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Katharina Hasslinger Tangari: a fianco dei sacerdoti perseguitati

Arte e Cultura16 Dicembre 2019
Testo dell'audio

Nell’anno in cui cadde il Muro di Berlino, morì una donna d’eccezione, Katharina Hasslinger Tangari, sempre al fianco dei sacerdoti perseguitati dal comunismo dell’Est: era il primo dicembre 1989.

Sposa sempre fedele

Nata a Vienna il 10 marzo 1906 da una famiglia che serviva militarmente la Patria da più generazioni, nel 1936 si trasferì a Napoli dove conobbe il futuro consorte, il medico chirurgo Corrado Tangari, che sposò 24 giorni prima dell’Armistizio, il 16 agosto 1943. Durante la celebrazione nuziale, ella si offrì come vittima per la santificazione del Sacramento del matrimonio. E si immolò realmente: il marito l’abbandonò per un’altra donna, ma lei rimase fedele, fino all’ultimo dei suoi giorni, al giuramento fatto davanti a Dio e agli uomini. Katharina, seppur separata e non per sua volontà, rimase comunque legata al marito e continuò ad informare il consorte dei suoi giorni, dei suoi spostamenti, delle sue attività, come se vivessero insieme. Gli scriveva con grande frequenza e quelle lettere, piene di spiritualità, di sensibilità e di bene immortale, sono rimaste a dimostrazione di come il Sacramento del matrimonio non sia un’idea, bensì una realtà concreta.

Condannata a morte

Soltanto tre mesi dopo le nozze, il 5 novembre 1943, venne arrestata dagli Alleati come spia. Fu condotta davanti a un tribunale militare, che il 9 marzo 1944 la condannò a morte. Tuttavia Katharina si affidò totalmente a Dio. Molto intelligente e acculturata, conosceva bene sette lingue e, in inglese, si difese per nove ore davanti al tribunale militare, composto da 13 ufficiali; grazie alle sue idonee risposte, la pena capitale venne commutata nella carcerazione: dieci mesi nel campo di prigionia di Padula, undici mesi a Terni e poi Riccione, fino al 12 ottobre 1946.

Fu Katharina a curare la traduzione tedesca della Storia della letteratura italiana di Giovanni Papini per la casa editrice austriaca Pustet di Salisburgo. Ma studiò anche medicina e fu di fondamentale sostegno proprio al marito, per il quale redasse quaranta studi scientifici, in seguito pubblicati con il nome di Corrado Tangari. Lei, con la vocazione per il matrimonio e sempre innamorata come il primo giorno delle nozze, continuò a credere nell’anello che portava al dito, a dispetto di ogni condizione: da carcerata come da persona libera.

L’incontro con Padre Pio

Negli anni Cinquanta incontrò Padre Pio, da cui rimase spiritualmente rapita. Lo incontrò 70 volte: «Il bene che ho ricevuto da Padre Pio non appartiene soltanto a me, in quanto ritengo che il bene che riceviamo non è mai esclusivamente per noi, ma lo riceviamo anche per darlo agli altri. La vita di Padre Pio, così piena di sacrifici, di rinunzie e di sofferenze, è una fonte viva, naturale e gratuita di benefici per noi, benefici spirituali, corporali e materiali, secondo le nostre necessità. Oltre a ciò, la vita di Padre Pio è un richiamo, spesso severo ma anche salutare, rivolto alla nostra condotta di vita», come da lei scritto in Il Messaggio di Padre Pio, edito da Amis de saint François de Sales.

A Mariazell

Nel 1951 si recò a Vienna in visita ai suoi familiari e colse l’occasione per recarsi in pellegrinaggio al Santuario mariano di Mariazell, nel cuore della Mitteleuropa, a 870 metri di altezza, situato in una verde conca della Stiria, alle estreme propaggini delle Alpi Orientali, una delle più frequentate mete devozionali dell’Europa Centrale. Andò lì per pregare la Vergine Santissima, protettrice dell’Austria, occupata dalle truppe straniere. Katharina venne arrestata ad un posto di controllo russo, ma, miracolosamente, venne liberata e, per tale grazia, promise di compiere, nel primo sabato di ogni novembre, un pellegrinaggio proprio alla Madonna di Mariazell, voto che adempirà fino 1988 e che fece sempre a piedi nudi, per sette chilometri, dal luogo della liberazione miracolosa fino al Santuario.

