Il monastero di San Jeronimo de Yuste

Nel 1408 due compagni, Pedro Brañes e Domingo Castellanos, decisero di lasciare il mondo per dedicarsi alla preghiera, alla penitenza e alla contemplazione in un luogo isolato. Scelsero Yuste, a due chilometri di Cuacos, provincia di Cáceres, nel cuore dell’Estremadura. Col tempo, altri confratelli si sommarono ai due fondatori. Conosciuti come gli “Eremiti della povera vita”, nel 1414 chiesero all’abate del Monastero di Guadalupe l’incorporazione negli Jerónimos, un ordine eremitico spagnolo approvato nel 1373 da Papa Gregorio XI e improntato alla vita di S. Girolamo.
Dal ricercato oblio all’involontaria fama mondiale
Sin dall’inizio, l’ordine di San Girolamo era determinato ad essere piccolo, umile, nascosto, portando i suoi figli per il sentiero stretto dell’austerità. Leggiamo nelle Costituzioni che i monaci devono «cercare la salute dell’anima, chiusi nelle pareti del monastero, immersi continuamente nella lode divina. Devono pregare, cantare e piangere per servire la Chiesa e per placare l’ira di Dio contro i peccati del mondo». Gli Jerónimos rinunciano volontariamente agli onori degli altari, nonché a qualsiasi carica ecclesiastica o civile.
Grazie all’interessamento di don García Álvarez de Toledo, signore di Oropesa, gli eremiti di Yuste furono ammessi nell’ordine, ottenendo successivamente dal Papa l’autorizzazione per costruire una chiesa e un chiostro, inaugurati nel 1507.
Povero e nascosto, il monastero di Yuste visse in un voluto oblio finché, nel 1556, un fatto cambiò per sempre la sua sorte. L’Imperatore Don Carlo V decise di ritirarsi lì per prepararsi alla morte. Una placca ricorda: «Qui trascorse i suoi ultimi giorni nel mondo colui che ne era stato padrone e signore».
Per accogliere l’Imperatore fu costruito un piccolo palazzo, austero ma sufficiente, a fianco alla chiesa, con finestre aperte sul Coro affinché Sua Maestà potessi accompagnare le liturgie senza alzarsi dalla sedia. La partecipazione alla vita monastica non gli impediva, tuttavia, di ricevere personaggi principali, tra cui spesso suo figlio Filippo II, per trattare questioni politiche.
Dopo una lunga e dolorosa agonia, Carlo V morì il 21 settembre 1558, stringendo nella mano destra un Crocifisso. Le sue ultime parole furono: “¡Ya voy Señor!” (“Sto venendo Signore!”). Egli fu seppellito nella chiesa del Monastero, che così divenne Panteon Reale, salvo poi essere trasferito definitivamente a San Lorenzo dell’Escorial, vicino a Madrid, dove riposano i Reali di Spagna.
Questa improvvisa fama non turbò affatto la vita del Monastero, che continuò lungo i secoli a forgiare anime sempre più sante. Se non fosse per la volontaria rinuncia agli onori degli altari, Yuste conterebbe sicuramente una folta schiera di santi canonizzati.
Distruzione e ricostruzione
Nel secolo XIX, la furia iconoclasta dei liberali, che proclamavano libertà per tutti tranne che per i cristiani, si scagliò contro gli ordini religiosi, cercandone la distruzione. Nel 1809 le truppe napoleoniche incendiarono il Monastero, lasciando in piedi appena il chiostro gotico.
Con le leggi dette di desamortización, i pochi monaci rimasti a Yuste furono cacciati via e l’edificio, ormai in rovina, messo all’asta. Lo scrittore Pedro Antonio de Alarcón ricorda: «La natura si è incaricata di ridare un po’ di bellezza a questo teatro di desolazione. I pezzi di colonna, le pietre sparse qua e là, sono rivestite di un bel manto di erba lussureggiante».
Per impedire che lo storico Monastero cadesse in mani francesi (Napoleone III aveva espresso il desiderio di comprarlo), il marchese di Mirabel lo acquisì, ma senza possedere i mezzi sufficienti per restaurarlo integralmente. Nel 1941 i suoi eredi lo cedettero allo Stato spagnolo.
Nel 1949, la Dirección General de Bellas Artes iniziò la ricostruzione. I lavori furono affidati a José Manuel González Valcárcel, che cercò di ripristinare lo stile originale. Conclusa la restaurazione, nel 1958, lo Stato restituì il complesso agli Jerónimos, col solo vincolo di aprire al pubblico il Palazzo dell’Imperatore, diventato Monumento nazionale.
Dettaglio interessante: il nuovo Monastero fu arredato con gli stessi oggetti di quello antico, rintracciati e riacquistati uno ad uno.
Il 13 aprile 2007, il complesso fu dichiarato “Patrimonio europeo”.
Un luogo interessante e significativo da visitare
Il complesso comprende due aree ben determinate: il monastero propriamente detto, e il palazzetto dell’Imperatore.
La chiesa è in stile tardo gotico, a una sola navata e con un presbiterio assai sollevato. Il muro nord della chiesa corrisponde al lato del vecchio chiostro, pure esso in stile gotico. I soffitti delle gallerie sono in legno molto semplice.
Il piano terra comprende le aree pubbliche: cucina, refettorio, sala capitolare, biblioteca, ecc. Il primo piano è occupato dalle celle. Questo è il nucleo originale del Monastero.
Nel 1554 fu costruito il chiostro nuovo, di ispirazione chiaramente rinascimentale, finanziato da Álvarez de Trujillo, conte di Oropesa, che stravolse l’unità architettonica del cenobio. Esiste anche un terzo piccolo chiostro, piuttosto un cortile, chiamato dell’Imperatore, aperto su un bel giardino con fonti d’acqua.
Successivamente, e sotto la guida personale del Generale degli Jerónimos, Frà Juan de Ortega, sul lato sud fu costruito il cosiddetto Palazzo dell’Imperatore, in realtà una villetta in mattone e legno. Si estende su due piani, ognuno con quattro stanze. L’Imperatore abitava in quello di sopra, che comprende una sala per le udienze, un vestibolo, una sala da pranzo e una stanza da letto che apre direttamente sul coro della chiesa.
Il Monastero di San Jerónimo de Yuste è aperto al pubblico tutto l’anno.
Anche il paesino di Cuacos de Yuste contiene qualche elemento riguardevole, come la casa di Don Juan d’Austria, figlio naturale di Carlo V, Comandante della flotta cristiana nella battaglia di Lepanto.
Questo testo di Augusto de Izcue è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it