Maguzzano, tesoro nascosto

L’abbazia di Maguzzano è un antichissimo complesso, che sorge su di una collina del Garda, in Comune di Lonato. Sconosciuta ai più, rappresenta una pietra preziosa avvolta nella dominante, ma elegante architettura rinascimentale, con gli affreschi della bottega del Moretto, uno splendido organo (poi purtroppo smontato e trasferito altrove), méta nei secoli anche di personaggi illustri, spesso insospettabili…
L’abbazia di Maguzzano sorge su una collina morenica del Garda, nel Comune di Lonato, in provincia di Brescia. Tutt’attorno il panorama è incantevole: si estendono ettari di campi con cipressi, pini ed ulivi, da cui i religiosi ricavano ottimo olio. Da qui si ammira, inoltre, uno scorcio incantevole del lago.
La splendida struttura
La chiesa di Maguzzano, d’impianto rinascimentale, è ad una sola navata e presenta diversi affreschi e tele di particolare interesse, oltre ad un crocifisso ligneo del 1620. Non a caso: quando, nel XV secolo, la struttura passò ai monaci dell’abbazia di San Benedetto Po in Polirone, questi decisero di ripristinare l’antico splendore del complesso altomedioevale, arricchendolo con l’elegante chiostro rettangolare, la cui armonia viene scandita da alte colonne, sempre rinascimentali, del 1496.
L’incarico di realizzare gli affreschi, tuttora presenti sulle pareti, fu affidato alla bottega di Alessandro Bonvicino, detto il Moretto (Brescia, 1498 circa-1554), ritenuto addirittura, assieme al Romanino e al Savoldo, uno dei tre più grandi maestri del primo Rinascimento bresciano. Particolari vette artistiche raggiunge la pala dell’altare maggiore con la grandiosa raffigurazione dell’Assunzione della Vergine (circa 1550), che, pur a fronte di qualche incertezza nella parte superiore, probabilmente attribuibile a qualche allievo, nel registro inferiore, quello del mondo terreno, mostra invece, soprattutto nel gruppo degli apostoli, toni di drammaticità tanto elevata, da non potersi ascrivere che all’abile mano del Maestro.
L’antico organo
Nel 1609 l’organo, prima vietato per il rigore liturgico dell’antico monachesimo, fece la propria comparsa presso l’abbazia di Maguzzano. Se ne trova traccia nelle Ordinationes, annotate sul registro originale del monastero del Polirone, oggi conservato presso l’Archivio di Stato di Mantova.
Conferma della presenza di un organo, di autore ignoto, si ricava anche dalla Visita pastorale compiuta dal Vescovo Morosini di Verona il 5 ottobre 1779. Si evince dal verbale: «Vi sono altresì due croci visibili per segno della consacrazione: una nell’andito dietro la cantoria, l’altra alla parte opposta in Organo». Ed anche nell’inventario figura «Altaria 8 cum Organo ex una parte; ex altera Cantoria in Cappella maiore». Lo strumento rimase qui probabilmente fino al 1912, poi dev’esser stato probabilmente smontato e, da allora, la sua destinazione è ignota. Sono rimaste così vuote ed architettonicamente spoglie le due arcate poste in prossimità del presbiterio.
La cassa, in parte, è stata però riutilizzata per costruire la bussola d’ingresso ancora conservata in chiesa e mostra uno schema tipicamente rinascimentale a tre campate con due colonne munite di capitello dorico, sormontate da una trabeazione con sei triglifi fra specchiature in finto marmo rosso e architrave a larghi dentelli modanati. A concludere il tutto provvede un timpano spezzato, che ripete nello spazio interno l’ornato a finto marmo rosso.
Ospiti illustri
Benché sconosciuta ai più, sono stati molti i personaggi illustri, che l’abbazia di Maguzzano, nei secoli, ha avuto modo di ospitare: nel 1553 il card. Reginaldo Pole (1500-1558), uno dei principali protagonisti della Controriforma: qui a Maguzzano svolse un’intensa attività diplomatica e spirituale, affinché l’Inghilterra anglicana tornasse alla Chiesa di Roma. Più o meno nel medesimo periodo qui fu alloggiato anche padre Gerolamo Folengo, più noto come Teofilo Folengo o con lo pseudonimo ch’egli stesso si diede, quello di «Merlin Coccajo» o Merlin Cocai o Limerno Pitocco (1491-1544), padre benedettino noto per le sue opere in latino sia classico che “maccheronico”.
Una fotografia autografata rivela anche la presenza a Maguzzano di un altro ospite famoso, forse per certi versi inaspettato ovvero Gabriele D’Annunzio, che lasciò questa sua immagine ai monaci con tanto di dedica: «À mes chers Frères en le “Fils de l’Homme”, nunc et semper. Maguzzano, 19 settembre 1922». Fu la prima uscita del poeta dopo un grave infortunio, occorsogli il 13 agosto precedente, quando cadde da una finestra del Vittoriale, procurandosi diverse ferite al volto ed una commozione cerebrale. Dopo quella visita, i rapporti fra la comunità trappista ed il Vate rimasero intensi e cordiali, trovando egli profondo conforto nella loro chiesa e nel suo silenzio, chiesa che spesso visitò nottetempo. I Trappisti portarono con sé la foto con autografo, quando, nel 1938, lasciarono l’abbazia per unirsi ai Confratelli di Notre Dame d’Aiguebelle, in Francia.
******
Questo testo di Luigi Bertoldi è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it