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L’arte dentro l’urne

Arte e Cultura25 Giugno 2020
Testo dell'audio

Ancora oggi, suggerire di visitare un camposanto quale luogo di riflessione, e naturalmente di preghiera per chi ha il dono della fede, rischia nel migliore dei casi di scatenare aspre ironie e gesti scaramantici. Per molte persone, anche cristiane, le tombe sono fonte di angoscia. Al massimo, si riserva a quelle dei congiunti più cari una visita annuale, per la celebrazione del 2 novembre.

La visita dei cimiteri va invece consigliata, anche per apprezzare le ricchezze artistiche e culturali che essi conservano. L’Italia, anche sotto questo profilo, custodisce un patrimonio immenso, che costringe l’estensore di una “guida” a selezionare solo le principali possibilità (in questo caso, Milano, Genova e Roma).

Progettato dall’architetto Carlo Maciachini (1818-1899), fu inaugurato nel 1866 su una superficie di circa 180.000 mq. Conserva opere di ogni stile: dal classico (templi greci, bizantineggianti, obelischi, persino una Colonna di Traiano in formato ridotto) al romanico lombardo, dal gotico pisano al realismo. Da segnalare le opere del periodo tardo eclettico e dell’art noveau e quelle liberty e di Medardo Rosso. A fine ‘900 il Monumentale ha poi accolto opere di Francesco Messina, Giacomo Manzù, Giò Ponti, Giò Pomodoro. Diversi i temi: dalla porta socchiusa alle figure sofferenti in pose di cordoglio, fino ai ritratti.

L’impianto del Monumentale è a croce greca, come quello delle chiese lombarde, con l’incrocio ortogonale delle assi principali e secondarie da cui si dipartono gallerie e arcate. I “Riparti” sono le zone rialzate ai lati, la “Necropoli” centrale è a impianto ottagonale, le fasce perimetrali sono dette “Circondanti”, mentre sul fondo si trovano i “Giardini cinerari”. Sin dall’inizio il cimitero aveva previsto una zona per gli acattolici e una per gli ebrei.

L’entrata principale è costituita dal Famedio (cioè Tempio della fama), una costruzione medievaleggiante di marmo e mattoni, eretta a cinque metri di altezza e raggiungibile da una scalinata. Destinato inizialmente a luogo di culto, fu utilizzato per seppellire personaggi come Alessandro Manzoni, Carlo Cattaneo, Salvatore Quasimodo, Carlo Forlanini e don Luigi Giussani: la tomba del fondatore di Comunione e Liberazione, la cui salma fu benedetta dal card. Joseph Ratzinger pochi mesi prima di diventare Papa, è una delle più visitate.

Sopra l’arco del portale, una Gloria di Lodovico Pogliaghi, l’autore della porta centrale del Duomo di Milano, ricorda che qui si celebrano gli uomini illustri, mentre le lunette rappresentano la Storia, la Luce e la Fama. Al Monumentale, in effetti, si può ripercorrere gran parte della storia di Milano e d’Italia: sono sepolti qui Arturo Toscanini, Filippo Turati, Filippo Tommaso Marinetti, Leo Valiani, Alda Merini, Gino Bramieri, Enzo Tortora, Giorgio Gaber, persino Isaac Newton e, dal 1955 al 1971, Evita Perón col nome fittizio di Maria Maggi, poi traslata a Buenos Aires. Sono inoltre presenti le tombe della grande borghesia industriale tra cui quelle delle famiglie Falck, Bocconi, Campari, Treccani.

Tra i più importanti cimiteri monumentali europei, Staglieno è davvero un museo a cielo aperto per la bellezza e il valore delle sue opere. Inaugurato nel 1851 su progetto dell’architetto Carlo Barbino fu realizzato da Giovanni Battista Resasco in stile neoclassico con struttura quadrangolare, sviluppatasi verso la collina a coprire un’area di 330.000 metri quadrati, che include un cimitero inglese (con la tomba della moglie di Oscar Wilde, Mary Constance Lloyd), uno ebraico e uno acattolico.

Quest’area ospita cappelle e monumenti in stile gotico, bizantino, neo-egizio, liberty. Tra i altri personaggi illustri qui seppelliti, con Giuseppe Mazzini, Gilberto Govi, Ferruccio Parri, Michele Novaro, Fabrizio De André, Fernanda Pivano, Edoardo Sanguineti, Nino Bixio e Anna Maria Ortese.

