Il Volto Santo di Lucca: sguardo divino sull’Europa

L’antichissimo Cristo ligneo crocifisso, conservato nel Duomo di San Martino a Lucca, da secoli rivolge all’Italia e all’Europa il proprio sguardo, cui si sono affidati folle di pellegrini che lungo la Via Francigena si recavano a Roma.
Scriveva alla fine dell’Ottocento lo storico lucchese mons. Almerico Guerra (fratello della Beata Elena) nella sua Storia del Volto Santo di Lucca (1881):
«In quei secoli, ai quali la moderna civiltà regala il nome di barbari, ma cui meglio converrebbe il nome di secoli della Fede (…) era in gran fama un venerando Simulacro di Gesù Crocifisso, celebre pe’ suoi prodigi in tutta la Chiesa cattolica. Questo augusto Simulacro, a cui i divoti pellegrini accorrevano da ogni regione d’Europa, è quello che si custodisce e si onora nel magnifico nostro Tempio metropolitano col titolo di Volto Santo, ed agli estranei è noto col titolo di Volto Santo di Lucca».
Dalla Terra Santa a Lucca
Secondo una delle fonti più antiche, la cosiddetta Leggenda di Leobino, il Volto Santo fu scolpito da Nicodemo, il dotto fariseo che difese Gesù davanti al Sinedrio. Secondo una tradizione apocrifa egli era pittore e scultore, e in sogno avrebbe ricevuto da un angelo l’invito a tramandare la vera immagine di Gesù agli uomini. Nicodemo utilizzò lo stesso legno di quercia adoperato per la Croce, e usò invece il cedro del Libano per il volto di Gesù.
Iniziò a modellare il corpo di Cristo, ma si arrestò di fronte alle difficoltà di riprodurre quel viso straordinario che stranamente le sue mani ora non erano in grado di riprodurre. Si addormentò pregando, senza aver ultimato la testa, ma risvegliandosi si accorse che mani angeliche avevano completato la scultura.
Tempo dopo, quando già infuriavano le persecuzioni contro i primi cristiani, Nicodemo affidò la scultura a un amico, che la nascose nella città di Ramla per evitare che venisse danneggiata o trafugata dagli ebrei. La venerazione verso la santa effigie si conservò in segreto per secoli, fino a quando nell’VIII secolo il vescovo Gualfredo, in pellegrinaggio dall’Italia alla Terra Santa, la ritrovò grazie a rivelazione angelica. Gualfredo decise di porre l’immagine dentro una nave adornata di molti ceri e lampade accese. La ricoprì di bitume, affidandola alla Provvidenza e sperando che raggiungesse una terra che la venerasse. Sulla barca furono collocate anche due ampolle contenenti il sangue di Cristo raccolto sul Golgota da Giuseppe d’Arimatea.
La nave priva di equipaggio salpò dal porto di Giaffa, e dopo avere attraversato miracolosamente il Mediterraneo si arrestò di fronte alla costa di Luni, non lontano da Bocca di Magra, al confine fra Toscana e Liguria. I lunensi calarono immediatamente delle barche per depredare quella nave incustodita e senza equipaggio. Ma si verificò un ulteriore evento straordinario: ad ogni loro tentativo di raggiungerla, la nave riprendeva il largo.
Intanto nella vicina città di Lucca, un angelo apparve in sogno al vescovo, il beato Giovanni I, e gli rivelò che in prossimità di Luni era giunto su una nave il Volto Santo di Gesù. Gli ingiunse di recarsi subito là e di condurre con sé a Lucca la preziosa statua. Vedendo i ripetuti tentativi dei lunensi di salire sulla nave, il vescovo ordinò ai marinai di fermarsi, ed esortò tutti i presenti a invocare l’aiuto di Dio.
La leggenda narra che la nave si diresse verso di lui. Giovanni entrò con i lucchesi nella stiva e trovò il Volto Santo. Immediata sorse la disputa su quale delle due città potesse conservare la statua. Il vescovo Giovanni salomonicamente estrasse dal torso cavo della statua alcune reliquie, fra cui una delle due ampolle del sangue di Gesù, e le consegnò al vescovo di Luni. Ancora oggi l’ampolla è conservata a Sarzana.
