Santi Cosma e Damiano: i medici che guarivano gratuitamente corpi e anime

I santi Cosma e Damiano, che il calendario tradizionale ricorda il 27 settembre, sono i celebri medici, originari di Egea, in Cilicia, attuale Turchia, sul Golfo di Alessandretta. I due fratelli gemelli nacquero nel 260 circa e morirono martiri a Cirro, nel 303. Secondo la tradizione, Cosma e Damiano si trovarono a far parte della prima generazione di martiri sotto l’impero di Diocleziano.
Poiché non volevano essere retribuiti con denaro o beni in cambio della loro professione medica, furono soprannominati Anargyroi (dal greco antico: «senza argento» o «Santi non mercenari»). Essi, in ottemperanza al precetto evangelico: «Gratis accepistis, gratis date» (Mt 10,8), scelsero di operare esclusivamente per il Regno di Dio con i talenti che il Signore aveva loro donato. Dispensatori di molteplici guarigioni, sia a livello naturale che soprannaturale, convertirono moltissime anime.
I diversi memoriali che ci sono giunti non sempre concordano fra di loro. Tre sono, infatti, le tradizioni: asiatica, inaugurata a Costantinopoli, capitale dell’impero bizantino; romana, che si affermò soprattutto in Siria e araba, che si propagò in particolare nell’Europa occidentale, con epicentro a Roma.
Tutte e tre le tradizioni fanno riferimento a fratelli gemelli abilissimi nella scienza ed arte medica. I due dottori erano in grado di operare prodigiose guarigioni. Uno dei miracoli più famosi, tramandati dalla tradizione, fu quello di aver sostituito la gamba ulcerata di un loro paziente con quella di un etiope morto poco prima del loro intervento intercessorio. Proprio grazie alle loro doti e arti mediche divennero, fin da subito, santi protettori dei medici e dei farmacisti.
Pare che i due santi martiri fossero originari dell’Arabia, appartenenti ad una ricca famiglia. Il padre, Niceforo, si convertì al cristianesimo dopo la loro nascita, ma morì durante una persecuzione in Cilicia; la madre, Teodota (o Teodora), da più tempo cristiana, si occupò della loro prima educazione. Dopo aver appreso l’arte medica nella provincia romana di Siria, praticarono la loro professione nella città portuale di Egea.
Secondo la loro Passio, tuttavia, in una sola occasione era stata elargita ai santi una ricompensa, di tre uova nelle mani del fratello minore Damiano, da parte di una contadina, Palladia, un’emorroissa, miracolosamente guarita. Cosma era rimasto così deluso e mortificato per quel gesto, da esprimere la volontà che le sue spoglie fossero deposte, dopo la morte, lontane da quelle del fratello.
Durante le persecuzioni dei cristiani promosse dall’imperatore illiro-romano Diocleziano (284 – 305) furono fatti arrestare dal prefetto di Cilicia, Lisia. Subirono un feroce martirio, così atroce che su alcuni martirologi è scritto che essi furono martiri cinque volte. I supplizi subiti da Cosma e Damiano differiscono secondo le fonti storiche. Per alcune furono sottoposti alla lapidazione, ma le pietre rimbalzarono contro i soldati; per altre furono crudelmente fustigati, crocefissi e bersagliati dai dardi, ma le lance rimbalzarono senza riuscire a fare loro del male. In altre cronache si narra che furono gettati in mare da un alto dirupo con un macigno appeso al collo, ma i legacci si sciolsero e i fratelli riuscirono a salvarsi e, ancora si racconta, che vennero incatenati e messi in una fornace ardente, senza venire bruciati.
Furono decapitati insieme ai loro fratelli in Cristo, Antimo, Leonzio ed Euprepio, nella città di Cirro, nei pressi di Antiochia, una delle metropoli più grandi dell’antichità. La spada, che secondo la tradizione sarebbe servita per la decapitazione dei santi Cosma e Damiano, è conservata nel tesoro del duomo di Essen, in Germania.
