L’immutabilità della legge morale naturale

L’ultima volta ci eravamo lasciati parlando del principio di universalità della legge naturale. Oggi, come promesso, vediamo il principio di immutabilità.
IL PRINCIPIO D’IMMUTABILITÀ – Il principio che afferma l’immutabilità della legge naturale deriva immediatamente dal concetto di questa legge: essendo radicata nella natura e, per conseguenza, nell’essenza stessa degli enti, essa deve avere la fissità e la stabilità che appartengono, per definizione, alle essenze. Un’essenza non può essere modificata né intrinsecamente, perché una modificazione intrinseca ne farebbe un’altra essenza (cioè un essere contraddittorio), né estrinsecamente, perché nessuna potenza esterna può far sì che un’essenza acquisti delle proprietà o eserciti un’attività incompatibile o solo priva di rapporto con ciò che essa è. Dal punto di vista soggettivo del diritto, noi diremo dunque che la legge naturale non può essere modificata né dal di dentro, né dal di fuori.
L’IMMUTABILITÀ ESSENZIALE – La legge naturale, quindi, è intrinsecamente ed estrinsecamente immutabile.
- L’immutabilità intrinseca. La legge naturale è intrinsecamente immutabile in quanto impone o proibisce delle azioni che sono buone o cattive, in ragione della natura stessa. La legge che prescrive o condanna queste azioni intrinsecamente buone o cattive non può mai divenire inutile o dannosa, poiché essa esprime ciò che è buono e necessario alla natura in quello che la natura ha di essenziale e, per conseguenza, d’immutabile.
- L’immutabilità estrinseca. Dobbiamo distinguere il caso di abrogazione da quello di sospensione o di modificazione della legge.
Nessuna volontà può abrogare dal di fuori la legge naturale. Dio, infatti, non può volere che una natura agisca contro la legge ch’Egli le ha data, creandola: una tale volontà sarebbe contraddittoria ed assurda. A maggior ragione, nessuna volontà umana ha il potere di abrogare la legge naturale, mancando di potere sulla natura, la quale è ciò che è indipendentemente da ogni volontà finita.
Considerazioni identiche bisogna fare, e per le medesime ragioni, nei casi della dispensa (intesa in senso stretto) e della modificazione della legge naturale: né Dio né l’uomo possono autorizzare l’inadempimento della legge naturale o modificarne i precetti essenziali. Tuttavia può esservi talvolta una dispensa apparente dell’osservanza di certi precetti secondari, in materia cioè di azioni che possono essere definite buone o cattive solo per determinate circostanze o modalità. Così l’atto di uccidere può esser detto intrinsecamente cattivo solo se ingiusto, mentre la menzogna è cattiva di per sé, in qualsiasi condizione: è quindi evidente che se in qualche caso vi è una dispensa materiale dalla legge, formalmente questa sussiste immutabile.
PRECETTI NEGATIVI E PRECETTI POSITIVI – La distinzione tra precetti negativi (o proibitivi) e precetti positivi (quelli che impongono un atto) della legge naturale permetterà di precisare i limiti nei quali la legge naturale deve essere detta assolutamente immutabile e fuori dei quali può esservi dispensa materiale o eccezione.
- Precetti negativi. I precetti negativi obbligano assolutamente, cioè non soffrono eccezione alcuna, in qualsiasi circostanza, quale che sia il pericolo o il male più o meno grande che può risultare dall’osservanza della legge. Il caso dicesi di estrema necessità, se il male consiste nella morte, nella schiavitù o nella privazione totale; la necessità è grave, quando vi è rischio di malattia, di diffamazione, di perdita di beni; allorquando il male temuto è ancora meno importante, la necessità è chiamata comune.
In ogni caso, compreso quello di estrema necessità, la legge naturale s’impone assolutamente nei suoi precetti negativi come in questi casi: «non uccidere ingiustamente»; «non dire falsa testimonianza»; «non bestemmiare». Infatti, gli atti qui proibiti dalla legge naturale sono cattivi nel loro oggetto e nel fine proprio, cioè intrinsecamente, e non possono perciò mutar natura o malizia, quale che sia l’intenzione di chi li compie: mai la menzogna, la bestemmia o l’ingiusto assassinio potranno diventare atti scusabili. Infrangere questi divieti significa andar contro l’ordine morale essenziale e produrre un disordine che nessun bene fisico potrà mai compensare.
