La pieve di San Giorgio

Verso l’VIII-IX secolo d.C. è probabile che il borgo di Vigoleno fosse già organizzato attorno alla propria chiesa parrocchiale dedicata a san Giorgio, segno, questo, di una chiara influenza longobarda. Il terremoto del 1117 provocò probabilmente il crollo dell’edificio sacro originario. Sulle sue rovine venne costruita una chiesa romanica, dipendente dalla pieve collegiata di Castell’Arquato, nella vicina Val d’Arda, almeno fino al XII secolo, quando la pieve di Vigoleno venne promossa a plebana, come attestato con certezza nel 1223 dalle pergamene dell’archivio parrocchiale.
Nel 1348 fu totalmente autonoma e, prima del Concilio di Trento, divenne collegiata. Vari i rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli, soprattutto in periodo rinascimentale e barocco. Nel XVI secolo la copertura originaria delle navate venne sostituita con volte a crociera in cotto intonacato. È stato comunque l’intervento del 1963 a ridare all’edificio sacro il suo aspetto originario, asciutto, ieratico ed imponente col ripristino della facciata, all’interno l’eliminazione delle volte e la costruzione di capriate lignee.
La pieve presenta un impianto basilicale a tre navate senza transetto. La navata centrale è poco più ampia di quelle laterali. L’abside presenta uno slancio verticale, che si innalza notevolmente al di sopra dei pilastri, e che richiama lo sviluppo del portale esterno: tale soluzione conferma una datazione del complesso attorno alla seconda metà del XII secolo o poco oltre. Al centro dell’abside è rappresentato San Giorgio che uccide il drago e libera la principessa, soggetto tra i più frequenti nel tardogotico delle corti padane. Il santo cavaliere, con scudo e giubba crociati, viene rappresentato su di un cavallo con gualdrappa ed ornamenti rossi, nell’atto di sferrare con la sua spada il colpo letale al drago, dopo avergli già scagliato contro la lancia, spezzata a terra.
Al XV secolo sono databili anche gli altri affreschi, che decorano la pieve. Spicca una Crocifissione con la Vergine, san Giovanni e la Maddalena in ginocchio ai piedi della Croce. Un altro affresco mostra una Santa in trono con santa Caterina da Siena, al suo fianco, in piedi; l’opera sottostante mostra le Stigmate di san Francesco, mentre la porta d’accesso della sagrestia presenta un’Annunciazione, originariamente ambientata in un paesaggio collinare.
Sulla parete sinistra, all’incirca a metà navata, v’è un’opera in cattivo stato di conservazione, sormontata da un’iscrizione quasi interamente perduta, raffigurante la Vergine allattante il Bambino tra san Giovanni Battista e un papa, forse Gregorio IX od Onorio III, seduto su di un trono, mentre regge piccole figure, identificate con san Francesco e san Domenico, ad indicare una ritrovata armonia tra i due Ordini.
Secondo un’altra interpretazione, invece, il Pontefice potrebbe essere il benedettino Urbano V, nell’atto di reggere Pietro e Paolo, in quanto fu proprio lui a disporre la traslazione delle teste degli apostoli in San Giovanni in Laterano. Sulla parete di destra si nota l’affresco raffigurante San Bernardino da Siena, nell’atto di predicare dal pulpito con il monogramma di Cristo in mano ed, accanto, una santa ancora non identificata con in braccio un bimbo in fasce.
Questo testo di Francesco Corradi è stato tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il nostro sito radicicristiane.it