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Il rifugio della Sindone

Storia25 Maggio 2018
Testo dell'audio

Dirigendosi verso Avellino lungo le tre direttrici autostradali (da Napoli, da Bari o da Salerno), non è possibile non notare una macchia di pietra bianca incastonata sulla montagna, che sovrasta la città. Si tratta del santuario di Montevergine, che da dieci secoli protegge la regione Campania, meta di uno dei pellegrinaggi mariani più popolari dell’Italia meridionale.

 

Vita da eremita

La storia del santuario è strettamente legata alla figura dell’eremita san Guglielmo da Vercelli (nato nella città piemontese nel 1085 e morto in Irpinia, presso l’Abbazia del Goleto, nel 1142). Rientrato in Italia dopo un lungo viaggio a Santiago di Compostela, decise di intraprendere un nuovo pellegrinaggio verso Gerusalemme. Giunto presso Taranto, dove voleva imbarcarsi, si incontrò con san Giovanni da Matera, il quale gli consigliò di rinunciare al pellegrinaggio e di operare per il servizio divino nelle terre d’Occidente: dopo una lunga riflessione spirituale, comprese che la strada indicatagli da Dio era quella di ritirarsi in solitudine e dedicarsi alla meditazione.

Volse dunque le spalle al mare e risalì la penisola: quando si trovò di fronte la maestosità del monte Partenio, in Irpinia, comprese che quello era il luogo prescelto da Dio e lì si fece costruire una cella ad un’altitudine di oltre 1.200 metri, dove rimase nella più assoluta solitudine, tutto dedito alla più alta contemplazione, a contatto con orsi e con lupi, senza che questi gli facessero del male.

Intanto la fama di santità dell’eremita si diffondeva sempre più, tanto che sul monte, spontaneamente, iniziarono ad arrivare uomini desiderosi di abbracciare uno stile di vita dedito alla preghiera e alla solitudine: in poco tempo numerose celle, fatte per lo più con fango e malta, ospitarono numerosi monaci. Allo stesso tempo si decise anche la costruzione di una chiesa, consacrata nel 1126, dedicata alla Madonna, verso la quale Guglielmo ebbe una profondissima devozione.

Ben presto i monaci di Montevergine si riunirono in una congregazione detta Verginiana (riconosciuta ufficialmente molto più tardi, nel 1879, da papa Leone XIII): nel corso dei secoli questa svolse servizio sia di evangelizzazione – utilizzando addirittura il dialetto locale, pur di arrivare ai ceti più bassi della società – sia di cura dei malati, con la costruzione di numerosi nosocomi in Campania e nel resto del sud Italia.

 

Il periodo di splendore

Nei due secoli successivi alla morte di san Guglielmo, avvenuta il 25 giugno 1142 presso l’abbazia del Goleto, il santuario raggiunse il periodo di massimo splendore artistico, arricchendosi di numerose opere d’arte ed espandendosi notevolmente grazie alle offerte di feudatari, papi e re: fu in questo periodo che venne donato il dipinto della Madonna, oggi venerato nell’antica basilica, assieme a numerose reliquie, tra cui le ossa di san Gennaro, che furono poi trasferite nel duomo di Napoli. Ciò avvenne nel 1497: in compenso, tre secoli dopo, nel 1807, dall’abbazia del Goleto (presso sant’Angelo dei Lombardi) giunse il corpo di san Guglielmo.

Tra alti e bassi, la vita della comunità religiosa scorse abbastanza tranquilla: non mancarono eventi drammatici, come incendi e terremoti che portarono a vari rifacimenti della struttura, né gli interessi di signorotti locali, attratti soprattutto dalle ricchezze dell’abbazia.

All’inizio del XX secolo la situazione migliorò notevolmente ed il santuario ritornò a godere dell’antica fama, diventando uno dei più visitati del sud Italia; per questo nel dopoguerra fu inaugurata una funicolare (1956), che collegava il santuario al centro di Mercogliano; successivamente furono portati a termine anche la nuova basilica, la cripta che contiene le spoglie di san Guglielmo, la sala degli ex voto ed un museo archeologico.

Ma la reliquia più illustre ospitata – in totale segretezza – fu la Sacra Sindone di Torino, nascosta nel monastero sette anni (dal 1939 al 1946), per sottrarla ai bombardamenti bellici ed alle mire di Hitler, istigato a prenderne possesso dal suo entourage dedito a ricerche occulte.

 

Questo testo di Luigi Vinciguerra è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

 

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