La Coscienza Morale cristiana

Esiste anche un’ulteriore classificazione della coscienza: la coscienza cristiana in senso largo o naturale-umana e la coscienza cristiana in senso stretto o soprannaturale.
La prima è l’espressione vivente della somiglianza naturale con Dio, rimasta nell’uomo anche dopo il peccato originale. Essa per mezzo del lume naturale della ragione conosce il bene e il male morale. La seconda è l’espressione vivente dell’uomo nuovo, redento, figlio adottivo di Dio, investito dallo Spirito Santo, ammaestrato dalla Chiesa.
Questi è in grado, al lume della fede e della ragione illuminata dalla Fede, di compiere il bene soprannaturale e ciò che è meritorio.
Le due coscienze si distinguono:
- per la fonte di conoscenza (la ragione per l’una, la fede per l’altra),
- per il loro oggetto (valutazione di una azione in base alla moralità naturale nell’una e soprannaturale nell’altra),
- per il loro fine o motivo (conformità dell’uomo all’ordine morale naturale, che esige lo sviluppo della somiglianza con Dio, e rispettivamente conformità dell’uomo nuovo alla legge nuova, che esige lo sviluppo soprannaturale del nuovo essere in Cristo attraverso la imitazione di Cristo),
- per il loro criterio (legge morale naturale e legge civile positiva e rispettivamente legge rivelata positiva e legge ecclesiastica).
Nel cristiano, nell’uomo redento, tuttavia le due coscienze si trovano necessariamente insieme e sono intimamente connesse. Ciò si deduce dall’unità di connubio tra natura e grazia o dall’assioma: “la grazia suppone la natura e non la distrugge, ma la perfeziona”.
Nello stesso modo con cui natura e grazia sono in relazione tra di loro, lo sono anche le leggi della moralità che da esse derivano (agere sequitur esse). Perciò le due coscienze nell’uomo nuovo non sono separate tra di loro, non costituiscono due componenti parallele, non si dividono il campo della moralità come se una coscienza valesse solo per il campo della natura e l’altra per quello della grazia: esse formano un’unica coscienza soprannaturale.
Come la natura così anche la coscienza naturale non viene distrutta nello stato soprannaturale dell’essere e della vita in Cristo, ma viene liberata, santificata, completata, perfezionata, così come la legge morale dell’A.T. che sostanzialmente coincide con la legge morale naturale, viene completata in Cristo dalla legge dell’N.T. La coscienza naturale viene chiamata cristiana in senso largo, per il rapporto storico-salvifico che l’uomo e tutta la creazione ha col Cristo.
In questo senso la coscienza soprannaturale abbraccia, penetra la coscienza naturale, la incorpora a sé, come avviene per la natura rispetto all’ordine soprannaturale. Le verità naturali morali possono essere conosciute a fondo solo alla luce della fede nella Creazione e nella Redenzione, cioè solo quando sono viste in riferimento a Cristo e al Regno di Dio.
Con ciò si afferma anche che la coscienza soprannaturale non solo include quella naturale ma la sublima: la coscienza deve ora lasciarsi dirigere dalla legge della imitazione di Cristo e della missione che i suoi membri hanno di collaborare all’edificazione del Regno di Dio. Il cristiano non giudica più solo da uomo ma da membro di Cristo e del corpo Mistico che è la Chiesa. Egli non si ispira più soltanto a ciò che conosceva dal punto di vista naturale (bonum honestum), ma anche a ciò che è postulato e meritorio dal punto di vista soprannaturale. Egli si sente obbligato come cristiano da tutte le manifestazioni della legge naturale, e soprattutto della nuova legge, intendendo come fine l’imitazione del Maestro e il contributo da dare all’edificazione del Regno di Dio. Egli non tende solo alle virtù naturali ma a quelle superiori della Fede, della Speranza, della Carità.
La nuova coscienza soprannaturale che necessariamente fa parte del nuovo essere in Cristo nasce col Battesimo. Non essendo però già fin dal Battesimo pienamente sviluppata, essa ha bisogno, come la coscienza naturale, di una formazione, di una istruzione, di una educazione, di una pratica.
Il principio fondamentale “si deve fare il bene ed evitare il male” vale anche qui. Ma ciò che è buono e cattivo, ora non è indicato alla coscienza solo dalla ragione naturale, ma anche dalla Fede formulata in tutta la sua pienezza dalla Chiesa, resa concreta, viva e obbligante per noi attraverso l’essere e l’agire in Cristo. Così la premessa maggiore del sillogismo, espressa prima dal giudizio della coscienza “si deve fare il bene ed evitare il male”, prende ora questa forma che ha unicamente valore: è doveroso seguire Cristo, incrementare il Regno di Dio, che si sviluppa nella Chiesa, far trionfare in tutto e sopra tutto l’amore di Dio e la fratellanza che da questo amore è postulata, tendere al fine ultimo soprannaturale che è il Paradiso. Il contrario è proibito.
Attraverso la Fede, la coscienza dell’uomo nuovo conosce questa legge fondamentale. Le virtù soprannaturali infuse e i doni dello Spirito Santo elevano la coscienza naturale a coscienza soprannaturale e rendono possibile l’espletamento esatto della sua funzione.
Perciò la coscienza soprannaturale non è superiore solo per il contenuto a quella semplicemente naturale, ma lo è anche per il dono della Fede, della dottrina della Chiesa, più sicura e più perfetta, fondata com’è sulla parola di Dio, e perché anche i doveri morali naturali sono conosciuti in maniera più profonda e più estesa e nella loro relazione all’ordine soprannaturale. Nei limiti in cui la coscienza soprannaturale si attiene all’insegnamento dogmatico della Chiesa, non può sbagliare, perché la Chiesa non può errare in materia di fede e morale. È invece possibile un errore nella coscienza quando la Chiesa non si è ancora espressa chiaramente o quando non si conosce la sua dottrina o infine quando con un sillogismo falso si tirano conclusioni errate da un insegnamento giusto della fede.