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L’Oremus

Liturgia05 Dicembre 2019
Testo dell'audio

In piedi, al lato dell’Epistola, il sacerdote inchina umilmente il capo con reverenza davanti alla croce dell’altare, allarga le mani e le congiunge di nuovo mentre dice: Oremus – “Preghiamo!” Con ciò il sacerdote invita, prima sé stesso e poi tutti i presenti, a pregare assieme. “Preghiamo!” Come l’albero svetta in alto; come la pianta si erge verso la luce; come l’uccello vola nell’aria; come il bambino chiama il padre e la madre: l’uomo, rinato nello Spirito santo, deve pregare nella stessa maniera.

Ma che cos’è la preghiera? Pregare significa pensare a Dio e parlare con Dio; pregare è una devota relazione con Dio, è un pensare a Dio illuminato dalla fede, è un colloquiare con Dio nella forza della Grazia; nella preghiera lo spirito credente si eleva a Dio con un moto di sentimento amoroso verso Lui, la nostra fonte, il punto centrale e il fine ultimo. Noi non vogliamo e non dobbiamo quindi pronunciare delle parole solamente con le nostre labbra, ma innalzare a Dio il nostro spirito e sentimento per venerarLo! Vogliamo aprire il nostro cuore, la nostra anima davanti a Dio, confessare la nostra miseria e debolezza; implorare e aspettare dall’infinitamente Buono e Onnipotente salvezza e aiuto in tutte le necessità!

Questa preghiera dev’essere comunitaria, come suggeriscono i nomi Colletta e Oremus, e il fatto stesso che essa venga enunciata ad alta voce dal sacerdote. Egli prega a voce alta per infondere attenzione ai fedeli affinché anch’essi si uniscano alla preghiera, almeno spiritualmente. La preghiera è l’accompagnamento liturgico del Sacrificio. La migliore, la più ricca benedizione nella celebrazione della messa, da parte dei fedeli, sta nel seguire passo a passo il sacerdote, pregando e offrendo il Sacrificio in unione con lui! Le preghiere liturgiche furono recitate parte in piedi e parte in ginocchio. Sin dai tempi antichi esiste l’uso di pregare all’impiedi durante certe domeniche dell’anno e nel tempo pasquale.

Lo stare in piedi ci deve ricordare la gloriosa Resurrezione del Signore e ammonire in vista della vita eterna. In quei giorni lì l’invito a pregare assieme avveniva – come da sempre – tramite la semplice formula Oremus. Vogliamo pure noi, nel pregare, rimanere in piedi, interiormente però, in cuore, profondamente inclinati al cospetto del Signore. Nei tempi in cui il carattere penitenziale deve apparire più chiaramente, è opportuno esternare l’umiltà e il timore reverenziale del cuore con l’inginocchiarsi. Perciò avviene che, per esempio, nei giorni di Quatember, come anche in altri giorni con numerose lectiones (mercoledì dopo Laetare, mercoledì della Settimana Santa, Venerdì Santo, Sabato Santo e la vigilia di Pentecoste), quasi tutte le orationes inizino con l’invito Flectamus genua (pieghiamo le ginocchia) e con la risposta Levate (“rialzatevi”).

Prima di rivolgerci a Dio con la preghiera del tre volte Santo, vogliamo ancora abbassarci e umiliarci con sentimenti di colpa e peccaminosità, come anche per manifestare un vero sentimento di penitenza e di contrizione del cuore. Qualche volta c’è un doppio Oremus: il primo dichiara per chi e per che cosa si debba pregare; il secondo precede l’orazione vera e propria. Questa forma, di antica origine, è ancora in uso nel Pontificale Romano come anche nella liturgia solenne del Venerdì Santo. In ciò, la Chiesa si mostra madre amorosa di tutto il genere umano poiché essa prega ai piedi della croce per la salvezza del mondo.

Dopo queste introduzioni, fa seguito la Colletta stessa: eccellente per la bellezza e completezza, come anche per la ricchezza e profondità del contenuto. Le Collette sono preghiere impetratorie che hanno come oggetto le innumerevoli difficoltà e necessità dell’anima e del corpo. Noi cerchiamo di ricevere doni e benedizioni di ogni genere e di implorare l’allontanamento di tutti i mali. Le Collette non cercano altro se non ciò che già nel Padre Nostro si impetra; ma le necessità e i desideri del cuore fanno sì che la nostra eloquenza si dispieghi con sempre nuove e pie espressioni.

Così chiediamo la grazia di servire Dio, di lasciare risplendere la luce della fede nelle nostre opere; di arricchirci in buone azioni nel nome di Cristo; di riconoscere i nostri doveri e di essere fortificati nell’adempierli fedelmente; di essere trasformati interiormente e rinnovati in modo conforme all’immagine del Redentore; di essere protetti dalla Sua perenne benevolenza e costanti nel bene; rafforzati nello spirito e nel corpo per superare ogni male; per essere salvati da tutte le sofferenze e afflizioni; per essere protetti da ogni pernicioso errore; per conseguire la benevolenza del Cielo nella purezza spirituale e corporale; preghiamo di aborrire tutto ciò che non è cristiano e conservare la fedeltà ai divini Comandamenti; di amare i Comandamenti di Dio e ambire a ciò che promettono; comprendere il giusto e il perfetto e compierlo; poter servire Dio in una libertà indisturbata; crescere in tutte le virtù; comportarsi piacendo a Dio per giungere alla visione del Suo volto; alla beata estasi di una vita non mondana; per la gioia eterna; alla pienezza della vita eterna; per giungere ai beni celesti.

Ogni Colletta contiene una preghiera speciale. Il motivo per cui si chiede questa o un’altra grazia sta nella diversità del tempo liturgico e della festa, oppure nel motivo e carattere della messa. Nel corso dell’anno liturgico si ripete e rinnova la storia sacra e tutta l’opera della Redenzione.

La Chiesa celebra i misteri di Cristo e della sua Madre benedetta, come anche le commemorazioni dei suoi santi, affinché questi diventino una scuola e una fonte di vita soprannaturale per i sacerdoti e per il popolo. L’anno liturgico, tramite la pienezza delle sue verità e le correnti di grazia che scorrono lungo il suo letto, ci guida e ci mette in grado di utilizzare la brevità del tempo di modo da poter raggiungere la vita beata dell’Eternità. I giorni feriali e quelli festivi, giorni di digiuno e giorni di festa, hanno lo scopo di presentare ripetutamente alla nostra anima – nel corso dell’anno – le diverse verità e circostanze della Redenzione e procurarci sempre nuove grazie.

A questo scopo pratico, il nocciolo dogmatico su cui si basa l’idea della festa e della stagione liturgica viene rivestito e caratterizzato liturgicamente in forma avvincente e diversificata. Per questo motivo sono particolarmente utili quelle parti della celebrazione del Sacrificio che sempre mutano con fresca multiformità: così anche la Colletta, in cui la Chiesa implora quelle grazie di attualità collegate alle diverse celebrazioni del tempo, secondo il regolare svolgimento dell’anno liturgico. Queste preghiere ci aiutano a santificare l’anno, a viverlo interiormente e ad esprimerlo nel nostro comportamento.

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