Le reducciones dei Gesuiti in sud America

Sempre meno si sente parlare dell’opera dei missionari nel mondo; di questo passo sarà raro nella Giornata Mondiale delle Missioni (29 giugno) incontrarli in chiesa a illustrare la loro attività di evangelizzazione e di cura e di aiuto materiale a popolazioni dimenticate dagli uomini e dalla civiltà, in terre lontane inospitali ove la vita è sospesa ad un filo. Figuriamoci poi, in questo clima culturale secolarizzato immerso solo nel presente, quanti conoscono l’opera di civilizzazione condotta da Gesuiti e Francescani nel Nuovo Mondo nei primi secoli della conquista a favore dei nativi crudelmente oppressi.
In questi ultimi decenni è apparsa qualche pubblicazione al riguardo, rimasta in ombra rispetto a ben altre letture. L’ultima, a me nota è Il potere e la croce – Colonizzazione e riduzioni dei Gesuiti in Brasile di Marina Massimi, San Paolo 2010. E di questo libro ci siamo avvalsi per arricchire le nostre note.
Le “riduzioni” del Paraguay erano villaggi fondati dai Gesuiti fra il 1609 e il 1642, al fine di portare, di “ridurre” i nativi, Guaranì e Guayra, abitanti nella regione de La Plata e del Parguay senza fissa dimora, alla civitas christiana, ossia portarli dallo stato nomade in cui originariamente vivevano a un’esperienza di vita comunitaria modellata da ideali e pratiche cristiane. Si trattava di popolazioni non organizzate, come erano gli Aztechi nel Messico, gli Incas nel Perù, i Muiscas nella Colombia, le quali mancando di una struttura statale organizzata offrivano scarse difese alle continue minacce di asservimento.
I primi a intraprendere questa impresa furono i Francescani, ma con poco successo.I Gesuiti dopo vari tentativi vi riuscirono. Gli indigeni non furono forzati in alcun modo a partecipare alle riduzioni, accorsero volontariamente agli asili che i Gesuiti offrivano loro nei propri stabilimenti, offrendo quindi difesa dagli attacchi sanguinosi dei mercanti di schiavi dotati di armi da fuoco.
L’impresa dei Gesuiti non risultò facile, non solo a causa della naturale psicologia e del modo di vivere di quegli indios, quanto per le lotte armate che dovettero sostenere contro le incursioni di bande di bandeirantes che volevano distruggere le riduzioni e ridurre in schiavitù gli indios. Costituirono anche un esercito ben addestrato tra i nativi per difendere le riduzioni. Tranne qualche difetto, le riduzioni ebbero ottimi risultati nel campo dell’educazione religiosa e morale, sempre posta in prima linea, nel campo della stabilità dei popoli, della colonizzazione e della cultura.
Non si trascurò l’insegnamento. La religione dominava la vita pubblica come la privata. Funzioni sacre iniziavano e concludevano la giornata. I giorni festivi erano celebrati con grande apparato, musica, canti sacri, dopo pranzo rappresentazioni teatrali sacre e profane. Non si eliminò la cultura e tradizione indigena a favore di quella spagnola, entrambe trovarono accoglimento e sviluppo. Nelle tipografie locali si stampavano libri in lingua Guaranì. L’educazione laica e religiosa era considerata indispensabile.
Sotto il profilo economico le riduzioni sono state interpretate in maniera distorta dagli illuministi come impero teocratico e schiavista o come utopia comunista dai marxisti e teologi della liberazione. Nulla di più falso. Bisogna invece ricordare a questo proposito che l’illuminista Voltaire ha contribuito a finanziare uno dei vascelli della flotta spagnola impiegata nella distruzione delle riduzioni con scopi non troppo umanitari. «L’assolutismo – culturale e politico – non tollerava nei suoi domini l’esistenza di un soggetto sociale autonomo e costruttivo di una nuova forma di res publica».
Questo testo di Eugenio Ragno è tratto da Radici Cristiane. Visita radicicristiane.it