La Santa Messa, un sacrificio di propiziazione – Parte VI

Come sacrificio di propiziazione la Messa ha in particolare il potere di soddisfare per quelle punizioni temporali che altrimenti, dopo il perdono dei peccati mortali o veniali, dovrebbero essere subite o in questo mondo o in purgatorio. Il Sacrificio Eucaristico è offerto sia per i vivi che per i morti per la remissione della pena temporale ancora dovuta al peccato. Ma mentre il perdono del peccato agisce solo indirettamente, il Sacrificio annulla direttamente la punizione temporale del peccato, e così lo annulla mediante il pagamento vicario (per modum solutionis) dal tesoro del merito e della soddisfazione che Cristo ha acquisito per noi sulla Croce.
Con la Sua passione e morte infinitamente amara, il nostro Salvatore sul Calvario annullò i debiti penali di tutti gli uomini; il riscatto che lì ha pagato, Egli Stesso ora presenta sull’altare al Suo Padre Celeste per i vivi e i morti, che possano essere liberati dalla loro giusta punizione. Perchè sul Golgota Cristo ha portato i nostri dolori e il castigo per la nostra pace è stato posto su di Lui (Is 53). Lì fu sopraffatto dalla vergogna e dall’amarezza, contuso dal dolore e dalla violenza, affinché noi uomini colpevoli non potessimo essere visitati e umiliati sotto la verga del castigo della Giustizia Divina. Questa remissione del castigo ci viene impartita, in quanto la passione di Cristo è posta sul nostro conto e applicata a noi, cioè va a nostro benficio.
Ma la Santa Messa è offerta non solo per la remissione delle pene, ma anche come una soddisfazione. La pena temporale ancora dovuta può essere liquidata in un duplice modo: a) con una reale soddisfazione personale (satisfactio), mediante l’esecuzione di buone azioni, con opere di penitenza, con la resistenza volontaria e paziente alla sofferenza, tutte superiori o equivalenti alla pena dovuta, quindi meritando la sua remissione; b) subendo la punizione stessa imposta da Dio (satispassio). La possibilità di meritare e di soddisfare in senso stretto cessa con la morte; quindi le anime sante in purgatorio possono solo soffrire quanto basta, ovvero sopportare la loro punizione fino a che non saranno soddisfatti i requisiti della Giustizia Divina e sarà stato pagato fino all’ultimo centesimo.
I vivi, al contrario, quando sono nello stato di grazia, possono soddisfare la Giustizia divina mediante la preghiera, il digiuno, le elemosine e le altre opere penitenziali, cioè meritare la remissione di quelle pene che altrimenti sarebbero obbligati a subire in purgatorio. A questa distinzione sembra alludere la Santa Chiesa, quando afferma che il Sacrificio della Messa è offerto “per punizioni e soddisfazioni” (pro poenis et satisfactionibus): la virtù propiziatoria della Messa supplisce per la pena alla quale altrimenti dovrebbe essere sottoposo il defunto (poena-satispassio); ma per i vivi il potere propiziatorio del Sacrificio provvede principalmente per la soddisfazione da rendere (satisfactio).
Per entrambi rimuove l’ultimo ostacolo al loro ingresso nella gloria celeste. Se coloro per i quali si celebra la Messa ne sono suscettibili, essi ricevono sempre e infallibilmente il frutto soddisfacente della remissione della pena, e questo vale non solo per i vivi, ma anche per i morti. Per il resto, non si sa in che grado e misura questa punizione sia ogni volta annullata; ma è certo che la punizione dovuta non è sempre del tutto e completamente rimossa da una sola Messa: per questa remissione completa non di rado è richiesta l’offerta ripetuta della Messa.