Non enim sciunt quid faciunt

Coloro che sostengono l’opinione più severa sembra che si lascino sopraffare dalla considerazione del male nel mondo e della giustizia divina nei suoi confronti, senza riflettere abbastanza; che gli uomini furono creati per un piano di sconfinata misericordia e di sapienza divina, il quale sembrerebbe destinato a fallire, qualora il numero degli eletti non superasse quello dei reprobi; che per dare nuovo assetto ai disegni di Dio, sconvolti dal peccato, Iddio stesso non solo si è fatto uomo, ma ha lavato il mondo col suo Sangue prezioso, ed è morto aprendo le braccia sulla croce e implorando il perdono del Padre perfino sui suoi crocifissori; che fiumi di grazie si riversano continuamente sugli uomini, dopo il sacrificio del Calvario, in tutte le epoche della loro vita, in tutti i luoghi; che insieme a tanto male, che del resto colpisce la nostra fantasia assai più del bene, c’è tra gli uomini molto bene; ci si fermi a considerare anche soltanto il bene fatto in seno alla Chiesa, ove per la comunione dei Santi le opere buone tornano a vantaggio di tutti;
che gli uomini, se hanno un inferno che li attende nella vita futura, qualora se ne rendano meritevoli, hanno altresì la loro fornace di fuoco in questa vita, ove, volenti o nolenti, pagano un tributo di espiazione alla inesorabile giustizia divina. Che tanto fuoco e tanto sangue abbiano uno scopo ristretto nel tempo, nessuno riuscirebbe mai a farcelo comprendere. Non è raro il caso in cui gli uomini fanno insieme il male e la penitenza; che la responsabilità morale degli uomini più spesso che non si creda è assai limitata. Le azioni degli uomini sono spesso assai più perverse del cuore che le commette (Faber). Fu scritto che nessuno è tanto santo e tanto perverso come la dottrina che professa. Gesú, che meglio di tutti conosceva il cuore degli uomini, dopo aver implorato il perdono di Dio sui suoi crocifissori, aggiungeva: Non enim sciunt quid faciunt (Luc., 23, 34).
Non è raro il caso di rimanere sorpresi per l’ignoranza di persone che frequentano la chiesa e i sacramenti, immaginiamo ciò che deve essere di quelli che sono sempre stati lontani dalla chiesa o non hanno avvicinato i sacerdoti che in circostanze rarissime; e ciò senza loro colpa. Specialmente ai giorni nostri, questi ultimi sono moltissimi. E ammirabile lo zelo del Clero per penetrare nelle officine, nelle miniere, nei cantieri, nelle industrie, nonostante le gravi difficoltà.
Un numero enorme di creature umane, senza colpa o quasi, vive completamente lontano dalla vita e dai problemi dello spirito. Noi rimaniamo impressionati, ed a ragione, ma Iddio che tutto conosce, giudica molto diversamente da noi; che oltre all’Inferno c’è un Purgatorio, acceso per gli uomini dalla divina giustizia. Confortiamoci perciò con la visione dell’Apostolo, che, trasportato dalla potenza divina nel regno degli eletti, racconta di aver veduto una infinita moltitudine di beati, di tutte le genti e tribù e popoli e lingue, stanti dinanzi al trono e all’Agnello, vestiti di bianche stole, con palme nelle loro mani, cantanti: Salute al nostro Dio che siede sul trono, e all’Agnello (Apoc, 7, 9, 10).
Tuttavia la grande maggioranza di quelli che si salvano, si ferma in Purgatorio. Ciò è ammesso da tutti, dottori e mistici. Nella vita di S. Teresa leggiamo “Osserverò solo – è la Santa che parla – che di tante anime elette da me conosciute in vita, ne ho viste tre sole volare direttamente al cielo senza passare per il Purgatorio: quella del religioso di cui ho parlato nel discorso di questo libro, quella del venerabile Pietro d’Alcantara e quella del padre Domenicano rammentato più sopra (si tratta del P. Pietro Ybanez, uno dei suoi confessori).
Quando si pensa al gran numero di visioni che la Santa ebbe sul Purgatorio durante la sua vita, e alla quantità di anime sante che fiorivano allora nella Chiesa di Dio, questa testimonianza della Santa ci dispensa da ogni ulteriore ricerca. Ma c’è di più: noi vediamo che gli stessi Santi canonizzati dalla Chiesa non vanno sempre esenti dalle pene del Purgatorio.
Si legge nelle opere di S. Pier Damiani che San Severino, Arcivescovo di Colonia, quantunque fosse stato in vita pieno di zelo apostolico e adorno di straordinarie virtù, dovette tuttavia rimanere per qualche tempo in quel luogo di pene. La storia riferita da S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi (Libro IV, cap. 40) circa il santo Diacono Pascasio è davvero, stranissima, poiché dopo la morte di costui, la sua dalmatica distesa sul feretro avendo operato molti miracoli, non c’era dubbio che egli si dovesse trovare tra i beati comprensori del cielo; eppure come rivelò egli stesso a S. Germano di Capua, gli rimaneva da fare una lunga espiazione in Purgatorio.
Dopo tutto questo chi potrebbe mai lusingarsi di sfuggire a quella pena? Approfittiamo almeno delle sofferenze della vita presente offrendole a Dio in espiazione delle nostre colpe, onde voglia il Signore misericordioso abbreviare il nostro soggiorno nel carcere tremendo del Purgatorio.