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Santità, sapienza e bontà di Dio

Catechesi04 Maggio 2020
Testo dell'audio

Fino ad ora abbiamo parlato del Purgatorio considerato di per sé, e come se esistesse da solo nel mondo sopranaturale, mentre in virtù della comunione dei Santi si trova in continui rapporti colla Chiesa trionfante e colla militante. Studieremo adunque ora queste relazioni, e innanzi tutto tratteremo di quelle che passano fra le anime del Purgatorio e Dio, fra il giudice che condanna e il reo condannato, fra il padre che tende le braccia al figlio esiliato e l’anima che arde d’amore per lui ed affretta col desiderio il momento d’entrare nella paterna dimora.

Una delle cose che più risaltano, per poco che si sia posto mente al fin qui detto, è che il Purgatorio manifesta in modo ammirabile tutte le perfezioni di Dio. Il Salmista ha detto che i cieli narrano la gloria di Dio, ma altrettanto può dirsi di quelle oscure prigioni dalle quali parrebbe dovesse solo diffondersi il dolore e il pianto; eppure Dio in nessuna parte del creato si rivela forse più grande e perfetto come nel Purgatorio. Fra tutte le perfezioni poi che di lui si manifestano laggiù, tre sopratutto emergono in maniera straordinaria, vale a dire la sua santità, sapienza e bontà. Che il Purgatorio manifesti la santità infinita di Dio nessuno ne dubita. Là infatti troviamo anime sante, uscite di vita nel pieno esercizio della loro carità, predestinate alla gloria, future abitatrici del cielo, oggetto delle compiacenze dell’adorabile Trinità, spiriti eletti che, dopo le lotte della vita, sono sul punto di giungere alla gloria che Dio Padre, nel crearli, aveva loro assegnata.

Tuttavia, siccome nei giorni del loro pellegrinaggio hanno contratto delle macchie, Iddio li tiene inesorabilmente lontani da sé; condannandoli ad un fuoco di purificazione, fino al giorno in cui saranno trovati degni di comparire tutti puri, dinanzi al suo cospetto. Forse quelle anime lavorarono molto per la gloria di Dio, sono forse santi sacerdoti che l’han fatto conoscere e amare nel mondo, o religiosi che han tutto abbandonato per lui e che per amor suo abbracciarono una vita di patimenti e di sacrifici, o apostoli che hanno recato il suo nome nelle estreme parti del mondo; ma non importa: basta che abbiano una macchia, una macchia sola, perché Iddio dimentichi, per ora, le loro opere buone, i loro sacrifici, i loro meriti. Quantunque sia ormai pronta per loro la corona di gloria, quantunque in Cielo il Padre le attenda, hanno da purificare col fuoco quanto in loro non è ancora degno di Dio e della sua santità. Ci sembra che tra le anime del Purgatorio e Dio passi qualche cosa di analogo a quello che passava tra Dio e il suo Figliol divino sul Calvario.

Cristo, figlio prediletto del Padre, splendore della sua gloria, oggetto delle sue eterne compiacenze, appena addossatisi i peccati degli uomini, attira sopra di sé i colpi della divina giustizia, e non v’è più pietà per lui che si è dato come riscatto pei peccati del mondo. Trema la terra, si fendono le rocce, il sole si eclissa davanti all’Uomo Dio che muore; ma Dio Padre resta impassibile nel silenzio della sua eternità; nulla lo commuove né intenerisce, neppure quel grido doloroso che gli rivolge la vittima divina: – Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato!

Il sacrificio dev’essere tutto consumato, la giustizia deve avere il suo corso, dopo di che soltanto egli si ricorderà di esser Padre. – Orbene, anche le anime son figlie predilette di Dio, ma perché portano ancora impressa l’orma del peccato, egli non le riconosce per tali, e quando il fuoco vendicatore, quando i supplizi e le espiazioni si saranno accumulati sopra quelle meschine, assisterà impassibile a tante torture, anzi se ne rallegrerà, perché così la sua giustizia sarà soddisfatta. Sarà inutile ogni grido, ogni soccorso implorato dal cielo, poiché il cielo sarà chiuso per loro, e prima che Iddio si ricordi d’essere padre, ogni macchia dovrà esser distrutta e consumata dal fuoco.

Santa M. Maria Alacoque, che aveva provato in se stessa questi rigori della giustizia di Dio, soleva dire che i tormenti che l’amore divino imprimeva in lei come saggio di quelli che soffrono le anime del Purgatorio erano veramente insopportabili. – S. Caterina da Genova così si esprime a riguardo di questo martirio che la santità di Dio fa soffrire a quelle anime. Il fondamento di tutte le pene è il peccato originale o attuale.

Dio ha creato l’anima pura, semplice e netta d’ogni macchia di peccato, con un certo istinto beatifico verso di lui, dal quale istinto il peccato originale, che essa trova in sé, l’allontana; quando poi vi si aggiunge l’attuale, ancora più se ne discosta, e quanto più se ne fa lontana, tanto più diventa malvagia, poiché Dio meno le dà la grazia della corrispondenza. E poiché ogni bontà o virtù è largita per partecipazione di Dio, il quale corrisponde nelle creature irrazionali come vuole e come ha ordinato e non manca loro mai, ed all’anima razionale corrisponde più o meno, secondo che la trova purificata dall’impedimento del peccato; perciò quando si trova un’anima che si accosti alla sua prima creazione pura e netta, quell’istinto beatifico se ne va discoprendo e crescendo tuttavia, con tanto impeto e furore di carità (il quale la spinge verso il suo ultimo fine) che le par cosa insopportabile l’impedimento che prova, e quanto più vede e intuisce, tanto più le riesce dura la pena.

Or dunque, siccome le anime che soffrono nel Purgatorio non sono insozzate da gravi peccati, perciò non v’è altro impedimento tra Dio e loro tranne quella pena la quale le ha ritardate dall’andare a lui, e vedendo esse e provando quanto importi ogni minimo impedimento, ne nasce in loro un estremo fuoco, simile a quello dell’Inferno, eccetto nella colpa, che è quella che fa la volontà maligna ai dannati, ai quali Dio non corrisponde colla sua bontà epperciò restano in quella disperata maligna volontà contro la volontà di Dio»

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