Nuova offensiva mondiale contro la vita nascente

Pro-life attenti! Dagli Stati Uniti all’Europa all’Asia è in atto una nuova, feroce offensiva contro la vita nascente.
Un gruppo di militanti pro-life, legati al Cmp-Center for Medical Progress, è stato condannato dal tribunale di San Francisco a versare a Planned Parenthood una multa record da 2,2 milioni di dollari, in quanto giudicato “reo” di aver diffuso immagini abusive riguardanti il raccapricciante commercio d’organi provenienti da feti abortiti, gestito dalla multinazionale dell’aborto.
I video, ottenuti mediante telecamere nascoste, mostrano i responsabili di Planned Parenthood discutere a pranzo di prezzi dei vari tessuti organici e di pratiche illegali, quali quella dell’aborto a nascita avvenuta, eseguita per esser certi di poter estrarre il più possibile gli organi intatti e poi venderli ai centri di ricerca, facenti richiesta.
Le immagini raccolte dai coraggiosi militanti pro-life hanno scatenato ovviamente un vero e proprio scandalo e consentito al Congresso americano di avviare un’indagine, per capirne di più. Indagine, conclusasi con un dossier di 471 pagine su questa sorta di mercato degli orrori, contenente pesantissime accuse nei confronti di Planned Parenthood, in merito alle quali il Dipartimento di Giustizia ha in corso un’inchiesta.
Nonostante la gravità dei crimini emersi, però, gli autori dei video, anziché esser ringraziati d’aver lanciato l’allarme e d’aver provato così quel che realmente accada, sono stati trascinati in tribunale, davanti alla corte presieduta dal giudice William Orrick, che peraltro si è scoperto aver avuto legami con Planned Parenthood. Questi ha respinto la richiesta di ricusazione avanzata dalla difesa, impedito ad esperti-chiave di testimoniare in aula, proibito che alcuni video venissero mostrati alla giuria, invitandola a concentrarsi solo sui danni provocati dalla diffusione di queste immagini alla multinazionale abortista.
Peter Breen, avvocato della difesa, ha già preannunciato di voler ricorrere in appello, in quanto i propri assistiti avrebbero fatto ricorso semplicemente a «tecniche standard del giornalismo d’inchiesta, utilizzate regolarmente dai media di tutto il mondo», ciò senza cui non sarebbe mai emersa «l’attività criminale commessa da uno dei più grandi fornitori di pratiche abortive» al mondo.
Brutte notizie, intanto, anche dall’Europa: in Gran Bretagna, il Partito laburista ha annunciato di voler depenalizzare totalmente l’aborto, in caso di vittoria dopo il voto del prossimo 12 dicembre: «Difenderemo i diritti riproduttivi delle donne», recita un comunicato diffuso. L’obiettivo è quello di abrogare i punti più qualificanti della Legge sui delitti contro la persona del 1861, rendendo addirittura superflue le amplissime eccezioni introdotte con la normativa sull’aborto del 1967. Secondo Catherine Robinson di Right to Life, questa proposta non avrebbe il «sostegno delle donne»: secondo i sondaggi, solo l’1% di loro sosterrebbe la facoltà di abortire sino al momento della nascita.
Se passasse l’ipotesi dei laburisti, il Regno Unito si ritroverebbe in materia la normativa più estremistica al mondo, il che la allontanerebbe dal resto dell’Europa, dove in media è consentito interrompere la gravidanza sino alla 12ma settimana.
Di certo, la questione sarà inserita comunque nell’agenda del prossimo esecutivo e, su questo tema, si preannuncia battaglia. Sul Catholic Herald i laburisti hanno promesso «un’ampia consultazione pubblica» in merito, ma l’impressione è che, in realtà, loro abbiano già scritto la bozza di legge e, con essa, anche la sentenza di morte per altri, tanti, troppi bimbi nel grembo delle proprie madri.
Dall’altra parte del globo, intanto, dall’Asia ed, in particolare, dalla Cina giungono notizie terrificanti: il documentario One Child Nation, proposto dalla Bbc, ha raccolto interviste a funzionari ed addetti alla pianificazione familiare, per mostrare gli orrori prodotti nel Paese comunista dalla politica del figlio unico, dalle campagne di sterilizzazioni forzate e dalle pratiche abortive di massa, raccontando i drammi di donne torturate su scala industriale ed i danni provocati alle famiglie, cui sono stati sottratti i figli, piazzati negli orfanotrofi e adottati all’estero.
Un’ostetrica ha raccontato di aver praticato, da sola, «tra i 50 ed i 60 mila interventi, tra sterilizzazioni forzate ed aborti. Ho indotto molti parti, quando i bambini sopravvivevano, per ucciderli – ha dichiarato – Durante gli aborti le donne piangevano, si dibattevano, impazzivano. Mi tremavano le mani mentre lo facevo. Ma non avevo scelta, questa era la politica del governo». Ora si occupa solo di pazienti con problemi di infertilità ed aggiunge: «Voglio pagare per i miei peccati. Qualcuno dirà che non è stata colpa mia, perché questo era il mio lavoro. Ma sono stata io ad uccidere, sono stata io quella cattiva».
Si noti come l’associazione per la pianificazione familiare cinese, l’ente statale responsabile di tutto ciò, aderisca all’Iffp-International Planned Parenthood Federation. Anche qui, ancora loro…