Seguì poi quella che sarebbe passata alla storia come la “prova dei giovenchi indomiti”. Il Volto Santo fu issato su un carro cui furono attaccati due vitelli non ancora aggiogati. Gli animali, lasciati liberi si diressero verso Lucca. Dio aveva così manifestato la sua volontà e il vescovo Giovanni salito sul carro fece un ingresso trionfale in città.
Così la Leggenda di Leboino descrive l’evento:
«In mezzo a tanta esultanza e a sì solenne trionfo entrò il Volto Santo in Lucca, l’anno della salutifera incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo 742, al tempo di Carlo e Pipino, serenissimi re, nell’anno secondo del loro regno».
Gli storici hanno poi corretto la data, posticipandola di 40 anni.
Valenze simboliche della santa immagine
Il Santo Volto di Lucca presenta non poche peculiarità. Aquanti girano attorno all’edicola rinascimentale nel quale è collocata la statua, pare che lo sguardo di Gesù mai si distolga. Gli occhi infatti sono realizzati in polvere di vetro e lamina di argento: una tecnica raffinata che ne accentua il realismo.
Le palpebre poi sono spalancate giacché il Cristo ritratto è “triumphans”, trionfante sulla morte nel preannuncio della sua Resurrezione, e non “patiens”, morto sulla croce. Al Volto Santo di Lucca, presto assurto a modello iconografico, assomiglia il crocifisso conservato a Sansepolcro, in provincia di Arezzo.
La studiosa americana Anna Maria Maetzke nel 2002 ha rivelato l’esistenza di un documento del 1179, in cui si attesterebbe la cessione da parte dei lucchesi dell’autentico Volto Santo ai camaldolesi del Borgo d’Arezzo. Secondo altri studiosi il Crocifisso di Sansepolcro sarebbe invece una delle tante copie di Lucca realizzate in Europa prima e dopo il Mille. Al di là della disputa fra le due città toscane, entrambe le opere rientrano nella medesima tipologia iconografica.
Il volto, di rara intensità e solenne compostezza, presenta l’ovale allungato, magro, con i capelli e la barba spartiti, il naso aquilino dal profilo mediorientale. La figura del Redentore sia a Lucca sia a Sansepolcro indossa una tunica di foggia orientale, utilizzata dai sacerdoti in età medievale. L’abito di Lucca, in origine di colore rosso oggi annerito, è legato in vita con un doppio nodo, e, lungo sino alle caviglie, lascia intravedere i piedi non inchiodati e paralleli. Va però osservato che la tunica è sacerdotale e regale allo stesso tempo, simile a quella dei Sovrani Carolingi.
L’immagine del Cristo è stata così associata a quella descritta nell’Apocalisse (1, 12-13) del Cristo trionfante sacerdos et rex:
«Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d’oro e in mezzo ai candelabri c’era uno simile a figlio di uomo, con abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro».
Una devozione ultramillenaria
Il Volto Santo di Lucca ha dimensioni ragguardevoli: 2 metri e 45 centimetri di altezza per 2 scultura risulta in buona parte concava. Dietro la nuca fu scoperto un cassettino per reliquie. Radicatissima fu nella Lucchesia la devozione al Volto Santo sin dall’età medievale, quando la città fra i secoli XI e XIII era un’importante tappa della via Francigena e ospitava ben dieci ospizi per i pellegrini.
Undici Pontefici e numerosi Sovrani vi giunsero per prostrarsi davanti all’immagine, e il Re d’Inghilterra Gugliemo II (1056-1100), per sancire i suoi giuramenti, usava un’espressione particolare: “per Sanctum Vultum de Luca”. Dopo la solenne incoronazione della statua, avvenuta nel 1655, l’immagine si diffuse con rapidità nelle chiese, nelle abitazioni, e fu impressa anche sulle monete lucchesi.
Oggi la devozione dei lucchesi per il Volto Santo si rinnova ogni anno il 13 settembre con la processione serale della Santa Croce più nota popolarmente come Luminara, in cui si rievoca la solenne traslazione del crocefisso dalla chiesa di San Frediano al Duomo di San Martino. Il Volto Santo di Lucca, rappresentazione della suprema regalità del Cristo crocifisso sacerdote e re, continua ad esercitare la sua azione consolatrice. Al suo sguardo divino gli uomini di buona volontà affidano la salvezza dell’Italia e la conversione dell’Europa.
Questo testo di Alberto Castaldini è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it