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La Sequenza. Esempi

Liturgia11 Giugno 2020
Testo dell'audio

La Sequenza (Victimae Pascali) ebbe molte imitazioni nel Medioevo. Essa è un “dolce canto antifonale” che, in forma di dialogo, glorifica la meravigliosa Resurrezione del Salvatore. Dapprima s’invita il “Popolo cristiano” a offrire azioni di grazie e di lode al nostro vero Agnello immolato, Gesù Cristo. Cristo, l’Agnello di Dio, fu sacrificato per il riscatto e la redenzione delle pecore: Cristo, il buon Pastore è morto innocente per il Suo gregge, per riconciliare i colpevoli con il Padre.

La morte e la vita combatterono una mirabile battaglia: il Principe della vita, che era morto, regna nella vita immortale del Cielo. Poi viene chiamata a testimone della Resurrezione Maria Maddalena: “Dicci, Maria, che cosa hai visto per via?” Questa risponde, e nella sua risposta manifesta la Resurrezione del Signore: “Ho visto la tomba del Vivente e la gloria del Risuscitato: come testimoni ho visto gli Angeli, il sudario e le bende che fasciavano il Corpo”.

Poi aggiunge trionfante: “È risuscitato Cristo, la mia speranza” e informa gli Apostoli che il Risorto li precederà in Galilea. Su questa testimonianza si basa la gioiosa certezza dei fedeli: “Sappiamo che Cristo è veramente risorto dai morti”. Questo canto pasquale termina poi con l’implorazione che il Re della Gloria, avendo vinto la spina della morte, voglia avere misericordia di noi.

La Sequenza di Pentecoste (Veni, Sancte Spiritus) poteva scaturire solamente da un cuore infiammato dell’amore dello Spirito Santo. Essa è un canto inarrivabile in cui soffia un dolce profumo paradisiaco che ci avvolge. Soltanto in un momento di quiete l’animo può intuire quale pienezza di profondi pensieri e impressioni racchiuda in sé questo canto pentecostale; e in una forma che si contraddistingue tanto per la bellezza come per la brevità.

Tale inno è una pia, intima implorazione allo Spirito Santo che, da una parte descrive teneramente il Suo amabile, misterioso e beatificante soffio di grazia, e d’altra parte – in maniera tutta semplice e commovente – anche tutta la nostra indigenza e il bisogno d’aiuto nella nostra vita peregrina su questa Terra. Lo Spirito Santo è chiamato “il dito della mano destra di Dio”, cioè tesoriere e dispensatore di tutte le grazie che Cristo ha meritato per noi. Ma Egli non lenisce solamente la nostra miseria con la Sua ricchezza, ma viene Lui stesso ad abitare nell’anima santificata come Suo tempio vivente: e così diviene in essa “sorgente d’acqua zampillante fino alla vita eterna” (Giov. 4,14).

Come sono gratificanti la forza e l’ardore suscitati nell’anima dal desiderio della benevola venuta dello Spirito Santo, espressi nel grido ripetuto quattro volte: Veni – “Vieni”, o Spirito Santo! E perché queste richieste e sospiri, perché questo desiderio impulsivo? Perché lo Spirito Santo è il “Padre dei poveri, il Dispensatore dei doni, la Luce dei cuori”; perché Egli è “l’ottimo Consolatore, il dolce Ospite, il balsamo dolce dell’anima”; perché Egli è “il nostro riposo nelle fatiche, nel calore frescura, la nostra gioia nel dolore”. “O beatissima luce”; e la Chiesa così continua: “riempi con la Tua luce celeste l’intimo del cuore dei Tuoi fedeli! Senza il Tuo soffio non vi è nulla nell’uomo, nulla d’innocente!

E poiché la nostra miseria è grande e multiforme, la Chiesa implora ancora per i suoi figli: “Lava ciò che è macchiato, irriga ciò che è arido, sana ciò che è ferito; piega ciò che è rigido, riscalda ciò che è freddo; guida chi ha deviato!” Come all’inizio, ripete poi in modo simile alla fine con urgenza e insistenza per quattro volte la richiesta: “Dà”, o Spirito Santo! “Dà ai Tuoi fedeli che confidano in Te il sacro settenario dei Tuoi doni. Dà il merito della virtù, dà un traguardo beato, dà la gioia e la felicità eterna!

Il Lauda Sion, la Sequenza del Corpus Domini, appartiene a quegli “inni quasi soprannaturali con cui la Chiesa unisce la precisione di un dogma con la dolcezza e melodiosità che assomigliano più ad un eco del Cielo che non a semplice poesia terrena” (Faber).

San Tommaso è il compositore di questo canto di lode all’adorabile Vittima e al Sacramento dell’altare; in ciò egli rivela la profonda scienza di un cherubino, unita all’amore ardente di un serafino. Con altrettanta grande chiarezza e acutezza di pensiero, come anche interiorità di sentimento, rivela egli le impenetrabili ricchezze, bellezze e dolcezze dell’Eucaristia che è il nostro Cielo in questa valle di lacrime.

Tra i più fruttuosi risultati delle attività letterarie di S. Tomaso – che la Chiesa tuttora vanta – sono l’ufficio delle ore del SS. Sacramento, composto per incarico di Papa Urbano IV in occasione dell’istituzione della festa del Corpus Domini. Non solamente i salmi, le antifone, le letture e i responsorii, che egli scelse, sono pieni di splendidi e fruttuosi rapporti col Mistero dell’altare, ma anche gli inni che compose sono pieni di ardore e di devozione, vere perle preziose del patrimonio di canti della Chiesa” (Laurent).

Incomparabili e intime sono le parole finali in cui la Chiesa implora il Redentore, celato nel Sacramento come buon Pastore, che voglia guidare e proteggere quaggiù le pecorelle acquistate con il Suo prezioso sangue e guidarle infine nell’altra vita, sui pascoli eternamente verdi del Paradiso.

Buon pastore, pane vero,
o Gesù, abbi pietà di noi:
Tu nutrici e difendici,
Tu portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Tu, Che tutto sai e puoi,
Che qui pasci noi mortali:
facci lassù Tuoi commensali,
coeredi e compagni
nella gioia dei Tuoi santi.

Com’è commovente e toccante lo Stabat mater, questo canto di lamento pieno di mestizia per l’addoloratissima Madre di Dio! La Sequenza descrive in primo luogo l’immenso dolore e l’indescrivibile compassione della Vergine Madre che partecipa all’amara sofferenza e morte del suo figliolo divino. Lei diventò Madre dei dolori, perché il suo figlio era l’Uomo dei dolori. Ai piedi della croce era completamente immersa nei dolori (dolorosa) e inondata di lacrime (lacrimosa) mentre suo figlio sanguinava e dissanguava sulla croce; ma “stava”, come donna forte e Regina dei martiri.

Dov’è un uomo che non pianga, quando vede la madre di Cristo in un tale supplizio?” Perciò l’anima amante implora la Madre dolorosa che voglia farci intuire e provare il suo dolore. “Orsù dunque, Madre, fonte dell’amore, fammi sentire il peso dei tuoi dolori, affinché pianga anch’io con te!” “Santa Madre deh voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore”. “Fa che sia ferito dalle piaghe del Figlio ed estasiato dalla Sua croce e dal Suo sangue”. Infine, la preghiera a Cristo per ottenere tutto il frutto della Sua sofferenza salvifica: “E quando il mio corpo morirà, fa’ che all’anima mia sia data la gloria del Paradiso!

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