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La Colletta

Liturgia21 Novembre 2019
Testo dell'audio

Al Gloria, ovvero al Kyrie segue la preghiera principale, cioè l’orazione del giorno o della festa, che normalmente si chiama Colletta. Questa è la sua giusta collocazione nell’organismo del rito della Messa. Infatti l’implorare umile e fiducioso nel Kyrie, come anche la lode della divina potenza e bontà nel Gloria, dispone ad un opportuno atteggiamento di preghiera; cioè, ci dispone a trovare ascolto presso Dio per quanto implorato con le nostre preghiere.

Il Signore non disdegna le preghiere di chi si umilia profondamente, e non disprezza il suo pianto (Sal. 101,18); la preghiera dell’umile e del mite Gli è gradita in eterno (Giud. 9,16), trapassa le nubi, e non si muove di lì finché l’Altissimo non gli avrà volto lo sguardo (Sir. 35,21). Le Collette sono preghiere imploranti, con cui la Chiesa, tramite la bocca del sacerdote, presenta al Signore Iddio i suoi materni desideri e richieste, per ottenere ai suoi figli quei doni e quelle grazie particolari relativi ai tempi e alle feste ricorrenti nell’anno liturgico. Pur essendo la Colletta solamente una piccola parte del sacrificio liturgico, offre tuttavia aspetti molto importanti ed interessanti.

I singoli formulari della messa sono composti in base ad una precisa regola, ma le diverse orazioni sono tutte recitate allo stesso modo. La prima precede l’Epistola ed è chiamata Oratio o Collecta (preghiera o colletta); la seconda conclude l’Offertorio e si dice Secreta (orazione sottovoce); la terza o ultima segue la comunione ed è intitolata Postcommunio (orazione della comunione). Per primo ci occupiamo della Colletta, anche per chiarire la fonte e il significato di questo nome insolito.

Con la parola Collecta un tempo si definiva abitualmente un congregarsi o un raduno di fedeli per pregare e per apprendere le funzioni liturgiche, soprattutto la celebrazione liturgica del Santo Sacrificio. In seguito passò a significare la funzione liturgica stessa: la preghiera mattutina e vespertina comune, la preghiera corale e la celebrazione del Santo Sacrificio. In modo particolare si chiamava Collecta la funzione preparatoria celebrata in una chiesa nei giorni delle Stazioni, per poi, da lì, procedere in processione verso la chiesa in cui si celebra la Stazione del giorno.

In questo preludio della festa, la benedizione e la preghiera finale del celebrante costituivano la Oratio ad Collectam, cioè la parte principale della preghiera nell’assemblea liturgica. Il nome lungo di Oratio ad Collectam, poi, fu semplicemente accorciato in Collecta, divenendo l’appellativo normale per l’orazione.

Ma se un tempo si designava con il nome di Colletta quell’orazione con l’assemblea del popolo nella funzione preparatoria per la seguente Stazione, allora si capisce che anche subito dopo – nella chiesa propria della Stazione – la prima orazione da recitare nella messa era da denominarsi allo stesso modo, poiché essa era una preghiera recitata dalla colletta, cioè dall’assemblea nella celebrazione liturgica di poco prima. Assieme a questa panoramica storica si possono naturalmente aggiungere anche altre spiegazioni che, però, spesso vengono espresse con forza ma senza chiarirne l’origine.

Come le preghiere della messa in genere, così anche l’orazione che precede l’Epistola, non è semplicemente una preghiera privata del sacerdote, ma è una preghiera liturgica; cioè una preghiera pubblica che il celebrante fa – in nome, per incarico e secondo le norme della Chiesa – in primo luogo per il bene di tutto il popolo cristiano. Il sacerdote sta all’altare in veste d’intermediario tra Dio e gli uomini: lì, egli, presenta i desideri e i propositi di tutti davanti al trono di Dio. Vale per lui ciò che vien detto del profeta Geremia: “Questi è l’amico dei suoi fratelli e d’Israele, colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio” (2Macc. 15,14).

I fedeli presenti al sacrificio sono un cuore e un’anima, essi pregano intimamente e si uniscono al sacerdote che, quale loro rappresentante, “raccoglie” o “ricapitola” le loro preghiere (vota populi colligit) per portarle davanti al Santissimo Cospetto di Dio. Il sacerdote celebrante è quell’Angelo del Signore che raccoglie il sacro incenso, cioè le pie preghiere dei Cristiani devoti, nella coppa d’oro del suo cuore, da dove salgono profumate al Trono dell’Altissimo (Ap. 8,3-4) .

Come preghiera collettiva, la Colletta viene considerata anche sotto un altro punto di vista. È comprensibile infatti, anche come preghiera che, nella sua eloquente brevità, racchiude in sé la somma o la quintessenza di tutto ciò che il senso del giorno liturgico ci muove a ottenere in particolare da Dio. Con questa sua caratteristica, la Colletta armonizza la sua collocazione nell’Ufficio della Chiesa: lì ritorna continuamente in quasi tutte le Ore, e in essa, e con essa tutte le precedenti preghiere trovano una conclusione solenne. Essa è dunque la preghiera “nucleo” del giorno, cioè quella preghiera che la Chiesa ripetutamente esprime e tiene presente, e che, soprattutto, desidera amorevolmente per i suoi figli.

Infine, secondo una visione edificante più che non motivata storicamente, alcuni vedono nel nome Colletta un’esortazione per il sacerdote e per i fedeli a concentrare tutte le facoltà dei sensi e dell’intelletto per “un profondo raccoglimento dello spirito” (collectis animis) di modo da presentare a Dio l’implorazione racchiusa nella preghiera. Il nome della prima orazione della messa, Colletta, è dunque ricco di profondo significato; la medesima suscita il ricordo delle solenni celebrazioni delle Stazioni agli albori della cristianità; contemporaneamente caratterizza l’Orazione quale preghiera liturgica sacerdotale; indica anche il ricco contenuto del giorno racchiudendolo nelle sue poche parole, e incoraggia un sentimento pio dell’anima, che dev’essere presente nel recitarla.

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