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San Gregorio di Nazianzo, “poeta” di Dio

Storia23 Novembre 2018
Testo dell'audio

«Il Verbo stesso di Dio, colui che è prima del tempo, l’invisibile, l’incomprensibile, colui che è al di fuori della materia, il Principio che ha origine dal Principio, la Luce che nasce dalla Luce, la fonte della vita e dell’immortalità, l’espressione dell’archetipo divino, il sigillo che non conosce mutamenti, l’immagine invariata e autentica di Dio, colui che è termine del Padre e Sua Parola, viene in aiuto alla sua propria immagine e si fa uomo per amore dell’uomo.

Assume un corpo per salvare il corpo e per amore della mia anima accetta di unirsi ad un’anima dotata di umana intelligenza. Così purifica colui al quale si è fatto simile. Ecco perché è divenuto uomo in tutto come noi, tranne che nel peccato.

Fu concepito dalla Vergine, già santificata dallo Spirito Santo nell’anima e nel corpo per l’onore di suo Figlio e la gloria della verginità. (…). Colui che dà ad altri la ricchezza si fa povero. Chiede in elemosina la mia natura umana perché io diventi ricco della sua natura divina. E colui che è la totalità, si spoglia di sé fino all’annullamento. Si priva, infatti, anche se per breve tempo, della sua gloria, perché io partecipi della sua pienezza. Oh sovrabbondante ricchezza della divina bontà!».

Queste stupende parole sono di Gregorio di Nazianzo, uno dei Padri della Chiesa maggiormente ricordati, anche conosciuto nella tradizione posteriore come “Gregorio il Teologo”. Difatti suo merito particolare fu di approfondire e trattare il tema teologico, attraverso uno stile sublime, che gli renderà una meritata fama in vita quanto in morte.

Una vita intensa e sofferta

Nato egli ad Arianzo, nei pressi di Nazianzo, nel 329, il padre, vescovo della città, lo spinse ad ordinarsi sacerdote controvoglia («mi piegò con la forza», scrive egli nella sua autobiografia), in giovane età, consacrandolo egli stesso quale chierico.

Egli fu stretto amico di Basilio, conosciuto negli anni trascorsi a Cesarea di Cappadocia e durante la permanenza ad Atene, dove trascorsero insieme il periodo di studi, fin quando Basilio stesso non fondò una comunità monastica ad Annisoi, nel Ponto.

Dopo un periodo di allontanamento da Nazianzo in seguito all’ordinamento sacerdotale forzato, egli ritornò e il suo fidato amico lo volle eleggere vescovo di Sasima. Non sentendosi adatto al compito, Gregorio si sentì tradito nella fiducia, rifiutando la carica assegnatagli.

Difatti l’amicizia intensa tra Gregorio e Basilio fu spesso contraddistinta da tensioni, che però ragionevolmente non turbarono mai l’affetto fraterno che i due provavano reciprocamente, tanto da indurre il santo nazianzeno a scrivere «sembrava che fossimo un’anima sola in due corpi».

In seguito egli verrà nominato vescovo di Costantinopoli, capitale dell’Impero, e si trovò a dover fronteggiare il pericolo ereticale dell’arianesimo, che condannò fermamente con le famose Orazioni teologiche, cinque discorsi pronunciati nella città imperiale con i quali diede prova di grande maestria e padronanza dell’arte retorica.

La sua abilità oratoria fu così rinomata tra gli abitanti di Costantinopoli da riuscire a polarizzare il massimo dell’interesse degli stessi, sottraendo molte anime all’influenza dell’eresia.

Dopo la morte per malattia del suo grande amico Basilio nel 379, alla quale non poté assistere, egli presiedette il Concilio di Costantinopoli del 381, succedendo in questa compito a Melezio che, venuto a mancare, aveva potuto guidare solo la prima parte del Concilio stesso.

Nonostante la sua autorità però, fu amareggiato da ostilità e incomprensioni di varia natura, in primis l’accusa di occupare illegittimamente la sede di Costantinopoli, essendo egli stato nominato precedentemente vescovo di Sasima, tanto da doversi ritirare nuovamente a Nazianzo, trasferendosi successivamente ad Arianzo.

«Addio, augusta basilica, addio, Santi Apostoli (…) Addio, cattedra pontificale. Addio celebre città, eccelsa per l’ardore della fede e l’amore verso Gesù Cristo. Addio, Oriente e Occidente, per i quali ho tanto combattuto, e che mi avete esposto a tante battaglie. Addio, miei figli, conservate l’eredità che vi è stata affidata. Ricordatevi delle mie sofferenze e che la grazia di nostro Signore Gesù Cristo sia sempre presso di voi».

Furono queste le parole, certamente proprie di un uomo angustiato e amareggiato dalle tribolazioni, con le quali si congedò dal concilio e si ritirò dall’attività ecclesiastica.

Il più grande poeta cristiano di lingua greca

Quest’ultimo periodo della sua vita fu caratterizzato da un ripiegamento intimistico che, se da un lato sicuramente derivava dalla riflessione sulle sventure e i malanni che ne avevano segnato la vita, dall’altro alimentò la sua attività letteraria. Egli era a tutti gli effetti un animo sensibile e una personalità colta, e queste sue caratteristiche si riversarono abbondantemente nelle sue opere.

L’opera completa che ci ha lasciato si compone di lettere e poemi. Se nelle lettere ci è dato di riscontrare le sue peculiarità caratteriali, e di apprezzarne la nobiltà dello spirito, manifestatasi attraverso tutti i rapporti di amicizia che intratteneva con molti uomini del suo tempo, e che erano i suoi corrispondenti epistolari, così nei poemi ci è possibile meditare su profonde opere teologiche e dottrinali attraverso però uno stile sicuramente tra i più aulici e gradevoli della poetica di quell’epoca.

Gregorio seppe quindi conciliare armonicamente i temi della meditazione cristiana con i canoni estetici della tradizione letteraria classica. Egli è stato senza dubbio alcuno il più grande poeta cristiano di lingua greca. Scrisse anche un componimento poetico autobiografico, che per molti aspetti anticipa quello che sarà Le Confessioni di Agostino.

Gregorio morì nel 390 ad Arianzo, ascendendo beatamente al Cielo per incontrare Cristo, Colui che aveva definito, come abbiamo ricordato all’inizio:

«(…) il Principio che ha origine dal Principio, la Luce che nasce dalla Luce, la fonte della vita e della immortalità, l’espressione dell’archetipo divino, il sigillo che non conosce mutamenti».

 

Questo testo di Orazio Maria Gnerre è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

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