Padre Pio comprese che la sua figlia spirituale poteva essere uno strumento di apostolato e di conforto per chi era perseguitato oltre cortina, là dove operava la “Chiesa del silenzio”, nei territori a dominazione sovietica. Questo apostolato, così rischioso e pericoloso, iniziò nel 1964. Oltrepassò più di cento volte le frontiere dei Paesi comunisti con 7 o 8 valigie colme di rosari, immaginette sacre e di tutto quanto potesse aiutare i sacerdoti vessati, incarcerati e privi di tutto. Passava la frontiera in treno o in corriera e, quando possibile, pregava in ginocchio per ottenere dal Signore che la polizia e i doganieri la lasciassero passare. Affidò il suo apostolato nei diversi Paesi dell’Est al Bambin Gesù di Praga.

Di nuovo in galera

Il 15 aprile 1971 venne arrestata alla frontiera della Cecoslovacchia. Dopo 66 interrogatori, fu condannata a 15 mesi di prigione. Il suo biografo, Yves Chiron, spiega che Katharina, dopo il durissimo carcere che la marcò a fuoco, si accostò alla lettura di opere concernenti l’esperienza carceraria, in particolare Le mie prigioni di Silvio Pellico, Una giornata di Ivan Denissovitch di Alexander Solgenitsin e in seguito, dello stesso autore, Arcipelago Gulag. Nel Diario delle devozioni, il 21 agosto 1977 la protagonista delle violenze comuniste scrisse:

«Terminata la lettura del terzo volume dell’“Arcipelago Gulag”! È una grazia! Un vero miracolo! Che il Signore sia benedetto e ringraziato di averci donato questo scrittore!».

Altri sacerdoti perseguitati

Ad un certo punto la sua indomabile attività apostolica venne fermata: le venne vietato di entrare nei Paesi dell’Est per dieci anni. Ma ecco che questa impavida donna, attenta ad operare soltanto per il Regno di Dio, fece una sorprendente scoperta: anche qui esistono sacerdoti perseguitati, che, nell’umiliazione, continuano a celebrare la Santa Messa tridentina e continuano a professare la Fede di sempre, ad insegnare la Dottrina cattolica di sempre, a sostenere le ragioni evangeliche di sempre e ad avere uno spirito soprannaturale, nonostante i rivoluzionari tempi culturali ed ecclesiastici imbevuti di secolarismo e relativismo.

Da qui prese avvio un’attività instancabile di aiuto e sostegno a questi sacerdoti. In 15 anni realizzò un lavoro liturgico immenso, fornendo a un elevato numero di cappelle tradizionali tutto il necessario per le funzioni (calici, pissidi, ostensori, paramenti, candelabri…), procurando poi ad ogni novello sacerdote il camice, la pianeta, l’astuccio per la comunione ai malati, la valigia-cappella.

Intanto lei viveva in povertà, ma, fidente nella Divina Provvidenza, riusciva a procurarsi il necessario ed a realizzare i suoi obiettivi, in cambio degli aiuti economici, che giunsero soprattutto dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Austria. Offrì Sante Messe, Rosari, sofferenze, digiuni. Pregava instancabilmente per gli amici e per i nemici. Sue mete di pellegrinaggio predilette erano i Santuari del Bambino Gesù di Praga, Mariazell, Altotting, Lourdes, Fatima, Pompei, la Scala Santa, Santa Maria in Cosmedin…

Membro del Terz’Ordine domenicano, ha lasciato un’innumerevole quantità di scritti, diari, lettere, appunti, quaderni di devozione, una miniera di fede e di pietà. Lei stessa preparò la sua immaginetta funebre, scritta in quattro lingue:

«Tutto ciò che ho potuto fare di bene nella mia vita fu una pura grazia di Dio, non meritata. Che tu, dolcissima Madre di Dio, abbia voluto darmi tanto amore per te, fu la mia più bella ricompensa».

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Questo testo di Cristina Siccardi è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

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