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L’obbligo della Fede

Catechesi18 Gennaio 2018
Testo dell'audio

Dopo aver esaminato i motivi di credere, vogliamo qui considerare il dovere di credere, anche se questa tematica non appartiene tipicamente al preambolo della Fede.

Citiamo di nuovo il Concilio Vaticano I: “La Fede è una virtù sovrannaturale per mezzo della quale, con l’aiuto e sotto l’ispirazione della divina grazia, crediamo essere veri i misteri rivelati da Dio. Questo non per l’intrinseca verità delle cose intelligibili alla luce naturale della ragione, ma per l’autorità del Dio rivelante che non può né ingannarsi né ingannare”.

Vediamo che ciò che ci induce a credere non è né ragionamento, né l’evidenza dell’oggetto della Fede, bensì la volontà. La spiegazione è che le verità oggetto della Fede non sono evidenti in sé come le verità naturali, per esempio 2+2=4, e dunque non sono sufficienti per spingere l’intelletto all’assenso. C’è bisogno quindi di un atto della volontà per indurre quell’assenso.

San Tommaso d’Aquino descrive l’atto di Fede come “un atto dell’intelletto che assente alla Verità divina sotto l’impero della volontà mossa da Dio mediante la Grazia” (Summa II.II.q. 2.a. 9), dove la volontà possiede il primato e l’intelletto aderisce alla Verità perché lo vuole: quia vult (Contra Gent. I.3 c.40).

La Fede, anche quando non sia conseguenza di ragionamenti, non è per questo irrazionale né un annullamento della ragione, bensì ragionevole. San Paolo la chiama “un ossequio ragionevole” (Rom.12.1). Si crede da un lato all’autorità di Dio Stesso e dall’altro lato all’evidenza dei miracoli, dell’espansione e della santità della Chiesa, nonché della vita, della dottrina e dell’esempio di Nostro Signore Gesù Cristo: in questo senso è ragionevole.

La Fede è libera: si può accettare o no. “Se qualcuno vuole fare la volontà di Dio, lui conoscerà la dottrina”, dice il Signore (Gv.7.17), e beato Ludolfo il certosino commenta: “O discorso pieno di consolazione! Venite dunque, ignoranti che non conoscete la dottrina, per illuminarvi. Dio non chiede che una cosa: la semplice disposizione del cuore: Se qualcuno volesse, conoscerà. Non dite: ‘Non so dove sia la verità, ed ignoro ciò che Dio mi chieda’. Volete e basta! Volete e conoscerete!’ Basta dunque volere: basta volere per avere la Fede, basta volere anche per divenire santi. E dove voglio riporre la mia fiducia, d’altronde, se non in Dio? se non nella Verità assoluta da Dio rivelata?”

Ci sono persone che dicono che vorrebbero credere, ma che non possono. Cosa devono fare? Innanzitutto devono conoscere il contenuto della Fede: principalmente nostro Signore Gesù Cristo Stesso, soprattutto nella Sua Passione. Ricordiamoci della parola di san Giovanni Evangelista (19, 34-35): ‘uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate’. Similmente, dopo il racconto del dubbio e della conversione susseguente di san Tommaso – e come conclusione di tutto il vangelo -, scrive (20. 30-31): ‘Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome’.

Poi devono vivere in un modo che corrisponda alla Fede. Questo, però, può esser loro difficile, perché le persone che fanno fatica a credere sono tipicamente figli del Mondo e il Mondo si oppone diametralmente alla Fede. Per di più, il Mondo è peccaminoso e soggioga i suoi figli ai suoi propri modi di pensare e di agire, ottenebrandone le intelligenze, così che trovano quasi impossibile uscire dal suo dominio o scorgere ‘l’illuminazione del vangelo della gloria di Cristo, che è immagine di Dio’ (2. Cor. 4. 4). Da queste persone viene richiesto un atto coraggioso di volontà, che ammonta ad una vera e propria conversione ovvero il riconoscere che esiste fuori di loro un principio che li supera e umiliarsi e l’assoggettarsi a questo principio, che è niente altro che Dio Stesso.

In tale caso – e anche in generale – occorrono l’umiltà e l’obbedienza per credere. Questa è ‘L’ubbidienza alla Fede’ di cui parla san Paolo (Rom. I.5). Per ciò i superbi ed i disubbidienti non accetteranno la Fede. I Farisei del vangelo riconoscono che Nostro Signore Gesù Cristo è verace e lo dicono anche, ma non Lo accettano; vedono i Suoi miracoli, ma non credono. E gli agnostici, gli atei, gli eretici, che sanno cosa sia la Fede (e non sono semplicemente ignoranti e confusi), ma non la accettano o la rifiutano, non possiedono le virtù dell’umiltà né dell’ubbidienza, ma, come dice il Signore, preferiscono le tenebre alla luce, perché le loro opere sono cattive.

Ma la Fede non è solo una possibilità per tutti, bensì anche un dovere: un dovere per ogni uomo, perché Dio ‘vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità’, che è la Fede (I Tim.2.4). L’uomo non ha il diritto di credere o di non credere o di credere ciò che vuole lui. Non ha neanche il diritto di credere ‘secondo la sua coscienza’ intesa, nel senso sbagliato, dei suoi sentimenti. Piuttosto ha il dovere di credere secondo la sua coscienza intesa nel senso giusto, come un giudizio, come un’applicazione di principi morali oggettivi su un atto concreto, in questo caso sull’atto della Fede. E l’applicazione di questi principi, che deve accettare la Fede.

Per questo, chi non crede, fallisce nel suo dovere. Anzi, come dice il Signore: ‘Chi non crederà sarà condannato’ (Mc.16.16), ed in un altro luogo: ‘Se non credete che Io Sono, morirete nel vostro peccato.’ (Gv.8.24). Sant’Agostino commenta: ‘Cosa bisogna credere? Bisogna credere che Gesù è: ‘quia Ego Sum’, bisogna credere che Egli è Colui Stesso che ha detto a Mosè: ‘Ego Sum Qui Sum’: bisogna confessare la Sua Divinità’.

L’atto di Fede è libero, dunque, e bisogna che sia libero, perché Dio vuole che l’uomo Lo ami; solo un atto libero può costituire l’amore. Difatti, l’atto di amore che è l’atto di Fede illumina la mente con la Verità divina, così che l’uomo in seguito possa amare Dio pienamente e in tutte le cose.

Vediamo che l’atto di Fede è anche un atto di amore; anzi, un atto di sacrificio: un sacrificio di ciò che è la facoltà la più alta e la più nobile dell’uomo, cioè l’intelligenza: è un sacrificio dell’intelligenza a ciò che è ancora più alto e più nobile di essa, cioè la Verità assoluta e definitiva che è Dio Stesso. Questo sacrificio conduce ad un secondo sacrificio, la volontà al Bene assoluto e definitivo che è Dio stesso. E così la Fede conduce alla Carità, che è un sacrificio di tutto ciò che non sia Dio, per santificare l’uomo e per trasformarlo in Dio.

Questo sacrificio dell’intelligenza e della volontà non danneggia l’anima, però, come il sacrificio che fa colui che rifiuta la Fede, che piega l’anima su se stessa e la degrada, al fine di compiere quell’atto che è il più misero di tutti gli atti, che è l’adorazione di se stesso. Piuttosto il sacrificio che è l’atto di Fede porta l’anima alla ‘sua somma e nobilissima elevazione’ – con le parole di padre Tomas Tyn OP (nella foto) -, elevazione che consiste nella sua soggezione totale a Dio.

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