I Turchi all’assalto della Cristianità

La storia dell’espansione ottomana in Asia e in Europa è, effettivamente, un’epopea affascinante quanto crudele. Duttili, spietati, accorti, tolleranti quanto basta e quanto conviene, militarmente formidabili e disciplinati, i turchi osmani erano una tribù di nomadi asiatici al soldo dell’Imperatore di Bisanzio.
I turchi verso Costantinopoli e i Balcani
Dal 1300 in poi, in coincidenza con la fine delle crociate, iniziarono a espandersi in Anatolia mettendo alle strette i loro ex datori di lavoro, i bizantini, e passarono sul continente europeo nel 1354: da allora, i loro successi divennero travolgenti.
Nel 1389 sconfiggevano i serbi nella grande battaglia di Kosovo Polje, assicurandosi la loro alleanza nelle guerre successive e controllando gran parte della Penisola balcanica. La Chiesa promosse una grande crociata che vide radunata la migliore cavalleria europea del tempo ma che fu schiacciata dalle armate turche nella decisiva battaglia di Nicopoli (1396).
A quel punto i turchi, ripresisi dopo la disastrosa sconfitta subita dai mongoli ad Angora nel 1402, puntarono alla conquista di Costantinopoli con la coscienza di essere destinati a raccogliere l’eredità dell’Impero bizantino. Il 29 maggio 1453 Maometto II il conquistatore entrava nella Seconda Roma e ne faceva la capitale del proprio immenso impero.
Luci e ombre della risposta cristiana
L’Europa sembrò priva di ogni difesa davanti alle armate invincibili del Turco ma una grande crociata, promossa da Papa Callisto III e guidata da san Giovanni da Capistrano e da Giovanni Hunyadi, conseguì una vittoria spettacolare a Belgrado il 22 luglio 1456. L’esercito ottomano venne annientato e lo stesso Maometto, ferito a una gamba, scampò di poco alla cattura.
Cominciò allora il duello fra i sultani turchi e l’Europa continentale, condotta con sagacia dagli uni e con scoraggiante egoismo e miopia dall’altra. Nel corso dei decenni successivi, la Sublime Porta badò bene ad attaccare un nemico alla volta, approfittando delle divisioni politiche europee.
Lo schema era semplice: una guerra contro Venezia veniva scatenata solo se vi era una pace con l’Impero Asburgico e viceversa. A questi conflitti si aggiungevano obiettivi secondari o di opportunità, come l’attacco a Otranto (1480) o la repressione della resistenza albanese condotta dal leggendario Giorgio Castriota Skanderbeg. Solo la Chiesa, coi suoi pontefici, coi propri difetti, ma anche con una lungimiranza, una tenacia, una sapienza e un’abilità diplomatica e finanziaria straordinarie, seppe essere l’unico vero avversario del Turco.
Carlo V salva l’Europa
La situazione si fece ancora più complessa con la Riforma protestante, quando, oltre alle divisioni politiche, subentrarono quelle religiose. Va detto che, occasionalmente, anche Lutero cooperò con Carlo V per respingere la minaccia turca che si affacciava ai confini dell’Impero dopo la presa di Belgrado (1521) e, soprattutto, dopo il primo assedio di Vienna (1529), conclusosi con una vittoria insperata da parte cristiana. È innegabile, però che fu l’Europa meridionale a combattere contro Solimano e a salvare il continente.
La storia del “secolo di ferro” (dal titolo del famoso saggio di Henry Kamen) vede battersi spagnoli, italiani, slavi e tedeschi del sud in una lotta disperata contro i turchi e, contemporaneamente, contro francesi e protestanti. Tale fu il destino di Carlo V e dei suoi successori. Come si è detto, questa unità, frammentaria, sempre difficile e temporanea, fu realizzata dalla Chiesa laddove l’Impero non vi riusciva.
La guerra sul mare
Verso la metà del XVI secolo la spinta turca proveniente dai Balcani si era sostanzialmente arrestata ma, con la conquista turca del Nord Africa, iniziò l’offensiva navale nella quale, ancora una volta, i turchi si dimostrarono quasi sempre invincibili.
Le coste italiane e spagnole furono devastate dai predoni barbareschi e le battaglie navali si conclusero quasi sempre con disastri militari che indebolivano ancora di più le difese.
Nel 1560 una grande spedizione organizzata da Filippo II veniva completamente annientata a Djerba. La situazione era disperata. Alla strategia di Solimano mancava solo un tassello: Malta, difesa dagli incrollabili Ospitalieri.
La storia dell’assedio di Malta del 1565 è una delle più epiche della storia militare. La si potrebbe chiamare “la Stalingrado turca” per come un esercito strapotente vene progressivamente falciato dalla resistenza di poche migliaia di incrollabili guerrieri, cavalieri e maltesi.
Solimano, scosso dal fallimento, volle guidare di persona un’ultima offensiva verso Vienna nel 1566. Morì per un colpo apoplettico sotto le mura di Szigetvar, irato per la resistenza opposta da un capitano (per alcuni croato, per altri ungherese) quel Niklas Zriny (o Zrinsky) la cui vita e morte sarebbero un magnifico soggetto cinematografico.
Col nuovo sultano, Selim II, apparve sempre più chiaro che, per mantenersi politicamente stabile e svilupparsi, l’Impero osmano aveva bisogno di fare continue guerre, contro l’Europa o contro la Persia.
Da qui l’attacco a Cipro, possedimento di Venezia con la quale vi era una pace che durava da quasi ottant’anni. La resistenza di Famagosta, condotta da Marcantonio Bragadin, diede tempo a Papa Pio V di costituire una Lega Santa che fosse in grado di sfidare la flotta ottomana e spezzare il suo predominio sul Mediterraneo.
Con la battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571) ricordata nelle seguenti pagine, venne sventata la minaccia dell’invasione dell’Italia ma, ancora una volta, la guerra venne vinta dalla Sublime Porta come in tutte le occasioni precedenti. I turchi avrebbero imposto le proprie condizioni all’Europa per molto tempo ancora.
Questo testo di Alberto Leoni è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it