Opere di pietà per le anime purganti

Le più consolanti opere di pietà, come la preghiera, la comunione, le elemosine, portano impresso questo carattere soddisfattorio, poiché la corruzione e fiacchezza della nostra natura è tale, che non v’è opera buona per quanto felice e consolante, che non ci costi un poco di sacrificio e spesso anzi moltissimo, sicché vi si rivela sempre un carattere penitenziale ed espiatorio. Che se il fervore della carità toglie alle nostre opere il primo carattere e ce le rende facili, esse, non sono perciò meno soddisfattorie, dice S. Tommaso che anzi, invece di diminuire, questa virtù soddisfattoria s’aumenta a cagione della carità più perfetta con la quale noi allora operiamo (In suppl. 3 p., q. 15, art. 2). Ciò posto, qual sarà nelle nostre opere buone la parte che possiamo applicare alle anime purganti?
Non possiamo ceder loro il nostro merito, il quale ha un carattere d’inalienabilità assoluta. Quanto al valore impetratorio delle opere buone, i teologi sono comunemente d’accordo nell’affermare che si possa applicare a vantaggio delle anime del Purgatorio. Infatti se possiamo coi nostri atti virtuosi ottenere grazie e favori celesti ai nostri fratelli viventi, perché non lo potremo verso i defunti?
Se possiamo digiunare per ottenere la guarigione di un malato, perché non potremo fare altrettanto per ottenere il sollievo e la liberazione d’un’anima che ci è cara? Tutti convengono poi nell’affermare che noi possiamo cedere a profitto delle anime purganti la parte soddisfattoria delle nostre opere, e precisamente in questo consiste l’offerta di cui si tratta. Quest’offerta è un atto di carità purissima, in forza del quale ci priviamo di soddisfare per noi stessi, non potendo, come la ragione c’insegna, pagare colla stessa somma due debiti in una volta.
Nondimeno riteniamo che anche facendo questa generosa cessione, noi non perdiamo nulla; poiché quest’atto eroico di carità, accrescendo considerevolmente il merito dell’opera nostra, accresce pure la ricompensa a questa riservata; e siccome il più piccolo grado di gloria nel cielo dura eternamente, perciò non avrà proporzione alcuna colle sofferenze del Purgatorio, che per quanto lunghe e dure possano essere, son sempre limitate ad un dato tempo.
In secondo luogo, restano a nostro vantaggio le indulgenze della Chiesa, destinate a pagare i nostri debiti verso la divina giustizia, e quella disposizione caritatevole in cui ci pone questo dono delle nostre opere ai defunti, la quale è attissima a farcene ottenere il merito nella sua integrità. Inoltre le anime che avremo in tal modo suffragate, diremo, quasi a nostre spese, ci assisteranno e ci proteggeranno in vita ed in morte, e dovremo forse alle loro efficaci preghiere se sfuggiremo all’Inferno meritato coi nostri peccati. Finalmente Iddio, che non si lascia mai vincere in generosità, ricompenserà la nostra larghezza concedendoci grazie più abbondanti, che varranno a farci evitare molti peccati e risparmiarci così molti anni di Purgatorio.
Queste considerazioni sono confermate da un’apparizione di nostro Signore ad una pia vergine per nome Geltrude, raccontata da Dionigi Certosino. Questa santa fanciulla, che aveva l’abitudine di offrire quotidianamente tutte le buone opere della giornata a vantaggio delle anime del Purgatorio, venuta a morte fu assalita fieramente dal demonio che, facendola disperare della sua salvezza, le andava dicendo: Stolta e presuntuosa che fosti nello spogliarti di tanti meriti a vantaggio altrui! Fra breve te ne pentirai quando sarai tormentata dai più orribili supplizi, mentre io riderò dei tuoi tormenti. Che bisogno avevi tu di prodigare in tal modo i tuoi meriti a vantaggio di chi t’era straniero? Fu l’orgoglio che t’accieca, ma ben caro lo pagherai!
A tali insinuazioni quell’anima pia, gemendo e desolandosi, andava gridando: – Me infelice! me infelice! Fra pochi istanti andrò a render conto a Dio di tutte le mie azioni, senza aver nulla di buono serbato per me! Ohi che tremendo purgatorio mi aspetta senza speranza di sollievo e di consolazione! – Il Signore però non volendo lasciare in tanta angoscia la sua serva fedele, apparendole pieno di maestà e dolcezza, le disse: – Perché tanto ti affliggi, o mia figlia? Sappi che la tua carità mi riuscì così gradita, che io ti condono fin da questo momento tutte le pene che ti erano riservate, e siccome ho promesso il centuplo a coloro che obliano se stessi per amore dei loro fratelli, così col centuplo aumenterò la tua ricompensa nel cielo: Sappi poi che tutte le anime da te salvate verranno fra breve ad incontrarti per introdurti nella celeste Gerusalemme. – Alla quale consolante assicurazione la pia vergine sentì dissiparsi ogni tristezza, e, raccontato l’accaduto alle persone che la circondavano, col sorriso de’ predestinati sulle labbra andò a ricevere la ricompensa della sua eroica carità.