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I partecipanti ai frutti della S.Messa – III Parte

Liturgia07 Luglio 2022
Testo dell'audio

Quanto rapidamente una tale anima possa essere liberata dal purgatorio dipende dalla volontà di Dio, la cui giustizia è altrettanto infinita e impenetrabile come la Sua misericordia. Quindi non è inutile, ma piuttosto è necessario, che il Santo Sacrificio venga ripetutamente offerto per una stessa anima, per aiutarla ad entrare più rapidamente e sicuramente in possesso del cielo. Questo vale anche per la cosiddetta Messa privilegiata, in cui, in virtù dell’altare privilegiato, si aggiunge un’indulgenza plenaria al frutto del Sacrificio a beneficio dell’anima per conto della quale si celebra la Messa; perchè l’effetto reale di una tale indulgenza, che può essere applicata ai defunti solo attraverso una petizione, rimane ancora soggetta all’accettazione misericordiosa di Dio. 

Dei diversi effetti della Messa, i fedeli defunti possono riceverne solo uno, vale a dire, la remissione della punizione temporale soddisfacendo la Giustizia Divina. – Queste punizioni sono gli ultimi impedimenti che impediscono loro di entrare nel tanto atteso riposo e gioia del loro Signore. Come Sacrificio di propiziazione, la Messa disarma la giustizia di Dio, che sovrasta pesantemente su queste anime, e annulla le punizioni che subiscono. – Come Sacrificio di petizione, la Messa può anche contribuire all’alleviamento e alla liberazione delle anime sofferenti: da un lato, procurando loro, dalla bontà di Dio, una misericordiosa liberazione dalla punizione; dall’altro, ottenendo molte grazie, con cui i vivi sono incitati e animati ad offrire costantemente per le opere penitenziali dei defunti, indulgenze e preghiere. 

In generale, la Chiesa nella sua liturgia offre e prega per “tutti i fedeli defunti” e per “tutti coloro che riposano in Cristo” – e, quindi, in nome di tutte le anime che soffrono in purgatorio. Per ragioni importanti l’applicazione speciale o diretta della Messa è molto più limitata rispetto ai defunti che ai vivi. Ciò dipende dal fatto se la persona sia morta dentro o fuori dalla comunione della Chiesa. Tutti coloro che nella vita e nella morte erano in comunione visibile con la Chiesa, dopo la morte sono considerati collegati in modo vivo con la Chiesa, ovvero, se non già in cielo, almeno sulla via sicura della beatitudine eterna, cioè, nel luogo della purificazione. Pertanto la Chiesa permette che il Santo Sacrificio sia celebrato per tutti coloro che sono morti nel suo ovile. 

Il caso è molto diverso riguardo a coloro che hanno lasciato questo mondo non come membri della Chiesa cattolica. È possibile che siano stati separati senza colpa dalla comunione visibile della Chiesa, che siano morti in stato di grazia e, di conseguenza, siano stati salvati; di ciò la Chiesa lascia a Dio il giudizio. Come società visibile, giudica secondo fatti esterni; esteriormente queste persone non appartenevano aa essa – l’unica vera e salvifica Chiesa. La Chiesa non può, quindi, riconoscere e trattare come propri coloro che prima della loro morte non erano in modo visibile suoi figli. Questo sarebbe il caso se permettesse loro di partecipare alle sue preghiere pubbliche e ai suoi sacrifici, alle sue cerimonie ed onoranze. 

In virtù di questi comuni tesori spirituali si presume che fossero e che siano rimasti figli della Chiesa fino alla morte, e questo non solo agli occhi di Dio, ma anche davanti agli uomini. In tutta giustizia, quindi, la Chiesa proibisce ogni tipo di celebrazione funebre, l’istituzione e l’applicazione della Messa per coloro che sono morti al di fuori della sua comunione visibile – cioè, per tutti i defunti non-Cattolici, membri di sette o non credenti.

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