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L’Introito mutabile

Liturgia29 Agosto 2019
Testo dell'audio

Mentre l’immutabile forma dell’Introito costituisce l’introduzione generale a tutta la Messa, l’Introito mutabile, invece, apre in particolare la principale parte mutabile della liturgia della Messa.

Quando viene intonato l’Introito, sembra che una voce solenne echeggi per chiamare a raccolta gli uditori, affinché prendano spiritualmente parte al Santo Sacrificio. L’impressione che genera questo canto cambia secondo i momenti e le feste: esso certamente suona sempre come un invito ad unirsi alla celebrazione ricordando la morte del Signore; ma anche l’entrata del Signore in Gerusalemme [p. 327] suscita nuovi sentimenti, e altri ancora il suo attraversamento del torrente Cedron, benché in ambedue gli episodi la meta fosse la stessa” (Marbach, 109).

A questo punto non si tocca ancora direttamente il Sacrificio: l’Introito deve, in primo luogo, preparare i presenti alla celebrazione del Sacrificio vero e proprio, suscitando in essi santi pensieri, pie aspettative e buoni propositi, così da renderli degni della celebrazione dei Divini Misteri. In modo conforme a ciò, esso è composto da letture e insegnamenti, da cui la fede viene ravvivata e rinforzata; inoltre, dalla preghiera e dal canto, che risveglia e nutre la devozione: fede e raccoglimento sono necessari soprattutto per una santa celebrazione dei Sacri Misteri.

Queste preghiere, canti e letture normalmente mutano, seguendo il progredire e il carattere dell’anno liturgico, perché devono manifestare convenientemente l’idea della liturgia del giorno, o della festa, che è il motivo principale della celebrazione del Santo Sacrificio.

In questa sua forma attuale, l’Introito è un canto tratto da un salmo abbreviato al massimo: è composto di un solo verso, unito al Gloria Patri, che (come solitamente i salmi interi) viene iniziato e concluso con un’antifona. L’antifona è presa soprattutto dal Salterio, qualche volta anche dai libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, o, in pochi casi, composta apposta dalla Chiesa stessa.

Non sempre, ma di solito, all’antifona segue l’inizio, cioè il primo verso di un salmo. Nel tempo gaudioso Pasquale si aggiungono due, e qui e là, anche tre Alleluia. In quelle Messe dove il salmo Iudica manca, si omette anche il Gloria Patri dopo il verso del salmo. Nel Gloria Patri, questa solenne lode della Santissima Trinità, risuona un tono di gioia. Perciò viene esclusa nelle Messe Tempora della Passione e della Settimana Santa, come anche nella Messa Requiem, per significare la dolorosa tristezza e afflizione della Chiesa.

La Messa del Sabato Santo, e la Messa principale della Vigilia di Pentecoste, cioè quella preceduta dalle Profezie (con o senza consacrazione dell’acqua battesimale) non hanno l’Introito. In quei giorni, ai canti, alle preghiere e alle letture seguono le Litanie dei Santi; alla conclusione, mentre il coro intona solennemente il Kyrie, si procede dalla sagrestia verso l’altare per celebrare la Messa Solenne, perciò non è necessario cantare ancora l’Introito.

In questo caso vale ancora oggi la consuetudine medioevale per cui il canto dell’Introito accompagnava l’entrata in chiesa del celebrante. Da molto tempo, invece, vige la regola che l’Introito sia intonato quando il sacerdote, coi suoi chierichetti, ha raggiunto l’altare e ha dato inizio alle preghiere sugli scalini (“Staffelgebet”). Il Graduale Vaticano (1908) ritorna di nuovo all’uso originale e prescrive d’iniziare con l’Introito mentre il celebrante si dirige verso l’altare.

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