Il portamento

Il portamento dell’orante si conforma al contenuto della preghiera e da una parte favorisce la manifestazione perfetta del sentimento penitenziale interiore, dall’altra suscita elevazione e fortezza.
Il profondo inchinarsi del corpo, il congiungere le mani e il battersi il petto manifestano l’umile suo stato e il sentimento interiore di un povero peccatore che, pieno di colpa e rimorso, sta davanti a Dio – suo Signore e giudice – ad implorare grazia e misericordia.
Il sacerdote non osa alzare gli occhi al Cielo: inchinato e con profonda vergogna, abbassa il suo sguardo a terra, per mortificarsi davanti all’offesa Maestà Divina, poiché egli non è altro che “polvere e cenere” (1 Mos. 18,27).
Il congiungere le mani testimonia il raccoglimento spirituale, la dedizione a Dio, l’appoggiarsi in Dio, il non confidare nelle proprie forze ma, con piena confidenza, l’implorare Grazia e Misericordia.
Il battersi il petto, cioè il cuore peccatore, è il naturale segno simbolico di un sentimento contrito: ciò implica riconoscere sinceramente i propri peccati, essere addolorati e dispiaciuti di quelli commessi, far riparazione ed espiazione dei peccati dei quali ci si è pentiti.
Battere il petto significa che il cuore, ivi nascosto, è la causa del peccato e perciò merita di venire disciplinato, schiacciato e umiliato, affinché la sua arrogante superbia venga spezzata e vinta, in modo che Dio possa creare interiormente un cuore puro. Il battere il petto per tre volte indica, in un certo senso, la forte, intima e violenta intensità della contrizione: esso va inteso cioè come il dovuto accompagnamento delle colpe di cui si fa menzione nella triplice accusa (mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa) e messo in relazione con le tre forme di peccato (pensieri, parole e opere) di cui ci si accusa.