 fu concesso ai cardinali di adornare i cavalli dei propri cocchi con piume e fiocchi rossi, per distinguerli dai veicoli degli altri prelati. Ormai il protocollo era stato codificato.

Le carrozze furono un elemento essenziale anche del cerimoniale della corte sabauda in età moderna, soprattutto dalla fine del Cinquecento. Con il ducato di Carlo Emanuele I (sovrano dal 1580-1630), il loro uso si diffuse ampiamente, in sintonia con quanto avveniva nelle altre corti italiane. Nel 1603 il sovrano accolse in carrozza il duca di Mantova, Vincenzo Gonzaga, e nella primavera del 1628 si presentò in egual modo al principe Francesco d’Este, erede del trono di Modena. Gli scritti dello storico della corte sabauda Valeriano Castiglione (1593-1668) contengono esaustive descrizioni del cerimoniale e del largo uso di carrozze previsto all’interno di esso.

 

Questo testo di Michela Gianfranceschi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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