Staglieno è sempre stato meta di artisti internazionali. Ernest Hemingway ne decantò le meraviglie. Mark Twain ne parla in Innocenti all’estero: «Da una parte e dall’altra, avanzando nel mezzo del passaggio, vi sono monumenti, tombe, figure scolpite squisitamente lavorate, tutte grazia e bellezza». La realizzazione dei migliori capolavori si deve alla borghesia genovese dell’Ottocento. Spesso il defunto è ritratto circondato dai propri cari, come una figura patriarcale che ha guadagnato il giusto riposo dopo una vita di lavoro.

Altre opere evidenziano il rapporto eros-thanatos: particolare curioso la statua che rappresenta la morte come una bella donna che porta il defunto su un destriero. Tra le più popolari e visitate la tomba, realizzata da Lorenzo Orengo, di Caterina Campodonico, una venditrice di nocciole che risparmiò tutta la vita per costruirsela, facendosi ritrarre mentre lavora. Giulio Monteverde è invece l’autore dell’Angelo che orna la tomba Oneto al Porticato superiore di ponente. Altre opere di notevole bellezza la Cappella Raggio di Luigi Rovelli, nota per la somiglianza con il Duomo di Milano, e quelle di Augusto Rivalta, tra cui la tomba della famiglia Piaggio.

Il Verano è non soltanto un museo ma un grande libro dei ricordi attraverso cui è possibile tessere una rete di storie di uomini e donne, sociali e culturali, artistiche e architettoniche. È posto lungo la via consolare Tiburtina, in una zona da sempre luogo di sepoltura, tanto che nel camposanto sono state inglobate le Catacombe di Santa Ciriaca e che nelle sue immediate adiacenze fu sepolto san Lorenzo, sulla cui tomba sorsero la basilica e il convento.

Il cimitero moderno nacque su progetto di Giuseppe Valadier tra il 1807 e il 1812: tornata a Roma, l’amministrazione papalina mantenne infatti la regolamentazione cimiteriale napoleonica. L’ingresso a tre fornici, imponente per le quattro grandi statue che rappresentano la Meditazione, la Speranza, la Carità e il Silenzio, precede un ampio quadriportico.

Il Cimitero Monumentale mostra una continua dialettica fra tradizione e modernità. Tra gli artisti che vi hanno operato Filippo Severati, inventore di una tecnica di pittura su smalto durevole e resistente, e grandi innovatori dell’arte vetraria e della ceramica tra cui Duilio Cambellotti e il gruppo della rivista “La Casa”, di cui va ricordata la Prima mostra della vetrata artistica (1912).

All’importanza degli artisti si abbina quella dei protagonisti e delle personalità che vi si incontrano. Tra le voci della poesia emergono Goffredo Mameli e Arnaldo Fusinato, ma soprattutto il “core de Roma” rappresentato da Cesare Pascarella, Giuseppe Gioacchino Belli, Trilussa e artisti come Ettore Petrolini, Aldo Fabrizi, Ferruccio Amendola, Gabriella Ferri, Anna Magnani e Alberto Sordi.

L’eco di molti altri personaggi del cinema e dello spettacolo risuona nei viali: Leopoldo Fregoli, i fratelli Anton Giulio e Carlo Ludovico Bragaglia, Alessandro Blasetti, Amedeo Nazzari, Alida Valli, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica, Nino Manfredi, Vittorio Gassmann, Marcello Mastroianni, Rino Gaetano, Mario Riva, Eduardo e Peppino De Filippo.

Per la letteratura Alberto Moravia, Gianni Rodari, il Nobel Giuseppe Ungaretti, Sibilla Aleramo, Natalia Ginzburg e Grazia Deledda, l’unica italiana ad aver ottenuto il premio per la Letteratura. Un percorso dedicato alle donne famose qui sepolte si snoda attraverso un ampio arco cronologico con Erminia Fuà Fusinato e Maria Montessori, Adelaide Ristori, la più grande attrice dell’Ottocento, e Claudia Muzio, diva della lirica cui lo scultore Pietro Canonica ha dedicato uno dei più bei monumenti del Cimitero.

 

Questo testo di Laura Battisti è tratto da Radici Cristiane. Visita radicicristiane.it

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