Le gemme della Versilia

Data la sua collocazione sul confine nord-occidentale, la Versilia assunse una crescente importanza strategica e dopo la nascita del Granducato mediceo. Cosimo I si preoccupò immediatamente di consolidarvi la presenza fiorentina, facendo edificare una residenza fortificata, sia per ospitarlo durante i soggiorni nell’area, sia per disporre di un bastione in caso di incursioni da Massa o da Lucca. I lavori furono eseguiti tra 1560 e 1564 e il risultato fu una villa-fortezza dalla struttura solida e compatta con spigoli rinforzati e feritoie al pian terreno.
La destinazione strategica non annullò la dimensione signorile e di villeggiatura della dimora, come si può evincere dalla rappresentazione contenuta nella lunetta realizzata da Giusto Utens e conservata al Museo topografico di Firenze: circondata da grandi boschi, ideali per attività venatorie, ornata da un grazioso giardino all’italiana e dotata di orto e scuderie. Inoltre il vicinissimo fiume Vezza offriva frescura e refrigerio durante gli abituali soggiorni estivi di vari personaggi della corte medicea. Tra gli ospiti che vi trascorsero periodi particolarmente lunghi si ricordano la seconda moglie di Francesco I de’ Medici, Bianca Cappello, e Cristina di Lorena, che vi risiedette per lunghi periodi dopo la morte del marito Ferdinando I.
Altra importante caratteristica del territorio versiliese era la vicinanza alle cave di marmo e alle miniere. Dopo l’esperienza di Michelangelo Buonarroti che in tre anni di permanenza a Seravezza (dal 1518 al 1520) aveva gettato le basi della futura industria marmifera versiliese, era subentrato un periodo di relativa inattività e Cosimo I, desideroso di riattivare l’opera estrattiva di marmo e argento, voleva poter seguire da vicino lo svolgimento dei lavori. Il palazzo doveva quindi servire come residenza temporanea durante le sue frequenti visite e intorno alla metà del XVI secolo Seravezza era frequentata dai migliori artisti accreditati alla corte medicea, attratti dalle produzioni di marmi pregiati. La storia della Versilia, di Seravezza e dello stesso palazzo mediceo vennero così ad intrecciarsi strettamente con l’estrazione dei marmi. Nel 1564, Cosimo affidò il governo della Toscana al figlio Francesco, riservandosi lo sfruttamento delle cave e delle miniere di ferro e di argento, di cui continuò ad occuparsi fino alla morte nel 1574.
Con la decadenza e poi l’estinzione dei Medici, il Granducato di Toscana passò agli Asburgo-Lorena, che, salvo la breve parentesi napoleonica, lo manterranno fino alla nascita del Regno d’Italia. Data la crisi del settore lapideo, il nuovo Granduca Pietro Leopoldo donò il palazzo alla comunità, che però glielo restituì nel 1786 per gli eccessivi oneri di mantenimento. Incapace di arrestare la crisi del settore lapideo, Pietro Leopoldo privilegiò le attività delle ferriere della Magona, stabilendone la sede amministrativa e i magazzini nel palazzo di Seravezza. Nell’estate del 1833, chiusa la ferriera, l’intera famiglia granducale soggiornò nel palazzo, per potersi recare ai bagni sul litorale della odierna Forte dei Marmi.
La villa tornò ad essere luogo di soggiorno e negli anni immediatamente successivi, iniziò a fiorire la pratica di trascorrere qui la villeggiatura estiva da parte di molte famiglie benestanti e di notabili e magistrati di Pietrasanta, ai quali Leopoldo concesse il privilegio di abitare nel palazzo Mediceo. Dopo l’Unità d’Italia, la struttura fu acquisita dallo Stato italiano e nel 1864 venne donata al comune di Seravezza che, dopo averla inizialmente adibita a carcere, la utilizzò come sede municipale fino al 1966, quando il Comune venne trasferito per consentire il restauro dello storico edificio. Oggi è sede del Museo del Lavoro e delle Tradizioni Popolari della Versilia Storica, della Biblioteca Comunale “Sirio Giannini” e dell’archivio storico ed ospita esposizioni di arte moderna e contemporanea.
Questo testo di Andrea Giannotti è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it