LA MORTE DEL PECCATORE

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- a) La Morte del Peccatore
“La mia vita è stata recisa come dal tessitore; mentre stavo appena iniziando, egli mi ha reciso” (Is 38,12). Quanti sono stati sorpresi e recisi dalla morte mentre stavano pianificando progetti mondani elaborati con tanto lavoro. Altri hanno un periodo di tempo per prepararsi, attraverso una malattia più breve o più lunga.
Immaginati accanto al letto di un cristiano negligente, sopraffatto da una malattia e con poche ore di vita rimaste. Osservalo oppresso dal dolore, dagli svenimenti e dalla soffocazione; privato del respiro, con sudorazioni fredde; la sua ragione così compromessa che percepisca poco, capisca poco e non parli più che poco. Sappiamo di esperienza che tali persone pensano solo alla malattia, ai medici da chiamare per prendersi cura di loro e ai rimedi che potrebbero eventualmente ripristinare la salute.
“Sono incapaci di avere altri pensieri oltre a se stessi”, dice San Lorenzo Giustiniani, e nessuno dei parenti o amici ha il coraggio di annunziare a loro l’avvento della morte e di consigliarli di ricevere l’Estrem’Unzione. Se qualcuno lo fa, il moribondo presto si stanca e implora di essere lasciato riposare. Si lamenta di mal di testa e dice che gli fa male sentire parlare. Oppure risponde in modo confuso e non sa più ciò che sta dicendo.
Se il moribondo crede affatto, quale pace può godere quando vede che tra pochi istanti comparirà davanti al tribunale di Gesù Cristo, la cui legge ed amicizia ha fino ad allora disprezzato? I suoi peccati lo circonderanno e diranno, con le parole di San Bernardo: “Siamo le tue opere, non ti abbandoneremo”.
Per vincere cattive abitudini, Sant’Agostino dovette lottare contro di esse per 12 anni. Come potrà il moribondo, che ha sempre vissuto nel peccato, pentirsi sinceramente del suo passato in mezzo ai dolori, allo stordimento ed alla confusione della morte? La sua mente è offuscata e il suo cuore indurito. “Chi ama il pericolo, in esso perirà” (Sirach 3,27). San Gerolamo insegna che su 100.000 peccatori che perseverano nel peccato fino alla loro morte, a malapena uno sarà salvato. San Vincenzo Ferrer afferma che è un miracolo ancora più grande che tale persona si possa salvare rispetto che non risuscitare i morti alla vita.
Inoltre, i demoni si raduneranno e faranno il possibile per assicurare la perdizione della sua anima, se è ancora in dubbio. Sanno di avere poco tempo per conquistarla e se la perdono alla morte, la perderanno per sempre. “Ecco che il diavolo è sceso da voi, con grande ira, sapendo di aver poco tempo” (Ap 12,12). Non solo un diavolo, ma innumerevoli diavoli lo assaliranno. Uno dirà: “Non temere, ti riprenderai”; un altro dirà: “Per anni sei stato sordo alle ispirazioni di Dio: come puoi sperare che abbia misericordia di te ora?”. Un altro chiederà: “Come potrai mai riparare i danni causati al carattere dei tuoi vicini?”. Un altro dirà: “Le tue confessioni sono state tutte invalide”.
Gli attacchi dei demoni, la certezza della morte imminente, il pensiero di dover presto lasciare tutto in questo mondo, i rimorsi di coscienza, il tempo perso, la mancanza di tempo presente, l’impossibilità di conversione, la severità del giudizio divino, il pensiero della dannazione eterna: tutte queste cose formeranno una tempesta orribile nel suo cuore. Nel frattempo, la sua ragione vacilla, la sua mente si oscura e tutto il corpo viene assalito dai dolori della morte imminente e dall’assalto dei demoni, e così, pieno di confusione e di terrore, il peccatore morente passerà nell’aldilà.
“Ah, mio Dio!” esclama Sant’Alfonso, “Se fossi morto in una di quelle notti conosciute da Voi, adesso dove sarei? Vi ringrazio per avermi aspettato; Vi ringrazio per tutto il tempo che avrei dovuto passare all’Inferno fin dal primo momento in cui Vi ho offeso. Donatemi luce e fatemi rendere conto del male che Vi ho fatto nel perdere volontariamente la Vostra Grazia, che avete meritato per me con la Vostra morte in croce!” Amen.