Quel dipinto del Sacro Cuore di Gesù opera di una monaca visitandina

Sono trascorsi ben duecento anni prima di giungere alla piena devozione del Sacro Cuore di Gesù, che si festeggerà fra alcuni giorni, venerdì 19 giugno.
La pubblicazione della Vie abrégée (la Vita breve) di santa Margherita-Maria Alacoque (1647-1690), scritta da Padre Croiset, fu messa all’Indice e quella di Monsignor Languet, nel 1729, suscitò reazioni sarcastiche. Disprezzo e scherni colpirono i centri di devozione dove i seguaci della santa di Paray-le-Monial resistettero: gli eretici giansenisti, gli ingegni eletti e perfino i vescovi si opposero con sdegno ai sostenitori di quella che essi chiamavano beffardamente «teologia muscolare».
Critiche più moderate emersero nello stesso Ordine della Visitazione a cui apparteneva la mistica nata a Verosvres (Charolais), in quanto diffidente nei confronti di un culto nuovo e non istituito dai fondatori, i santi Francesco di Sales e Giovanna Francesca Frémiot de Chantal. Alcuni erano poi compiaciuti nel poter suggerire che dietro un tale culto si nascondessero i Gesuiti.
Nonostante tutto ciò la devozione proseguì il suo lento corso, sviluppandosi in modo graduale attraverso le immagini, i libri, le prediche, gli altari consacrati, i santuari, le confraternite. Dieci anni dopo la morte di santa Margherita-Maria Alacoque, tutti i conventi della Visitazione in Francia, a Friburgo, a Napoli, a Vienna e in Polonia, avevano introdotto la devozione al Sacro Cuore di Gesù e la confraternita di Digione contava 13.000 membri in tutta Europa. Nel 1697 la Sacra Congregazione dei Riti di Roma dovette emettere un decreto con il quale si accordava «ai monasteri della Visitazione la messa delle cinque piaghe per la festa del Sacro Cuore».
Fu un evento tragico ad accelerare la diffusione popolare del culto: trecento anni fa, nel 1720, un’epidemia di peste colpì Marsiglia. Il Vescovo del luogo, Monsignor de Belsunce, spinto dalla visitandina Anne-Madeleine de Rémusat, decise di organizzare una solenne processione per la riparazione dei peccati nelle strade della città e di dedicare l’intera diocesi al Sacro Cuore di Gesù. Anche l’anno dopo venne celebrata questa festa a cui il popolo assistette in lacrime… e il flagello ebbe termine.
Ma la peste ricomparve nel 1722. Questa volta le stesse autorità cittadine fecero un voto solenne per celebrare il Sacro Cuore e di nuovo l’epidemia cessò, fu così che la devozione si propagò per tutto il Sud della Francia. Verso la metà del XVIII secolo si contavano più di mille congregazioni dedicate al Sacro Cuore di Gesù, mentre crescevano di anno in anno i pellegrini nel convento visitandino dove la mistica Alacoque aveva avuto le apparizioni di Cristo e del Suo Cuore.
Tuttavia, Roma continuava a conservare dubbi, nonostante le suppliche provenienti dal Re della Polonia e dal Re di Spagna. La reticenza delle alte gerarchie della Chiesa era dettata dal rispetto umano, lo stesso che ai nostri giorni continua a far dimenticare il rispetto per Dio, infatti la parola «cuore» creava timori e perplessità per il rischio di scontentare i filosofi del tempo. Gli schernitori dei sentimenti di Cristo nei confronti dei figli di Dio mettevano in soggezione molti alti prelati, così come accade ora, e ora come allora oltre ai filosofi pure i preti si fanno beffe della devozione all’ardente Cuore di Cristo, ma «paziente e misericordioso è il Signore, / lento all’ira e ricco di grazia […] Il Signore è vicino a quanti lo invocano,/ a quanti lo cercano con cuore sincero./ Appaga il desiderio di quelli che lo temono, / ascolta il loro grido e li salva. / Il Signore protegge quanti lo amano, / ma disperde tutti gli empi» (Salmo 144).
Amare con tutto il cuore il Cuore incarnato del Figlio di Dio significa vivere autenticamente la Fede e non solo assaporarla con l’intelletto, così come fece un’altra visitandina, Madre Luisa Margherita Claret de la Touche (1868-1915), che lascia testimonianza sublime del suo amore per il Sacro Cuore nel dipinto custodito nella chiesa di Betania del Sacro Cuore a Vische Canavese (Torino).
Nel 1902, in una interiore ispirazione, la monaca avvertì la presenza di Gesù che le impresse nell’anima lo splendore del Suo volto, nonché l’abbozzo di quelle riflessioni che divennero una vera e propria dottrina sistematica nel suo libro Il Sacro Cuore e il Sacerdozio.
Nel mese di novembre sua mamma andò a trovarla perché preoccupata degli accadimenti legislativi della Francia liberale ai danni della Chiesa e richiese alla figlia, dal talento artistico, un quadro del Sacro Cuore di Gesù. Ottenuto il permesso dalla Superiora, suor Luisa Margherita si mise all’opera, traducendo iconograficamente) ciò che lei aveva misticamente visto alcuni mesi prima.
Dopo l’emigrazione della Visitazione di Romans, dove il suo Ordine era perseguitato dalle autorità francesi, Madre Luisa Margherita con la postulante Margherita Reynaud si stabilì a Vische per dare inizio a una nuova fondazione, datata 19 marzo 1914. Al fine di adornare la povera cappella, occorreva un quadro del Sacro Cuore. Fu così che il dipinto donato anni prima, giunse a Vische, dove si trova tuttora.
L’opera riconduce alla genuina Arte sacra cattolica, sia nei suoi connotati pittorici, che dottrinali. Il volto di Cristo richiama quello sindonico. Gli occhi paiono scrutare in profondità chi lo guarda. Attorno al sacro capo c’è una duplice aureola: una formata da una corona di spine, l’altra ornata da tre gigli con la scritta Misericordiam volo. Cristo è dolce e maestoso allo stesso tempo. Egli appoggia la mano sinistra sul torace: il pollice sul Cuore, mentre l’indice sfiora il lembo della tunica aperta (a forma di cuore) sulla piaga del costato. Gesù si manifesta quindi come il compimento della profezia di Zaccaria: «Guarderanno a colui che hanno trafitto» (Gv 19, 37). È la ferita del costato che qui rivela l’Amore infinito del Cuore di Cristo, diventando sorgente di Misericordia.
La raffigurazione richiama la maestà del Sommo Sacerdote, del Pontefice eterno, del Tempio vivente, del divino sacrificatore di se stesso: dal suo costato continua a stillare sangue – così come dalla piaga della mano – sull’umanità e in particolare sui sacerdoti, «le onde vivificanti dell’Amore Infinito» per usare una definizione della pittrice consacrata e autrice di mirabili pagine a difesa della santa identità sacerdotale, scritti più attuali che mai.
Nel 1765 la Santa Sede permise ad alcune diocesi in Polonia e in Spagna la celebrazione della festa del Sacro Cuore. Dovettero però trascorrere cento anni ancora prima che il culto assumesse una dimensione nazionale in Francia e quindi internazionale, simboleggiato dalla costruzione della Basilica di Montmartre a Parigi. Le cerimonie che qui si svolgevano rendono bene lo spirito che ispira realmente questa devozione: una lunghissima processione illuminata da fiaccole e da inni sacri terminava ai piedi dell’altare della Basilica, dove erano deposti pentimento e riparazione per i peccati.