I Santi ed il Natale

Il Natale, da tempo, è stato trasformato in una festività di carattere pagano o strumento per veicolare ideologie, dottrine sociologiche e politiche. Come si può allora recuperare il reale senso del Santo Natale, in un’epoca in cui ogni questione religiosa diventa occasione per parlare solo del mondo senza la Santissima Trinità? Il mondo usa le meraviglie della Verità per alterarle, sporcarle, corromperle, svuotarle del loro significato intrinseco e primigenio. Tuttavia, il senso del Natale lo si può recuperare attraverso i Santi. Essi sono stati il punto d’arrivo concreto della testimonianza del Vangelo in terra, ecco perché diventano oggi indispensabili per ottenere una giusta dimensione di cosa significhi vivere in modo cattolico ogni festività liturgica.
È evidente che tutti i Santi di Dio avevano ed hanno un’attenzione intima verso il Santo Natale, ma c’è chi ha dimostrato questa devozione con atti pubblici oppure con gli scritti, dando la possibilità, di generazione in generazione, di attingere insegnamenti, riflessioni, spunti e preghiere. San Francesco d’Assisi, come è ben noto, fu l’ideatore dell’uso del presepio, allestendolo pubblicamente, con persone in carne ed ossa, nel borgo di Greccio, in provincia di Rieti, universalmente conosciuto come «la Betlemme francescana»; la sua mirabile iniziativa si realizzò nel Natale del 1223, prima di essere stigmatizzato da Gesù Cristo, apparsogli in figura di Serafino, il 14 settembre 1224; volle, quindi, celebrare il ricordo della natività del Bambin Gesù con la maggiore solennità possibile, facendo rivivere alle anime quella Santa Notte non come fatto umano, ma per quello che era e che è, un fatto divino, quando il Cielo irruppe nella natura portando la Luce della Grazia.
Insieme alla gente di Greccio contemplò la Gloria di Gesù Bambino, lì ed ora, con persone vere e animali veri. E «l’uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia», come lascia scritto il suo biografo san Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda maior. La Santa Messa venne celebrata da frate Leone, fedele amico e segretario di san Francesco, sopra la mangiatoia. Frate Francesco cantò il passo natalizio del Vangelo e sviluppò la sua predica su Colui che definì il «Bimbo di Betlem». C’è chi, come il cavalier Giovanni di Greccio, vide in quella circostanza san Francesco con il Bambinello divino stretto fra le sue braccia.
Un’attenzione particolare verso il Santo Natale ebbe anche san Gaetano di Thiene (1480-1547), fondatore dell’Ordine dei Chierici regolari teatini. Nella Santa Notte del 25 dicembre 1516 celebrò la sua prima Messa nella basilica di Santa Maria Maggiore in Roma. Durante la celebrazione della Messa, gli apparve la Beata Vergine, che gli pose fra le braccia il Bambino Gesù. Egli si trovava precisamente nella cappella del Presepio (dove si conservano, inseriti in una magnifica culla di materiali preziosi, alcuni legni della culla di Gesù), quando ad un certo punto, rapito da acceso amore e trasporto per la Madre di Dio e il Figlio, si protese con le braccia verso le loro immagini: fu allora che Maria Santissima posò sulle sue braccia tese il Bambino Gesù.
Patrono del suo casato nobiliare era san Girolamo, morto a Betlemme il 30 settembre di 1600 anni fa, il quale ha lasciato pagine mirabili sul Santo Natale. L’identificazione già presente nel padre della Chiesa Girolamo fra Betlemme e il Pane della Vita, Cristo Signore, condusse molti teologi a legare il presepio all’Eucaristia.
Meravigliosi scritti incentrati sul Santo Natale, di carattere sia teologico che lirico, appartengono ad un altro insigne teologo, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, definito “il dottore della salvezza”, il quale, nel libro Novena del Santo Natale colle meditazioni per tutti i giorni dell’Avvento sino all’ottava della Epifania, scrisse: «Molti cristiani sogliono per lungo tempo avanti preparare nelle loro case il presepe per rappresentare la nascita di Gesù Cristo; ma pochi sono quelli che pensano a preparare i loro cuori, affinché, possa nascere in essi e riposarsi Gesù Cristo. Tra questi pochi però vogliamo essere ancora noi, acciocché siamo fatti degni di restare accesi di questo felice fuoco, che rende le anime contente in questa terra e beate in cielo». Ispirato da questa esigenza, sant’Alfonso propose una serie di meditazioni di eccelsa spiritualità, che continuano ad intendere nel modo vero e perfetto che cosa sia il Natale e come debba essere vissuto in spirito cattolico, dunque soprannaturale.
Questo testo di Cristina Siccardi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it