La loro fama di santità prese a diffondersi già in vita, ma dopo il loro martirio ebbe una propagazione straordinaria in ogni luogo toccato dal cristianesimo. Subito dopo la loro uccisione in odium fidei, coloro che avevano assistito al macabro spettacolo vollero dare degna sepoltura ai due fratelli che tanto bene avevano elargito durante la loro esistenza, cercando anche di rispettare la volontà di Cosma circa la separata sepoltura; ma ciò fu loro impedito da un cammello che, secondo i racconti, acquisì la capacità di parlare e disse che Damiano aveva accettato quella ricompensa solo perché mosso da spirito di carità: «Nolite eos separare a sepoltura, quia non sunt separati a merito», ovvero: non si dovevano separare nella sepoltura, in quanto uguali nel merito. I presenti diedero dunque sepoltura ai loro corpi deponendoli l’uno a fianco dell’altro: noto, a questo proposito, è il dipinto, a tempera su tavola, del Beato Angelico, conservato nel Museo nazionale di San Marco a Firenze. Faceva parte della predella con le Storie dei santi Cosma e Damiano della Pala di San Marco, oggi divisa tra più musei.
La scena ripresa dal Beato Angelico mostra al centro il sepolcro di Cosma e dei seguaci Antimo, Leonzio ed Eupreprio, mentre Damiano sta venendo portato via, ma il cammello, dalla cui bocca esce un cartiglio con la miracolosa rivelazione arresta gli addetti al trasporto. Ai lati delle salme pronte per essere interrate, si trovano i sacerdoti e altri partecipanti al funerale. La scena sembra ambientata in piazza San Marco, proprio sullo sfondo della chiesa di San Marco e del convento di San Marco per cui la pala era destinata, in genere datata non oltre il 1440, mentre i pannelli della predella probabilmente vennero completati non oltre il 1443.
Sullo sfondo una superficie piatta e parallela al piano frontale fa da fondale su cui risaltano le figure. Straordinaria è la luce, come in altri dipinti dell’Angelico, che unifica l’intera scena con toni tenui e cristallini e con un efficace modellato dei volumi tramite il chiaroscuro.
Il culto dei santi Cosma e Damiano, invocati come potenti taumaturghi viene attestato dal vescovo di Cirro, Teodoreto nel V secolo, il quale parla della divisione delle loro reliquie, inviate alle numerose chiese già sorte in loro onore, a Gerusalemme, in Egitto, in Mesopotamia. L’imperatore Giustiniano I e il patriarca Proclo dedicarono ai santi una basilica di Costantinopoli che divenne meta di numerosi pellegrinaggi. A Roma, papa Felice IV, nel VI secolo, edificò, sul sito dell’antico Templum Romuli e della Bibliotheca Pacis, una basilica a loro intitolata e ne favorì il culto in opposizione a quello per i pagani Castore e Polluce. I crani dei martiri vennero traslati da Roma nel X secolo e portati a Brema, in Germania: nel 1581 Maria, figlia dell’imperatore Carlo V, li donò alla chiesa del convento delle Clarisse di Madrid. Altre reliquie sono venerate anche nella chiesa di San Michele Arcangelo a Monaco di Baviera dove, in base all’iscrizione sul reliquiario, vennero qui poste nel XV secolo. Altre loro reliquie si trovano sparse in diversi luoghi, compreso nel territorio italiano, che venera i due gloriosi martiri solennemente e in più comuni, uno dei quali porta pure i loro nomi.
La tradizione cattolica stabilì la memoria liturgica il 27 settembre, forse con riferimento alla dedicazione della basilica romana, secondo il calendario tradizionale; mentre Paolo VI la spostò al 26 settembre, rendendone il culto facoltativo.
A Firenze i santi Cosma e Damiano furono patroni della famiglia de’ Medici e la loro presenza simboleggiò quasi sempre una commissione medicea: fra gli artisti interpellati per raffigurare i due santi, oltre il Beato Angelico di cui abbiamo già parlato, anche Donatello e nella Sagrestia Nuova allievi di Michelangelo Buonarroti hanno realizzato le loro sculture, collocate intorno a una statua della Vergine Maria, eseguita dallo stesso Michelangelo.