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L’arte al servizio di Dio

Arte e Cultura31 Dicembre 2020
Testo dell'audio

Grandi cicli narrativi sono disposti nelle facciate di quasi tutte le cattedrali. Le figure sacre parlano agli uomini attraverso i sentimenti della pietà, del dolore, dell’amore, della gioia, con l’utilizzo di allegorie e simboli. L’arte gotica nasce in Francia con la ricostruzione dell’abbazia di Saint-Denis presso Parigi, voluta dall’abate Suger nel 1140. Si diffonde tra la metà del XII secolo ed il XIV secolo, in tutta l’Europa occidentale; in Italia l’arte gotica prende piede a partire dal XIII secolo.

Il Medioevo aveva generalmente assegnato all’arte una funzione ancillare rispetto alla religione e al culto; la scultura aveva funzione didattica, sostituendo per gli illetterati le letture dei testi sacri, ed era spesso definita come Biblia pauperum. L’abilità dell’artigiano era al servizio di una Verità superiore, in un dialogo incessante col mistero di Dio, nella ricerca continua di una sintesi tra fede e ragione. Il monaco tedesco Teofilo (XII sec.) sosteneva, nel trattato De divertis artibus (Libro sulle Diverse Arti), che l’arte aveva la funzione di stimolare la sensibilità mistica dei fedeli.

In questo articolo si propone una serratura a libro, utilizzata come contenitore di oggetti sacri preziosi. Realizzata in ferro forgiato con chiave, è stata decorata con rappresentazioni di scene bibliche, apribile con boncinello (ferro a foggia di staffa, che, agganciato alla stanghetta della serratura, assicura la chiusura di un chiavistello) a forma di crocefisso. Il pannello a sinistra mostra, in basso, un angelo poco sopra la Madonna (l’iconografia della Madonna della Misericordia parte dal 1264), protettrice delle anime del Purgatorio, le quali, come nella parabola del Figliol Prodigo, per entrare nel regno di Dio, da nude che sono, devono essere prima purificate e poi rivestite con altri abiti; sei di queste sono rivolte verso di Lei, con le mani giunte.

Fu verosimilmente Pietro Comestore, cancelliere della Chiesa di Parigi, morto nel 1179, a contatto della nascente Scolastica e del pensiero cistercense, uno dei primi ad utilizzare il termine Purgatorio per designare un luogo dell’aldilà, dove gli eletti sono mondati dai peccati minori, prima di entrare nel Paradiso. Verso il 1264 Jacopo da Varagine, nella , stabilisce i temi iconografici che si diffonderanno soprattutto a partire dal XIV sec. Il Purgatorio è descritto come uno pseudo-inferno. Si aggiungeranno anche due luoghi complementari, i limbi, speciali luoghi di riposo ove non c’è pena, ma neppure la visione beatifica di Dio. Nel Duecento la Chiesa trasforma l’esistenza del Purgatorio in dogma.

Il riquadro a destra rappresenta gli inferi con Satana, armato di forcone, che cattura le anime dei dannati, attorcigliati tra i tormenti e, in basso, l’immagine di un vescovo con la mitra sul capo, che assiste alla scena, forse un eretico, non un simoniaco (chi faceva mercimonio dei beni spirituali e in particolare delle cariche ecclesiastiche). Prima del 1305, il sommo pittore Giotto, in una complessa e ardita simbologia, aveva già collocato un pontefice negli Inferi. Sulla sovrapporta laterale della Cappella degli Scrovegni campeggia Lucifero, seduto su due draghi, dalle cui orecchie fuorescono serpenti, che a loro volta afferrano e addentano i dannati, uno dei quali ha in testa la tiara papale. È molto probabile che questa collocazione sia stata concordata e approvata sia da Alberto da Padova, teologo dell’artista, sia da santa Caterina d’Alessandria, patrona dei teologi e degli Agostiniani. Nella storia della Chiesa solamente papa Onorio I (625-638) fu scomunicato postumo da tre Concili ecumenici (il terzo Concilio di Costantinopoli del 681, il secondo Concilio di Nicea del 787 e il quarto Concilio di Costantinopoli dell’870), perché sosteneva la dottrina eretica di quanti promuovevano il monotelismo.

 

Questo testo di Leopoldo Conforti e Domenico Lalli è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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