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Il martire Giovanni Nepomuceno. Morì per non tradire il segreto confessionale

Santi: ritratti di fede04 Novembre 2021
Testo dell'audio

Si può morire per tener fede al segreto confessionale? È successo al martire san Giovanni Nepomuceno, in genere raffigurato con il dito sulle labbra serrate oppure accompagnato da un angelo che si presenta allo stesso modo; in altre rappresentazioni è ritratto, invece, mentre ascolta la confessione della regina di Boemia, Giovanna di Baviera (1362-1386), consorte di Venceslao IV (1361-1419), e tutte le sue effigi sono collocate comunemente nei pressi dei ponti, nelle chiese o accanto ai confessionali.

Nato intorno al 1350 nella cittadina di Pomuk in Boemia (attuale repubblica Ceca), entrò nel clero secolare, studiando prima teologia e giurisprudenza all’Università di Praga e poi all’Università di Padova, dove ottenne, nel 1387, la laurea in diritto canonico.

Fu nominato canonico nella chiesa di Sant’Egidio a Praga e nel 1389 divenne parroco della chiesa di San Gallo, nonché canonico della cattedrale di Vyšehrad. Nel 1390 rinunciò alla parrocchia di San Gallo per diventare arcidiacono di Žatec e nel contempo canonico della cattedrale di San Vito. Fattosi notare per le sue doti come notaio nella cancelleria episcopale e poi come protonotaio e segretario dell’arcivescovo di Praga Giovanni di Jenštejn (1347/48-1400), quest’ultimo lo nominò presidente del tribunale ecclesiastico e nel 1393 suo vicario generale. Fu allora che venne implicato nel violento conflitto che oppose san Giovanni al re di Boemia e di Germania, il quale, nel contesto dello sviluppo del movimento degli hussiti (seguaci della dottrina del teologo boemo Jan Hus, che fondò un gruppo cristiano rivoluzionario nella Boemia del XV secolo; essi furono precursori, insieme ai lollardi di John Wyclif, della Rivoluzione protestante), voleva estendere la propria influenza con l’obiettivo di mettere le mani sui beni ecclesiastici.

Nel 1392 tale lotta entrò in una fase acuta quando Venceslao IV fece giudicare tre ecclesiastici da uno dei suoi giudici e, volendo fondare una diocesi nuova per uno dei suoi favoriti, ordinò che alla morte dell’abate Racek del monastero di Kladruby nessun nuovo abate fosse eletto e che la chiesa dell’abbazia fosse trasformata in una sede vescovile sotto il suo controllo. Il vicario generale Giovanni si oppose energicamente a quest’ordine, che violava il diritto canonico. Quando l’abate Racek morì nel 1393, i monaci di Kladruby elessero subito il monaco Olenus e il vicario generale confermò prontamente quella scelta, senza curarsi delle reazioni di Venceslao IV, che lo fece arrestare insieme al Vicario della cattedrale, al prevosto Wenceslaus di Meissen, all’assistente dell’Arcivescovo e successivamente anche al decano dei canonici della cattedrale. Vennero torturati il 4 marzo 1393 e tre di loro cedettero alle richieste del Re, mentre Giovanni resistette fino alla fine, nonostante l’accanimento degli aguzzini, che lo sottoposero anche alla bruciatura dei fianchi con le torce, ma tutto fu inutile. Alla fine, il 20 marzo, il sovrano ordinò di condurlo per le vie di Praga per gettarlo nel fiume Moldava. Per tale ragione il luogo della sua esecuzione, il Ponte Carlo IV, è divenuto oggetto di venerazione e il martirio viene ricordato da una lapide. La sua salma fu ritrovata il 17 aprile, che trovò riposo nel magnifico monumento sepolcrale, completamente cesellato, nella cattedrale di San Vito a Praga.

Negli anni Venti e Trenta del Quattrocento gli scrittori cechi e tedeschi diffusero la voce che san Giovanni era stato il confessore della moglie di Venceslao IV, il quale voleva conoscere quei segreti, ma poiché rifiutava di rivelargli le confidenze da lei ricevute, per non tradire il sigillo confessionale, il Re lo sottopose alle torture, ma di fronte alla sua determinazione nel conservare il silenzio assoluto lo fece mettere a morte.

Nel XVIII secolo, grazie ai Gesuiti il suo culto ebbe una grandissima diffusione in gran parte d’Europa. Nel 1672 la statua del santo venne posta sul ponte Carlo IV di Praga e altri monumenti furono collocati in moltissime chiese e santuari. Il processo perché venisse innalzato all’onore degli altari si aprì a Praga nel XVII secolo e si concluse con la beatificazione nel 1721 e la canonizzazione nel 1729, sotto il pontificato di Benedetto XIII (1649-1730). Gli atti della canonizzazione sono basati sulla tradizione che il santo morì il 16 maggio del 1383, ucciso per il suo rifiuto di rivelare quanto detto in confessione dalla regina.

A causa dei dubbi sulla storicità di san Giovanni, fra il 1919 ed il 1920 molti monumenti a lui dedicati in Boemia furono distrutti. Nel 1973 ricerche antropologiche sui suoi resti confermarono la loro compatibilità cronologica con il periodo storico a cui erano attribuiti, così il culto riprese vigore. Nel 1993, a sei secoli dalla morte, fu dichiarato «anno di san Giovanni Nepomuceno» dall’arcivescovo di Praga, il cardinale Miloslav Vlk (1932-2017).

In Italia sono molteplici le statue innalzate a san Giovanni Nepomuceno presenti nelle chiese, sui ponti e nelle piazze. Dopo la canonizzazione, il suo culto si diffuse rapidamente anche a Venezia. Nel sestiere di San Polo, nella chiesa omonima, sopra l’entrata, vi è un lunettone ad affresco che lo ritrae; nella cappella a lui dedicata nella stessa chiesa, la pala d’altare di Giambattista Tiepolo lo raffigura in adorazione della Madonna con il Bambino ed un’altra tela del figlio Giandomenico rappresenta il suo martirio. Sempre a Venezia la presenza del santo boemo è capillare in molti luoghi sacri, come ai Santi Apostoli, a Santo Stefano, a San Niccolò dei Mendicoli, a San Geremia, a San Martino. Una statua a lui dedicata è collocata sul Canal Grande all’imbocco del canale di Cannaregio. Insieme alla Vergine Maria, san Giovanni Nepomuceno è patrono e protettore dei gondolieri.

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