L’episodio di Padre Magnanti

Il P. Magnanti, uno dei più fedeli discepoli di san Filippo, divotissimo delle anime del Purgatorio, fra tanti altri favori straordinari da queste ottenuti ebbe anche quello d’esser liberato dagli assassini mentre ritornava da un pellegrinaggio al Santuario di Loreto. Infatti attraversando un folto bosco incappò nelle mani di questi, e legato ad un albero stava per essere ucciso quando apparirono sulla sommità della vicina montagna due fanciulli sconosciuti, i quali con alte grida pareva volessero chiamare gli abitanti dei luoghi vicini in soccorso dell’assalito. I briganti che erano in numero di dodici non si sgomentarono per ciò e scaricarono contro i fanciulli le armi, ma questi continuando sempre a gridare s’avanzarono verso il P. Magnanti. A tale vista i malfattori presi da terrore e riconoscendo nel fatto l’intervento divino, si diedero alla fuga. Intanto i due bambini appressatisi al prigioniero, lo sciolsero e sparvero quindi all’istante.
Il buon Padre rimasto libero ringraziò di cuore, le anime purganti, che con evidente miracolo l’avean così assistito in quel frangente, e da quel giorno in poi raddoppiò le preghiere ed i suffragi a vantaggio di quelle infelici.
Un bravo soldato ebbe a scampare da certa morte per la protezione delle anime del Purgatorio nel modo seguente. Viveva egli in uno di quei periodi disastrosi del medio evo, nei quali la violenza e la discordia dominando sovrane nelle italiche città, spesso si vedeva scorrere in queste il sangue fraterno. In mezzo a quelle lotte però aveva sempre serbato la pietà ed i buoni costumi imparati da fanciullo, e devotissimo delle anime purganti s’era prefisso di non passar mai dinanzi ad un cimitero senza soffermarvisi a pregare.
Un giorno essendosi allontanato alquanto dalla città, una turma di nemici gli si scagliò improvvisamente addosso. Datosi allora alla fuga e correndo per la campagna, arrivò ai piedi d’una muraglia, superata la quale si preparava a continuare la corsa, quando s’avvide di trovarsi nel recinto di un cimitero. Gli venne allora alla mente il pensiero del voto fatto, ed avrebbe voluto inginocchiarsi a pregare, ma un solo istante ch’ei si fosse fermato, sarebbe inevitabilmente perduto. Nondimeno fattosi animo si gettò in ginocchio ai piedi della croce ch’era nel mezzo del cimitero, e mentre recitava il De profundis, sopraggiunsero i nemici, i quali vistolo in quell’atteggiamento e beffandolo come pazzo gli si precipitarono addosso per ucciderlo ma, oh prodigio!, una turma di soldati sbuca fuori all’improvviso circonda il devoto milite, lo difende valorosamente e pone in fuga i suoi nemici.
Così quegli rimasto salvo ringraziò le anime sante d’averlo liberato da sì imminente pericolo e raddoppiò la sua devozione verso di loro (Segala, Triumphus animarum, 3″ parte). Un altro fatto degno di nota è il seguente. Eusebio, duca di Sardegna, vissuto nel secolo XIII, aveva una tenera divozione per le anime del Purgatorio, e non contento di aiutarle con preghiere aveva assegnate le rendite di una delle sue città alla fondazione di pii istituti in suffragio di esse, la qual città veniva perciò chiamata Villadio, ossia città di Dio. Astorgio, re di Sicilia, principe infedele, risolvette d’impadronirsene, ed avendo un esercito di molto superiore a quello del duca di Sardegna non tardò molto ad ottenere quanto desiderava.
Alla notizia fatale il pio Eusebio desolato per vedere in tal modo venir meno alle anime purganti tanta sorgente di suffragi, si pose in marcia coi suoi soldati per tentar di riconquistar Villadio, sebbene le sue forze fossero troppo sproporzionate di fronte a quelle del nemico. Mentre però s’inoltrava per la campagna, ecco farglisi incontro una numerosa schiera vestita di bianco e con bianchi stendardi, la quale fermatasi d’un tratto, mandò innanzi gli araldi che gridarono ad alta voce: “Non temete, o fratelli, poiché noi siamo milizie del Re del cielo inviate in vostro soccorso. Chiamate il vostro principe perché venga a colloquio col nostro Duce”.
Eusebio allora fattosi innanzi, dopo aver conferito e preso gli ordini del Duce celeste ed unite le schiere a quelle di lui, arrivò sotto le mura della città. Astorgio sgomentato dinanzi a tanto apparato di milizia, abbandonò immediatamente la città senza opporre resistenza veruna. Eusebio volle ringraziare di tanto favore il celeste Comandante, ma questi gli rispose che i suoi soldati erano anime del Purgatorio, liberate mercé i suffragi da lui fatti, che il Signore le aveva inviate per difenderlo in quel frangente, e che continuasse quindi sempre a soccorrerle e fosse sicuro che quante anime libererebbe, altrettanti protettori avrebbe nel cielo (Rossignoli).