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Il difetto dominante. La sua natura

Spiritualità26 Ottobre 2019
Testo dell'audio

Ciascuno di noi ha un temperamento particolare che comprende tutto il nostro modo di sentire, giudicare, simpatizzare, volere ed agire. Questo temperamento va perfezionato da ognuno di noi mediante la pratica delle virtù cristiane. Ciò che può impedire quest’opera di perfezionamento, oppure eventualmente portarci alla rovina eterna, è ciò che si chiama il difetto dominante’.

Padre Garrigou-Lagrange OP lo descrive come: ‘Il nostro nemico domestico che dimora al nostro interno… talvolta è come una fessura nel muro che appare stabile, ma non lo è. È come una crepa, a volte impercettibile ma profonda, sulla splendida facciata di un palazzo, che per una scossa vigorosa potrebbe anche far crollare tutto fino alle fondamenta.’

Proprio come una crepa, possiamo scorgere il nostro difetto dominante, oppure pensare che sia superficiale e che non scavi in profondità. Oppure, avendola scorta in passato s’intonaca per non vederla più. La prudenza impone, invece, che, se la crepa nel muro viene vista, la si esamini e se ne valuti la profondità: forse c’è effettivamente un problema strutturale che minaccia l’intero edificio.

Esempi di difetti dominanti sono: la debolezza morale, la pigrizia, la gola, la sensualità, l’irascibilità, e la superbia. Questi possono caratterizzare il nostro intero temperamento, compromettendo la nostra virtù dominante, che, per citare di nuovo Padre Garrigou-Lagrange, è ‘La felice tendenza della nostra natura’, che dovrebbe svilupparsi e crescere con l’aiuto della Grazia. Questa virtù dovrebbe anche determinare il temperamento di ognuno.

Valutiamo l’esempio di qualcuno con un temperamento passivo, paziente, docile e rassegnato, il cui difetto dominante e’ la debolezza morale e la virtù dominante, la dolcezza. Se il difetto dominante prende il sopravvento, la persona sarà preda della mancanza di rispetto umano, della codardia morale, dell’irriflessiva conformità alle convenzioni ed alle mode del Mondo, preda dell’indulgenza eccessiva, fino al punto talvolta di perdere completamente le sue forze, anche fisiche.

Non sarà più dolce e mite, bensì semplicemente debole; sebbene si consideri, come anche tutti gli altri lo considerino, dolce, mite, buono, e gentile. La vera dolcezza viene schiacciata, soppressa, e distrutta dalla debolezza morale. Similmente, qualcuno con temperamento forte può avere come virtù dominante la forza d’animo nell’affrontare l’ingiustizia, e come difetto dominante, invece, l’irascibilità e la rabbia. Il pericolo per costui è il dar libero sfogo alla sua irascibilità, cosicché la sua forza d’animo degeneri in violenza irragionevole nelle parole, nelle opere, e nei pensieri, e quindi procurare danni indicibili agli altri, ma sopratutto a se stesso.

E’ essenziale quindi, innanzitutto, riconoscere il difetto dominante e poi combatterlo. Scoprendo la debolezza morale in noi, potremo contrastarla, chiedendo assiduamente a Dio di farci forti, per far fronte ai nostri doveri, alle nostre responsabilità ed alle spiacevoli sfide che la vita ci propone in continuazione, anche se nessuno ci sta ad osservare per rimproverarci di essere negligenti o disimpegnati.

Accorgendoci, invece, di essere irascibili, bisogna lavorare su noi stessi con la Grazia di Dio e controllandoci rigorosamente, e di conseguenza, imparare la dolcezza e la docilità, anche se (come nel caso di Sant’ Ignazio Loyola e San Francesco de Sales) potrebbero volerci molti anni.

In fin dei conti, se siamo al mondo per perfezionarci, non si tratta forse di un compito importante? – almeno sullo stesso livello dei doveri nella nostra vita, dei nostri impegni quotidiani, e delle opere di carità in cui possiamo cerchiamo di aiutare il prossimo. Se non abbiamo amore per noi stessi, allora come possiamo amare il prossimo? Il proprio perfezionamento morale non è forse il vero modo per amare se stessi?

Se le motivazioni di tutto il nostro agire sono viziate – dall’orgoglio per esempio, allora sarà viziato anche tutto il nostro agire; se siamo deboli, invece, rinunciamo a molte azioni buone che a loro volta avrebbero potuto portare a molte conseguenze positive; se siamo irascibili e rabbiosi, creiamo attorno a noi, secondo la parola dello stesso padre Garrigou-Lagrange, ‘ogni tipo di disordine’; se siamo critici verso gli altri, nutrendo e coltivando antipatie, allora contravveniamo costantemente al comandamento di Nostro Signore: amare il prossimo.

Col passare del tempo, il difetto dominante diviene un’abitudine, condizionando tutto il nostro temperamento, finché diventa per noi naturale sentire, giudicare, pensare, ed agire secondo la sua influenza. Perciò diventa difficile riconoscere quel difetto, perché di esso ci siamo già totalmente impregnati.

Oppure, anche se lo individuiamo, difficilmente lo ammetteremmo – soprattutto se siamo superbi. Ma anche se individuiamo la presenza di questa crepa nel muro, e la ammettiamo altresì, se siamo moralmente deboli o se temiamo la conversione, rifiutiamo di esaminarla e, di conseguenza, di cambiare le abitudini e l’intera vita.

Nel frattempo subentra il demonio con le sue astuzie. Lui conosce bene il nostro difetto: ci lavora su da quando siamo nati. È lui stesso che ha intonacato la crepa e riverniciandola, o ci aiutatoci a farlo. Aumenta la nostra cecità nel non vederla, la nostra superbia nel non ammetterla e la nostra paura di dover poi ricostruire tutto l’edificio, se necessario.

 Padre Konrad zu Lowenstein

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