La morale, come sapere filosofico

Dopo aver visto la differenza tra scienze speculativamente pratiche e praticamente pratiche dobbiamo trovare la giusta collocazione della morale. La filosofia morale appartiene evidentemente al gruppo delle scienze speculativamente pratiche. Vedremo le conseguenze che ne derivano.
IL SAPERE FILOSOFICO – Ora possiamo comprendere meglio le nostre considerazioni all’inizio di questo studio, relativamente al carattere filosofico della scienza morale. Se è proprio della filosofia spiegare tutto con le cause prime e i princìpi primi dell’ordine naturale la filosofia morale dovrà applicarsi a risolvere tutti i concetti di cui fa uso, nell’evidenza metafisica costituita dai princìpi supremi che regolano tutta l’estensione dell’ordine morale. In tal modo tutta la filosofia morale sarà sospesa e dipendente dal principio supremo della moralità (bisogna fare il bene e evitare il male) e riguarderà non un dato uomo, ma universalmente la creatura ragionevole.
IL SAPERE PRATICO – Tuttavia la filosofia morale è una scienza pratica, non solo perché si riferisce ad operabili (gli atti umani), ma perché mira a dirigere l’azione. Soltanto, questa direzione rimane necessariamente lontana, poiché la filosofia morale riguarda molto più il fine degli atti morali che non i mezzi da impiegare. Quando essa considera questi ultimi, non si pone dal punto di vista dell’operazione concreta, ma unicamente dal punto di vista della connessione dei mezzi con il fine ultimo.
La precedente osservazione sembra non bastare però a far afferrare tutta l’ampiezza pratica della filosofia morale e sembra che sia necessario procedere ancora oltre. Poiché la filosofia morale, per il fatto stesso che è orientata a dirigere l’azione (quantunque da lontano), non può essere concepita come una semplice scienza speculativa delle finalità umane naturali. Dobbiamo anche ammettere che essa deve mirare a destare e attivare il desiderio del bene, a conferirgli, mediante i lumi ch’essa fornisce, più interesse e attrattiva. Di conseguenza, non sarebbe sufficiente intendere la morale come una scienza normativa nel senso che essa si formuli all’imperativo, definendo dei doveri: essa deve anche esercitare una funzione motrice, richiesta dalle necessità di una regolazione perfetta dell’agire umano, che, fino dal piano intelligibile delle essenze, deve risultare potentemente interessato al conseguimento dei fini morali. In ciò consiste il valore autentico di uno studio filosofico della morale; senza questo, ancora più del resto della filosofia, varrebbe essa più di un’ora di fatica? In parole povere, qui Jolivet afferma giustamente che la morale non è semplicemente qualcosa che definisce dei doveri: qui sfoceremmo in quello che oggi viene definito “moralismo”. Ma piuttosto, essa deve anche fornire il perché dovrei comportarmi in un determinato modo, spingendomi ad amare il bene in quanto mi rende più perfetto, più pienamente umano.
LA MORALE NATURALE
Per il fatto stesso che parliamo di filosofia morale noi parliamo di una morale naturale, vale a dire fondata su princìpi dell’ordine naturale e miranti a ordinare un’attività naturale. Tuttavia si tratta di sapere se tali condizioni siano date nella realtà.
LA SCIENZA MORALE INTEGRALE – La scienza morale, intesa secondo tutte le esigenze del suo concetto, si riferisce non solo alle cose, per qualificarle dal punto di vista del bene e del male, ma al buon uso della libertà, che si tratta di regolare in funzione del fine ultimo dell’uomo. Ne consegue, che la morale non può fare astrazione né dal fine ultimo della vita umana, che è di fatto, nello stato presente dell’umanità, d’ordine soprannaturale, – né dalle condizioni concrete dell’umanità.
LA SUBALTERNAZIONE ALLA TEOLOGIA – Si vede perciò che una filosofia morale puramente naturale non può costituire una vera scienza pratica, e che non vi sarà filosofia morale adeguatamente intesa che mediante subalternazione alla teologia.
- La morale della natura pura. Una filosofia morale che si organizzasse in funzione unicamente d’un fine ultimo puramente naturale e mirasse a uno stato d’esistenza puramente naturale, non sarebbe una vera scienza pratica, perché non concernerebbe che l’essenza astratta dell’uomo e non l’uomo esistenziale e concreto, il solo che agisca, e pertanto sarebbe una scienza formalmente speculativa. Con questo non vogliamo dire che non possa esserci una morale filosofica, e per conseguenza naturale. Si tratta semplicemente di riconoscere che una morale di questo genere è essenzialmente incompleta e non può esistere che per astrazione, a titolo di parte di una scienza morale adeguatamente intesa, e che essa sarà quindi incapace, con i propri mezzi, di preparare realmente e efficacemente l’attività concreta dell’uomo.
Ciò che permette di considerare per astrazione le finalità e le attività naturali dell’uomo, è il fatto che queste finalità e queste attività, come anche del resto il fine ultimo naturale dell’uomo, non sono aboliti dall’ordine della soprannatura, ma assunti e elevati dall’ organismo soprannaturale della grazia. Ma d’altra parte, se è vero che «astrarre non è mentire», lo è alla condizione di ben avvertire e nella misura in cui lo si fa, che si tratta di una astrazione. Osserveremo in seguito come l’ignorare (accidentalmente, come i moralisti pagani, sistematicamente, come numerosi moralisti moderni) il fatto soprannaturale della natura ferita e riparata, conduce a prendere l’astratto per il reale e a falsare tutte le prospettive in fatto di morale.
- La filosofia morale adeguatamente intesa. Da quanto detto prima risulta che una filosofia morale adeguatamente intesa non può fare a meno della subalternazione alla teologia, poiché soltanto così essa potrà tenere conto al tempo stesso dell’essenza dell’uomo e del suo stato di fatto, cioè dell’ordine naturale e della grazia.
Una scienza morale così intesa resterà distinta dalla teologia morale, perché ad essa spetta (giacché la grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona e la eleva) di trattare dell’agire umano, in quanto tale, che la teologia morale, invece, non può considerare. Il suo oggetto formale proprio sarà costituito dagli atti umani, considerati soprattutto nei loro rapporti ai fini temporali e alle opere temporali, cioè a tutto ciò che concerne il diritto e la giustizia, ma considerati al tempo stesso, benché indirettamente, come impegnati in un ordine soprannaturale che risuona, per trasformarli, fino nella loro più intima strutturazione. Lo strumento proprio della filosofia morale adeguatamente intesa sarà dunque sempre la ragione naturale, ma innalzata e rischiarata dai lumi che riceve dalla Rivelazione e dalla teologia.