La Santa Comunione

Avendo brevemente considerato il Santissimo Sacramento nella Presenza Reale, consideriamoLo adesso nella Santa Comunione.
La Santa Comunione è un ulteriore miracolo in cui avviene la fusione di Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo con noi. Il motivo di questa unione è l’amore di Gesù Cristo verso di noi, perché l’amore cerca l’unione. Il Signore è già con noi nel Tabernacolo di ogni chiesa del mondo, ma l’unione nella Santa Eucarestia è un’unione ancora più intima. «L’Eucarestia – esclama san Pier Giuliano Eymard – è la suprema manifestazione dell’Amore di Gesù, dopo di essa non c’è più che il cielo».
San Cirillo d’Alessandria, Padre della Chiesa, si serve di tre immagini per illustrare la fusione d’amore con Gesù nella Santa Comunione: «Chi si comunica è santificato, divinizzato nel suo corpo e nella sua anima nel modo con cui l’acqua che è messa sul fuoco diviene bollente; la Comunione opera come il lievito che, immerso nella farina, fermenta tutta la massa; nello stesso modo che fondendo insieme due ceri, la cera risulterà l’una nell’altra, così io credo che chi si ciba della Carne e del Sangue di Gesù sia con Lui fuso per tale partecipazione e si trovi ad essere egli in Cristo e Cristo in lui».
CONSEGUENZE PRATICHE
I) La Comunione in stato di Grazia
Solo i fedeli in stato di grazia si comunicano. In stato di peccato mortale (come la mancanza alla Santa Messa domenicale o l’impurezza – con altri o da solo) sarebbe un secondo peccato mortale ossia un sacrilegio. Questo sarebbe come ricevere Iddio in una caverna oscura e fetida, che è l’anima nello stato di morte spirituale. San Paolo dice chiaramente nella prima Epistola ai Corinzi (11, 27-30): «Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini sé stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. E’ per questo che tra voi ci sono molti malati ed infermi e un buon numero sono morti».
Il Catechismo di S. Pio X insegna a riguardo (630): «Chi sa di essere in peccato mortale, deve, prima di comunicarsi, fare una buona confessione; non bastano l’atto di contrizione perfetta, senza la confessione, a chi è in peccato mortale per comunicarsi come conviene».
II) La Comunione sulla lingua
Già nel VI secolo, avendo più profonda conoscenza della Presenza Reale, la Chiesa aveva stabilito che la Santa Comunione dovesse essere ricevuta sulla lingua. Nel IX secolo era prescritto per la Chiesa Universale.
La Comunione nella mano fu introdotta nell’epoca moderna dai riformatori esplicitamente per distruggere la fede nella Presenza Reale, o, come lo esprime il sacerdote domenicano apostata Martin Bucer nella sua Censura (ca. 1550)*4 : «Diviene il nostro dovere abolire dalle chiese… qualsiasi forma di adorazione del pane».
La pratica divenne il simbolo della negazione della Presenza Reale. Non molto tempo dopo il Concilio Vaticano II, una parte del clero di Olanda e altrove nell’Europa centrale cominciò a promuovere la pratica tra i fedeli cattolici . Le conseguenze divennero così gravi che Papa Paolo VI ribadì l’uso antico in Memoriale Domini del 1967 e Papa Giovanni Paolo II scrisse nella sua lettera Dominicae Cenae del 1980 che toccare il Santissimo Sacramento è «un privilegio degli ordinati».
Col tempo, però, la pratica della Comunione nella mano fu concessa per il nuovo rito da parte del Vaticano, prima come eccezione e poi generalmente. Papa Benedetto XVI favorisce l’uso antico. In virtù di queste concessioni, i fedeli che assistono alla Santa Messa secondo il rito nuovo sono liberi ormai di scegliere in quale modo ricevere il Signore Eucaristico, ma la pratica della Comunione sulla lingua è da raccomandare:
- Per mostrare un maggior rispetto verso il Santissimo;
- Per salvaguardare la fede nella Presenza Reale;
- Per evitare che il Santissimo venga sottratto dalla Chiesa per motivi sacrileghi, per capriccio o per pura ignoranza;
- Per evitare che anche il più piccolo frammento del Santissimo cada per terra, poiché la Chiesa insegna che il Signore è presente interamente anche in esso: «Cristo esiste totale e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte della specie; esiste totale altrettanto sotto la specie del vino e sotto le sue parti»*5 (Trento S. XIII cap. 3).
La pratica di ricevere il Santissimo Sacramento in ginocchio, quando sia fisicamente possibile*6, o almeno dopo una genuflessione, è pure da raccomandare, altrettanto per motivi di rispetto.
III) Il Ringraziamento
San Giovanni d’Avila, Sant’Ignazio di Loyola, San Luigi Gonzaga facevano il ringraziamento in ginocchio per due ore. San Luigi Grignion de Monfort dopo la Santa Messa si fermava almeno una mezz’ora e non c’era preoccupazione o impegno che valesse a farglielo omettere, poiché diceva: «Non darei quest’ora del ringraziamento neppure per un’ora di Paradiso». L’Apostolo San Paolo ha scritto nella sua prima Lettera ai Corinzi (6,20): «Glorificate e portate Dio nel vostro corpo».
Ebbene, non c’è tempo in cui queste parole si realizzino alla lettera come nel tempo subito dopo la Santa Comunione. Ricordiamo l’esempio di San Filippo Neri, che fece accompagnare da due chierichetti con le candele accese quel tale che usciva di Chiesa appena fatta la Santa Comunione.
Poiché il Signore rimane nel nostro corpo per quindici o venti minuti dopo la Santa Comunione, non è questo il momento di chiacchierare né dentro, né fuori la Chiesa. Anzi è opportuno e anche molto salutare fare un ringraziamento che duri almeno un quarto d’ora.
Infine, facciamo il possibile per adorare e ringraziare il nostro Signore Gesù Cristo adeguatamente e degnamente e per testimoniare la nostra fede nella Sua Presenza Reale in questa epoca, quando Lui è talmente ignorato, trascurato, disprezzato e oltraggiato.
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*4 Michael Davies Pope Paul’s New Mass Angelus Press, 1980.
*5 Totus enim et integer Christus sub panis specie et sub quavis ipsisus parte, totus item sub vini specie et sub eius partibus exsistit.
*6 Ammirevoli sono coloro che si inginocchiano sempre, malgrado l’imbarazzo; il dispiacere eventuale del celebrante farà si che forse non gli sarà data la Santa Comunione.