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La strage di San Bartolomeo

Storia26 Giugno 2020
Testo dell'audio

Già al tempo di Francesco I, in Francia, cattolici e protestanti si fronteggiano, ma la situazione degenera a partire dal 1559, con la morte di Enrico II: «Il mio popolo persista e resti fermo nella fede in cui io muoio» sussurra agonizzante, con l’occhio trapassato dalla lancia d’un amico durante un torneo. Un colpo di fortuna insperato per i protestanti, che sapranno approfittare della debolezza dei successivi sovrani. La congiura di Amboise nel marzo 1560 è solo la prima d’una lunga serie di ribellioni.

In realtà, nell’immediato, la morte di Enrico II sembra favorire il partito cattolico, se non altro perché la moglie di Francesco II è Maria Stuarda, regina di Scozia e nipote dei cattolicissimi Guisa. Ma appena un anno dopo, «avete mai udito qualcosa di più tempestivo della morte del piccolo re? Colui che aveva forato l’occhio del padre colpiva l’orecchio del figlio» scrive Calvino il 5 dicembre, mentre Francesco muore per le complicanze cerebrali di un’otite. Caterina de’ Medici allontana Maria Stuarda, ridimensiona il potere dei Guisa e inizia una politica d’intesa col partito ugonotto.

Il maresciallo Gaspard de Tavannes nelle sue Memorie lamenta: «La regina è decisamente favorevole agli ugonotti». Il primo Editto di Tolleranza entra in vigore nel febbraio 1562, riconoscendo ai protestanti il diritto di riunirsi lontano dai centri abitati. Pochi giorni dopo, domenica primo marzo, il massacro di Wassy apre la guerra civile. I calvinisti approfittano dell’editto, contravvenendolo. Si riuniscono in centro a Wassy, dominio dei Guisa.

Un atteggiamento chiaramente provocatorio. Lo scontro con gli uomini del Duca si conclude con 50 morti e un centinaio di feriti. Condé, capo del partito ugonotto, ne approfitta per incolpare Francesco di Guisa, “il boia di Wassy”, che però viene accolto a Parigi da una folla acclamante. Il popolo vede in lui un baluardo contro il dilagare dell’eresia, contro chi a Tours ha gettato via le reliquie di san Martino e a Orléans ha bruciato il cuore di Francesco II. Chiese saccheggiate, altari distrutti, tombe profanate stanno esasperando i francesi.

Gli ugonotti detestano Francesco di Guisa per la sua fede cattolica, ma soprattutto per la sua popolarità. L’invidia arma la mano d’un sicario. Tre colpi di archibugio, la sera del 18 febbraio 1563, e sei giorni dopo lo Sfregiato muore. Il giovane che ha sparato è stato subito arrestato, ma tutti sanno che il mandante è Gaspard de Coligny, alleato di Condé. Al Castello di Blois un dipinto mostra la vedova Anna d’Este, che fa giurare al figlio Enrico di vendicare il padre. E nel giro di pochi anni Enrico raccoglierà il testimone dello Sfregiato, ereditandone la popolarità e perfino la cicatrice al volto e il soprannome. Difenderà la Chiesa con la medesima tenacia e sarà la guida della Lega cattolica.

 

Questo testo di Elena Bianchini Braglia è tratto da Radici Cristiane. Visita radicicristiane.it

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