< Torna alla categoria

Il momento più importante della nostra vita

Analisi e commenti28 Giugno 2021
Testo dell'audio

Walter Benjamin, morto suicida nel 1940, è un filosofo ebreo tedesco presentato come un “profeta” del pensiero postmoderno. In una delle sue opere egli si interroga sul motivo per cui gli insorti parigini del 1830 pur senza essersi accordati prima, sparavano furiosamente agli orologi pubblici. Lo stesso accadde nella Comune di Parigi del 1871. Per Benjamin, capire cosa rappresentavano quegli orologi per i rivoltosi di Parigi significava comprendere l’essenza stessa della rivolta.

Nella sua XV Tesi sul concetto di storia egli scrive che: “la coscienza di far saltare il continuum della storia è propria delle classi rivoluzionarie nell’attimo dell’azione. La grande rivoluzione ha introdotto un nuovo calendario. Il giorno di inizio del calendario funge da acceleratore storico e, in fondo, è sempre lo stesso giorno che ritorna in forma di giorni festivi, che sono giorni della memoria. I calendari, quindi, non contano i giorni come le ore. Sono monumenti di una coscienza storica, di cui da cento anni a questa parte in Europa sembrano essersi perse le tracce. Già nella rivoluzione di luglio si verificò un incidente in cui a pieno diritto si affermava questa coscienza. La sera del primo giorno di battaglia, in diversi luoghi di Parigi, contemporaneamente e indipendentemente l’uno dall’altro, si sparò agli orologi delle torri. Un testimonio oculare, che deve forse la sua divinazione alla rima, scrisse allora: “Qui le croirait! on dit, qu’irrités contre l’heure / De nouveaux Josués au pied de chaque tour / Tiraient sur les cadrans pour arrêter le jour”. “Chi l’avrebbe creduto, che fossero così arrabbiati contro il tempo / Novelli Giosuè, ai piedi di ogni torre / Tiravano sui quadranti per fermare il giorno». (Tesi di filosofia della storia n. 15, in Angelus Novus. Saggi e frammenti, Einaudi, Torino 1962 (Frankfurt am Main, 1955,) p. 80.

Per Benjamin quelli orologi erano un simbolo di potere e di oppressione. I capitalisti erano i “padroni del tempo”, che presentavano alle classi sfruttate sotto forma di “progresso sociale”.

In realtà c’è un solo padrone del tempo ed è Dio, creatore e signore dell’universo. Era lui, il vero obiettivo dei rivoluzionari. Essi sparavano non contro il tempo, ma contro l’eternità.

Infatti l’impronta di Dio nell’universo non è presente solo in ogni pulviscolo creato che sussiste stabilmente nell’essere, ma in ogni momento creato che fluisce nel divenire. Ogni realtà finita, compreso il tempo, riceve il suo essere dall’atto creatore e conservatore di Dio. Non c’è attimo nel tempo, così come non esiste punto nello spazio che sia privo di tutta la pienezza dell’azione divina che inonda l’universo.

Sta all’uomo riconoscere o rifiutare questa presenza divina nel momento presente. “Il momento presente – osserva il padre de Caussade – è sempre pieno di infiniti tesori, contiene più di quanto voi possiate accogliere” (Abbandono alla Divina Provvidenza, tr. it. Paoline, Cinisello Balsamo 1979, p. 132). Il dovere di ogni istante, sotto apparenze spesso modeste, aggiunge il padre Réginald Garrigou-Lagrange, contiene l’espressione della volontà di Dio su di noi e sulla nostra vita individuale (La Providence et la confiance en Dieu, Les Editions Militia, Montréal 1953, p. 255).

Il padre Garrigou-Lagrange spiega come non bisogna limitarsi a vedere il momento presente nella linea orizzontale del tempo, tra un passato che non è più e un avvenire che non è ancora. “Viviamo soprattutto – scrive – sulla linea verticale che lo collega all’unico istante dell’immobile eternità. Accada quel che accada, diciamo: in questo momento Dio è e vuole attirarmi a Lui” (ivi, p. 269). Da qui l’infinita ricchezza del momento presente. Però, tra l’innumerevole serie di momenti presenti che misurano la nostra vita, ce ne è uno che è cruciale e definitivo: il momento della nostra morte, l’istante in cui finisce il tempo e inizia l’eternità.

Tutta la nostra vita non è altro che preparazione a questo terribile momento, che non è solo quello della morte, ma è anche quello del giudizio divino. La santificazione del momento presente ha come fine di farci santi, davanti a Dio nell’unico istante che veramente conta della nostra vita.

Da Facebook