La cristianizzazione delle Filippine

Secondo le scoperte archeologiche più recenti, il primo uomo nelle Filippine: sarebbe giunto durante il periodo pleistocenico medio, sfruttando il ponte di terra, che collegava all’epoca la regione all’Asia. Scomparve in un momento rimasto imprecisato, senza lasciare traccia: ancora non sono stati recuperati i suoi resti – né lo scheletro, né gli utensili da lui prodotti -. Finora il più antico fossile umano ritrovato in zona consiste, invece, in una calotta cranica, appartenente all’”uomo di Tabon”, un filippino dell’età della pietra.
Circa tremila anni prima, però, l’area era già stata occupata dai cosiddetti “Negritos”, anch’essi provenienti dall’Asia attraverso la penisola malese ed il Borneo: sono un’etnia caratterizzata da alcuni tratti somatici simili a quelli dei pigmei africani come, ad esempio, la bassa statura, la pelle scura, il naso piccolo e largo. Sono considerati come gli antenati dei gruppi Ati, ancora oggi presenti tra il sud dell’isola di Panay e dell’isola di Negros, ed Aeta, che vivono invece nell’isola di Luzon. Lo scioglimento dei ghiacciai formò nel tempo l’attuale arcipelago ed isolò queste popolazioni dal resto del continente. Abitarono in zona anche genti originarie del sud della Cina e delle coste del sud-est asiatico, oltre all’etnia malayo-polinesiana, che giunse, circa nel 3.000 a.C.
Il primo europeo a giungere in queste terre fu il portoghese Ferdinando Magellano. Nacque da famiglia nobile a Sabrosa nel 1480. Rimasto orfano a soli dieci anni, venne accolto a Lisbona come paggio alla corte di re Giovanni II. Partecipò a diverse spedizioni navali in Estremo Oriente, ciò che gli fece immaginare la possibilità di scoprire una rotta marittima, per raggiungere più rapidamente l’Asia. Postosi al servizio del re di Spagna Carlo V, fu ammiraglio a capo di una spedizione di cinque vascelli e 237 uomini, con cui il 16 marzo 1521, 500 anni fa, sbarcò nell’isola di Homonhon, poi a Samar ed a Zubu (Cebu).
Riuscì ad intessere rapporti di amicizia con alcuni capi locali, rapporti che fruttarono le prime conversioni al Cristianesimo. Pochi giorni dopo, il 31 marzo, Santa Pasqua, venne celebrata la prima Messa nell’arcipelago, nella piccola isola di Limasawa. Il 14 aprile, nella domenica Jubilate, padre Pedro Valderrama, cappellano della spedizione, dopo aver raggiunto l’isola di Cebu, battezzò il rajah Humabon ed oltre 500 indigeni, fondando così la prima comunità cristiana della regione. Magellano, all’indomani, piantò qui la croce, segno tangibile dell’avvenuta cristianizzazione di queste terre. La regina Juana, moglie del sovrano, ricevette in dono per il suo battesimo la statuetta lignea del Santo Bambino (il Santo Niño, il Bambin Gesù) e ne divenne la prima devota.
Nell’aprile 1565, dal galeone San Pedro, sbarcarono nell’isola di Cebu Miguel Lopez de Legazpi e padre Andres de Urdaneta, agostiniano, assegnato alla spedizione dallo stesso Filippo II «per il servizio di Dio, nostro Signore». Accettò, nonostante l’età avanzata e la salute fragile, e partì accompagnato da altri missionari dello stesso Ordine ovvero Diego de Herrera, Andrés de Aguirre, Martin de Rada e Pedro de Gamboa. Dopo un breve scontro con le popolazioni indigene al momento dell’approdo, un soldato, Juan de Camuz, ritrovò la statuetta del Bambin Gesù, rimasta miracolosamente illesa, tra le macerie di una casa devastata dalle fiamme. A quel punto gli esploratori aiutarono il rajah del posto, Tupas, nipote di Humabon, a rievangelizzare l’isola.
Questo testo di Mauro Faverzani è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it