Il conforto dell’amore

Finalmente la terza gioia delle anime purganti è quella dell’amore. L’amore rende ogni cosa facile ed ogni sofferenza sopportabile. Ubi amatur non laboratur, aut si laboratur, labor amatur, scrisse S. Agostino. Malgrado l’imperfezione e la miseria del nostro povero cuore, noi arriviamo a comprendere questa verità anche sulla terra. Chi non ha amato almeno una volta in vita sua, e chi nelle gioie di un amore corrisposto non ha sognato immolazione e sacrificio intero fino alla morte?- Quale è quel sacerdote che nelle gioie del suo ministero sublime non ha invidiato la sorte del martire che dà a Dio in testimonianza d’amore il proprio sangue? Soffrire per espiare, soffrire per testimoniare il proprio amore, sono i due poli della vita cristiana, disse Lacordaire. E questo duplice sentimento si trova in Purgatorio.
Avendo già parlato delle gioie dell’espiazione, diremo ora delle gioie pure ed intime dell’amore, ed affinché le espressioni siano adeguate al sentimento, lasciamo parlare l’ardente eroina Santa Caterina da Genova, fedele interprete dei sentimenti delle anime purganti. «Io vedo, essa dice, che questo Iddio d’amore, lancia sulle anime certi raggi infuocati così penetranti che annienterebbero, se ciò potesse essere, non solo il corpo ma perfino l’anima. Esse poi provano una gioia sì grande nel vedersi interamente affidate alla volontà di Dio, che compie su loro tutto ciò che a lui piace e come meglio piace, che al loro spirito non si presenta mai un pensiero capace di aumentare le loro sofferenze, e solamente vengono l’operazione della divina bontà e quella ineffabile misericordia che usa Dio verso l’uomo, facendo che il Purgatorio gli serva di strada, per condurlo a lui. Quanto a ciò che può tornare a loro interesse, o pena o bene che sia, è loro assolutamente impossibile di fermarvi lo sguardo, imperocchè se ciò potessero, la loro carità non sarebbe più cosa pura».
Quelle anime poi hanno una volontà in tutto conforme a quella di Dio; così Dio nella sua bontà fa sentire loro l’amore infinito che per esse nutre, per cui dal lato della volontà, sono veramente e completamente felici. E nondimeno soffrono orribilmente, poiché l’amore non vale ad impedire che sentano di soffrire. Anzi il loro amore verso Dio si converte in istrumento di sofferenza, perché possedute come sono dal desiderio di vederlo e di unirsi a lui, tanto più soffrono quanto più quella vista e quell’unione vengono ritardate. «Perciò questo ritardo che trovano le anime cagiona loro pena intollerabile; poiché mentre dalla grazia sono loro mostrate quelle perfezioni, non potendole esse raggiungere, e sapendo tuttavia di esser destinate a possederle, ne soffrono immensamente. La stima ch’esse hanno di Dio cresce in relazione della conoscenza che ne hanno, e questa conoscenza aumenta a misura che l’anima si spoglia dei residui del peccato.
L’anima dunque è felice in questo stato, ma felice come il martire sul rogo, felice di una felicità tutta pura, tutta soprannaturale, e che il mondo non può arrivare a comprendere. Come il martire, prosegue a dire la Santa, che si lascia uccidere prima di offender Dio, sente dì morire, ma disprezza la morte per lo zelo che il Signore gli dà; così l’anima conoscendo le disposizioni di Dio a suo riguardo, stima più queste che tutti i tormenti interiori ed esteriori per terribili che possano essere, e questo perché Dio, pel quale essa agisce così, eccede infinitamente ogni cosa che sentire e immaginare si possa. E poiché l’occupazione che Dio dà all’anima di sé la tiene tanto assorbita nella contemplazione della sua maestà, avviene che l’anima d’altro non può fare stima, d’altro non può curarsi che di lui».
– Or che dovremo concludere da tutto ciò? Forse che dovremo vivere spensieratamente senza preoccuparci della nostra sorte avvenire? Giammai, perché questo sarebbe un disprezzare e contraddire gli avvertimenti de’ Santi. Finiremo dunque con quell’ardente esortazione che S. Caterina da Genova rivolge a tal proposito a tutti gli uomini che vivono nel mondo: «Vorrei, essa dice, poter gridare sì forte, che tutti gli uomini che sono sopra la terra mi udissero e si spaventassero, e vorrei dir loro; Oh miseri! perché vi lasciate così accecare da questo mondo, da non pensare a premunirvi da quelle grandi e crudeli necessità nelle quali vi troverete in punto di morte? Voi vi credete al coperto sotto la speranza della misericordia di Dio, la quale dite essere tanto grande; ma non vedete che appunto tanta bontà di Dio vi aggraverà nel giudizio?
Miserabili! Voi agite contro la volontà d’un tanto buon Signore. La sua bontà vi dovrebbe consigliare a sottomettervi a tutti i suoi comandi e a non disubbidirgli colla speranza del perdono, poiché la sua giustizia non potrà mancare, ma bisognerà che in un modo o nell’altro sia soddisfatta pienamente. Non vi illudete dicendo: io mi confesserò, guadagnerò un’indulgenza plenaria, sarò in quel punto purgato da tutti i miei peccati, e così andrò salvo. Pensate che la confessione e contrizione tanto necessarie per guadagnare tale indulgenza, sono così difficili ad aversi, che se lo sapeste appieno, tremereste dalla paura e sareste più certi di non averle che di poterle guadagnare».