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Questo è il giorno che ha fatto il Signore

Liturgia28 Maggio 2020
Testo dell'audio

Il tempo di Settuagesima, in senso lato, cioè i giorni dalla Domenica Settuagesima fino a Pasqua, significava per i liturgisti medioevali il ricordo della cattività dei settant’anni, quando gli ebrei sedevano sulle rive dei fiumi di Babilonia e piangevano al ricordo della loro patria Sion. L’esilio babilonese, a sua volta, è un’immagine della vita terrena, in cui, lontani dal volto del Signore, peregriniamo col desiderio della piena libertà dei figli di Dio nella Gerusalemme Celeste. Tutti quei giorni in cui l’Alleluia è muta, appartengono al tempo di Settuagesima, che ci ricorda in primo luogo la cattività babilonese e poi la nostra vita nella terra straniera di questo mondo.

Solamente in senso stretto si può mettere anche la settimana di Pasqua in una certa relazione al periodo di Settuagesima, in quanto il sabato è l’ottavo giorno che raffigura il riposo eterno e la celeste libertà dei figli di Dio. Con la festa pasquale la Chiesa celebra la gloria e la bellezza del Redentore risorto, come anche la resurrezione spirituale dei battezzati dalla morte del peccato alla vita della grazia.

Il concetto di questa festa trova la sua espressione e sviluppo più pregnanti nella liturgia dell’Ottava, che è solamente un prolungamento della solenne celebrazione pasquale; una giornata festosa, come sempre ripete l’antifona del Graduale, “Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso!” Con riferimento simbolico alla guida e liberazione del Popolo Eletto del Vecchio Testamento, si mettono davanti agli occhi dei neobattezzati i ricchi effetti di grazia del sacramento ricevuto. Questi effetti della grazia troveranno il loro completamento e culmine quando i fedeli, dopo il pellegrinaggio di questa vita, potranno entrare nel Regno della gloria.

Il sabato in cui termina la celebrazione dell’Ottava di Pasqua, l’Introito della Messa già annuncia come Dio conduce fuori dalla terra dell’esilio il Suo popolo e i Suoi eletti (Sal. 104,43) e li introduce nella dimora dell’eterna letizia: in questa maniera Egli prefigura la fine del nostro esilio sulla Terra.

Queste considerazioni sono in perfetta armonia con quelle regole secondo cui il Graduale andava cantato di preferenza durante tutta la settimana di Pasqua perché la liturgia di questi giorni dava una particolare attenzione ai neobattezzati: si doveva ricordare loro che la gioia sarebbe divenuta piena solo una volta giunti nella Sion celeste, vedendo e possedendo Dio. L’antica prassi battesimale è ormai cessata da molto tempo, ma il Graduale è rimasto ancora durante la settimana di Pasqua. Sabato cessa e l’Alleluia maggiore prende il suo posto, dando così inizio al “Tempo Pasquale”.

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