- Precetti positivi. Solo i precetti positivi permettono delle eccezioni (o dispense materiali) e ciò per due considerazioni. La prima considerazione è tratta dall’oggetto di questi precetti, oggetto in sé buono e necessario, ma che può diventare indifferente o anche cattivo in ragione delle circostanze. Per esempio, un precetto positivo della legge naturale obbliga a recar soccorso al prossimo in pericolo di morte; ma se per portare aiuto si deve mettere in pericolo la propria vita, e se, d’altra parte, non si è legati da alcun dovere particolare (dovere professionale) verso colui che è in pericolo, questo precetto positivo può facilmente mutarsi in un consiglio che sarà ascoltato solo da un uomo di cuore. Ci sarebbe stretto dovere se l’astensione equivalesse alla trasgressione di un precetto negativo: si desume da ciò che i precetti positivi, per il fatto stesso che implicano la considerazione di circostanze, appartengono sempre alla legge naturale secondaria. Ci renderemo conto ancora della differenza essenziale che vi è tra i precetti positivi e i precetti negativi riguardo all’obbligazione, osservando che i precetti positivi prescrivono gli atti di virtù, mentre i negativi proibiscono il peccato: orbene, è sempre male commettere il peccato, ma non è sempre necessario né addirittura bene compiere questi atti di virtù. La virtù si deve praticare in determinate circostanze e secondo una data maniera, mentre bisogna astenersi sempre dal male. I moralisti sottolineano questa differenza dicendo che i precetti negativi obbligano sempre ed ogni volta (semper et pro semper), mentre i precetti positivi obbligano sempre, ma non ogni volta (semper sed non pro semper).
La seconda considerazione si ricava dal rapporto tra i precetti e il fine ultimo. Con l’osservanza del precetto negativo, l’uomo si astiene dal deviare dal suo ultimo fine, perseverando nell’amore supremo del bene morale; mentre con l’osservanza del precetto positivo, egli tende positivamente e in tale o tal altra maniera al suo ultimo fine. È assolutamente necessario non distogliersi dal fine ultimo, ma non è necessario tendere positivamente al proprio ultimo fine sempre ed in quel modo determinato.
LA PLASTICITÀ DEL DIRITTO NATURALE – Falseremmo gravemente la nozione di diritto naturale se, dalla sua immutabilità essenziale, quale è stata ora delineata, concludessimo all’immutabilità assoluta delle norme morali. In realtà, lo stesso diritto naturale è suscettibile di variare e di evolversi sotto alcune forme e in limiti che occorre ben precisare.
- Le cause di variazione. Si comprende facilmente che se vi è un senso in cui il diritto naturale è immutabile, ve n’è un altro in cui il diritto dev’essere considerato come sottomesso al mutamento, poiché la natura è insieme immutabile e mutevole. È immutabile nella sua essenza astratta, in funzione della quale si definiscono i precetti primari del diritto naturale; ma la natura è mutevole e diversa nelle sue forme concrete, storiche e individuali. Per questo anche il diritto naturale, nelle sue applicazioni più o meno immediate, si diversifica costantemente, non per alterare la sua sostanza, che non può cambiare, ma per assicurare, al contrario, la sua permanenza essenziale; le variazioni che si constatano, nel corso dei tempi, sul modo di giudicare la moralità del prestito a interesse, si spiegano, infatti, come altrettanti adattamenti alle circostanze concrete della vita economica e sociale, in vista di salvaguardare le esigenze essenziali della giustizia. Il diritto muta per assicurare la permanenza del diritto.
D’altronde, bisogna ammettere la realtà d’un progresso generale dell’umanità nella conoscenza delle esigenze del diritto naturale, cioè nell’intelligenza intensiva di essa: non consiste in ciò il progresso stesso della civiltà? A grado a grado, l’umanità prende coscienza, in modo più preciso e più vivo, di certi aspetti o di certe conseguenze dei princìpi generali della legge naturale, che fino allora erano rimasti nell’ombra o erano stati prospettati solo come utopie, o, ancora, erano stati preconizzati da pionieri assai spesso misconosciuti e perseguitati. Si spiega pertanto l’evoluzione che s’è prodotta nel corso dei tempi relativamente alla schiavitù, alle norme per umanizzare la guerra, alle forme diverse di giustizia e di solidarietà sociale. È questo aspetto del diritto naturale che BERGSON ha definito «morale aperta», cioè sempre suscettibile di nuovo progresso mediante un approfondimento delle esigenze del diritto ed un allargamento del suo orizzonte.
- Conclusioni e determinazioni. Le diversificazioni e l’approfondimento del diritto naturale si attuano in due modi: sotto forma di conclusione e sotto forma di determinazione. Il primo modo somiglia a quello delle scienze, in cui le conseguenze si deducono dai princìpi per via di ragionamento. Sotto questo aspetto il precetto che proibisce l’assassinio è una conseguenza del principio «non bisogna far male ad alcuno»; in progresso di tempo, diventando la materia più complessa, si interdiranno le pratiche abortive ed anche le pratiche anticoncezionali ed una riflessione più attenta si chiederà se e in qual misura sono legittime certe attività pericolose per la vita umana.
Il secondo modo, quello della determinazione, rassomiglia a quello in uso nelle arti, quando si tratta di adattare un modello ad una particolare destinazione (per esempio, la forma generale «casa» a luogo di abitazione, o di riunione, o d’insegnamento, ecc.). La legge naturale esige che il colpevole sia punito, ma che egli sia punito in una o in un’altra maniera (pena di morte, reclusione, lavori forzati, esilio, ecc.), ciò comporta una determinazione della legge naturale.