< Torna alla categoria

La custodia dell’Europa

Storia10 Luglio 2018
Testo dell'audio

Chi è portato per studio o passione a rivivere le tracce del passato analizzando la storia, gli eventi, i personaggi o i luoghi con l’occhio della fede, si incammina realmente in una teologia, di cui il protagonista principale non è l’uomo, ma Dio. Dio, che si incarna nel Tempo, guidandolo provvidenzialmente, ieri come oggi e domani.

 

Il custode della fede

Tutto questo è ben visibile nel famoso Santuario di San Michele Arcangelo. Siamo nello “sperone d’Italia”, nel Gargano, in quella terra benedetta da Dio non solo per le sue bellezze naturali, ma anche per i santi e santuari che la Provvidenza ha donato. Dalla prima apparizione, nel 490, iniziò un legame cultuale fortissimo non solo tra l’Angelo ed il territorio garganico, ma con tutto l’Occidente latino, segnato proprio da quel primo miracolo (detto del toro) e dalla consacrazione che successivamente lo stesso san Michele fece della sua grotta come celeste basilica.

Le fonti storiche testimoniano la nascita e lo sviluppo di un lungo itinerario spirituale – la linea sacra micaelica – che, comprendendo i successivi santuari di Mont Saint Michel in Normandia e quello della Sacra di San Michele in Val di Susa, formarono come una koinè culturale e religiosa, che unì le diversità allora presenti dei costumi e delle tradizioni dei popoli del Mediterraneo bizantino, dell’Occidente latino e delle popolazioni germaniche.

San Michele, era già venerato profondamente nell’Oriente fin dai tempi di Costantino, il quale gli dedicò il Micaelion. Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi e Angioini, legandosi tutti profondamente al culto e alla venerazione di san Michele Arcangelo e della sua santa grotta, promossero e costruirono una fedele risposta al Principe delle Milizie celesti.

 

Le cripte longobarde

I segni vivi, che testimoniano il culto dei popoli all’Arcangelo, sono visibili così nel Santuario ancora oggi nella compresenza e stratificazione di diversi stili artistici o architettonici. Non ci deve stupire dunque della presenza, al di sotto dell’attuale Basilica, delle cripte longobarde.

Queste furono in realtà le strutture del primitivo santuario, almeno fino al XIII secolo. Sconfitti i Bizantini e costruito un Ducato del Sud Italia, furono proprio i Longobardi nel 668 con il duca Romualdo I a legare il controllo dell’Episcopato di Siponto alla capitale Benevento, promuovendo opere di ristrutturazione della Basilica e la diffusione del culto micaelico in tutta Europa.

Le cripte sono precedute da una galleria, dove è possibile ammirare i segni di croci incise sulla roccia dai numerosi pellegrini: tra queste, anche quelle dei Cavalieri Templari, probabilmente diretti in Terrasanta.

 

Verso l’attuale basilica

I lavori per l’attuale basilica furono voluti da Carlo I d’Angiò, che poté ringraziare così l’aiuto offertogli da san Michele Arcangelo nella guerra vittoriosa contro gli Svevi.

Le porte bronzee sono suddivise in ventiquattro pannelli sui quali sono raffigurati episodi biblici dell’Antico e Nuovo Testamento, che vedono protagonisti gli angeli, la storia delle apparizioni di san Michele al santo vescovo di Siponto Maiorano ed alcuni momenti della storia della Chiesa dei primi secoli. Sul portale sono incise le parole pronunciate, secondo la tradizione, dallo stesso san Michele al vescovo in una delle apparizioni: «Dove si spalanca la roccia, lì saranno perdonati i peccati degli uomini».

Appena entrati, si è come rapiti dalla bellezza del luogo e preparati alla sacralità della grotta dalla cappella dedicata a san Francesco. Qui il Santo di Assisi vi arrivò nel 1216, ma non osò entrare timore e rispetto, umilmente limitandosi a baciare la nuda roccia e a segnare su di essa un Tau.

 

Le «Vestigie pedate»

Meraviglioso alla sinistra del Presbiterio è l’altare dedicato alla Madonna del Perpetuo e naturalmente l’altare di san Michele Arcangelo, ritenuto il luogo originario delle apparizioni. Qui è infatti recintato da lastre di rame la pietra a forma di altare sulla quale sono impresse «due vestigie pedate, come di fanciullo [san Michele] impresse nella neve», come riporta nelle sue memorie l’arcivescovo Domenico Ginnasio.

Collocata sopra di esso, nel cuore della Sacra Grotta, vi è la statua di san Michele Arcangelo – opera del Sansovino –, scolpita nel marmo bianco di Carrara. È rappresentato col viso di adolescente, vestito con l’armatura di un legionario romano, mentre calpesta satana raffigurato come un mostro dal viso di scimmia, la coscia di capro, gli artigli di leone e la coda di serpente.

La posizione e il volto atteggiato a sorriso è quello di un soldato vincitore con il braccio destro che impugna una spada in atto di minaccia. È vincitore, tuttavia vigile, perché ci insegna la Chiesa che «è nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo; con la potenza divina ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime».

 

 

Questo testo di Emanuele Rossi è stato tratto dal periodico Radici Cristiane . E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

Da Facebook